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lunedì 1 maggio 2023

Maurizio Blondet 28 Aprile 2023 - Non solo la figuraccia: cosa non va nel Def del governo

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 Leggere con attenzione

di Fabio Conditi e Paolo Becchi

La notizia è di quelle che finisce sulle prime pagine di tutti i giornali: il Governo, pur avendo una maggioranza più che solida, non è riuscito ad approvare il Documento di Economia e Finanza che ha redatto per il 2023. Ovviamente è stato un incidente di percorso,  risolto con una nuova votazione.

Ma ne approfittiamo per dare una occhiata seria ai numeri del DEF 2023, per capire dove e come il Governo vuole andare. In realtà sembra ripercorrere le solite strade dell’austerity che sono state già percorse senza successo da molti Governi precedenti, con la sola eccezione degli anni della presunta pandemia, perché i vincoli europei erano stati allentati.

Quando si analizza un DEF bisogna partire da un presupposto che però è poco accettato dagli economisti mainstream, nonostante i dati dimostrino il contrario: in un sistema economico reale come quello italiano, dove abbiamo la necessità di scambiare beni e servizi, la quantità di moneta in circolazione influenza fortemente i parametri fondamentali dell’economia, come PIL, consumi, investimenti, occupazione, reddito, ecc… Gli economisti mainstream, fedeli all’ideologia neoliberista, sono invece convinti che “la quantità di moneta ha effetti solo su tasso di cambio, prezzi e salari nominali, ma nessuno sulle variabili reali come: PIL, consumi, investimenti, occupazione e reddito” (Teoria della neutralità della moneta).

L’equivoco nasce da una vecchia formula ancora valida, che mette in relazione la quantità della moneta con il livello dei prezzi, cioè M x V = P X Q, dove M = Massa monetaria, V = Velocità di circolazione della moneta, P = livello medio dei prezzi e Q = quantità di beni e servizi prodotti e scambiati.  Gli esperti sostengono che, essendo V = cost. ma anche Q = cost., si può affermare senza ombra di dubbio, che aumentando la quantità di moneta, l’unico effetto che otterrò è l’aumento dei prezzi.

Peccato la variabile Q dei beni e servizi prodotti è costante solo se c’è piena occupazione e stiamo utilizzando la massima capacità produttiva, mentre è risaputo che in Italia abbiamo una disoccupazione del 10% circa ed una capacità produttiva utilizzata del 70’% circa. Oltre al fatto che con l’innovazione e la tecnologia, si possono incentivare investimenti nell’automazione e nell’informativa, per aumentare la capacità produttiva a parità di occupati. Quindi se lo Stato aumenta gli investimenti produttivi, è in grado di generare non solo un aumento dei consumi e del PIL, ma anche dell’occupazione e del reddito dei cittadini, migliorando le condizioni di vita di tutti.

Perché allora non aumenta la spesa per investimenti produttivi ?

Per il solito motivo vecchio come la Repubblica. Il debito pubblico, essendo prevalentemente in mano ai mercati finanziari, è diventato una spada di Damocle sopra la testa dei politici, che li costringe a percorrere solo la strada delle politiche di austerity.

In realtà l’esperienza ha già ampiamente dimostrato che l’austerity peggiora solo la situazione, perché a fronte di un minore aumento del debito, si assiste contemporaneamente anche ad un minore gettito fiscale, che spesso peggiora il rapporto Debito/PIL.

Vediamo i numeri del Governo in questo DEF 2023:

  • il deficit, cioè la maggiore spesa pubblica rispetto alle tasse riscosse, sarà ridotto a circa 16 miliardi di euro con l’intenzione nel 2026 di tornare in surplus per 40 miliardi circa, al netto del pagamento degli interessi sul debito;
  • nel 2022 abbiamo pagato 84 miliardi di euro di interessi sul debito pubblico, quest’anno sono previsto 75 miliardi e nel 2026 supereremo i 100 miliardi;
  • il conto delle partite correnti nel 2022 è stato negativo per la prima volta da anni per 14 miliardi di euro a causa dei costi dell’energia, mentre l’aumento del costo degli interessi sui prestiti, produrrà anche un aumento del costo per interessi sui prestiti privati che sono già circa 100 miliardi di euro all’anno.

In definitiva, il DEF 2023 può essere considerato una manovra “recessiva”, soprattutto i prospettiva futura, perché per evitare l’aumento del debito pubblico, che comporterebbe i ricatti dei mercati finanziari, della BCE e della Commissione Europea sul debito da rifinanziare, si adottano politiche di austerity di Montiana memoria.

Quindi il nocciolo della questione è che nel paradigma attuale “T.I.N.A. – There is not alternative”, perché finché il nostro debito sarà in mano solo ai mercati finanziari, saremo sempre costretti a politiche decise da loro e contro la nostra Costituzione.

Se invece cambiamo paradigma, altre strade diventano possibili. In particolare abbiamo più volte ricordato che l’Italia ha una ricchezza finanziaria pari a circa 5000 miliardi di euro, prevalentemente investita sui mercati finanziari, e solo per 200 miliardi investita direttamente in titoli di stato. Basterebbe solo convincere una piccola parte di questi risparmiatori, a tornare ad investire nei titoli dello Stato, ma servono prodotti specifici, meno speculativi e rischiosi rispetto a quelli attuali.

Il Conto di Risparmio è stato descritto magistralmente dal Prof. Alessandro Ierardi, nel convegno “Un Mondo Positivo” tenuto il 24 marzo 2023 alla Camera dei deputati, che potete trovare nel Canale YouTube di Moneta Positiva, insieme a tutti gli altri interessanti interventi.

Per tutelare ed incoraggiare il risparmio degli italiani, come prevede l’art.47 della Costituzione, si può creare un Conto di Risparmio che ha queste caratteristiche: conto corrente gratuito ed esentasse, garantito dallo Stato e senza fluttuazioni sui mercati finanziari, con un buon rendimento e soprattutto utilizzabile direttamente come strumento di scambio elettronico, quindi circolante nell’economia reale.

Se solo il 10% della ricchezza finanziaria degli italiani, fosse tutelata da questa forma sicura di investimento, circa 500 miliardi di euro comincerebbero a circolare nell’economia e produrrebbero crescita economica e benessere. Permettendo allo Stato di fare finalmente politiche economiche espansive, senza il timore di essere ricattato dai mercati finanziari. Si può fare.

Paolo Becchi e Fabio Conditi, 28 aprile 2023

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