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domenica 9 ottobre 2022

La pace proibita (di Marco Travaglio x Maurizio Blondet ).

 


   

Un pezzo supremo di Travaglio

Il mantra di chi vuole armare l’Ucraina è sempre stato questo: “Senza le nostre armi, Kiev soccomberà e non ci sarà mai un negoziato di pace”.

Si vis pacem gere bellum, anche se la Costituzione legittima solo la guerra difensiva per l’Italia e i suoi alleati (e l’Ucraina non lo è, né nell’Ue né nella Nato).

L’ossimoro migliore lo sfoderò il premier Draghi, quando disse in Parlamento  che l’invio di armi è finalizzato alla”de-escalation” militare: e su quell’assunto illogico e incostituzionale le Camere abdicarono ai propri poteri/doveri, dando carta bianca al governo per armare Kiev a piacere fino al 31 dicembre.

Ancora al G7 in Germania, il 28 giugno, Draghi scandì: “Armi e sanzioni sono fondamentali per costringere la Russia alla pace. Non c’è pace se l’Ucraina non può difendersi. Anche le sanzioni sono essenziali per portare la Russia al tavolo dei negoziati. Dobbiamo essere sempre pronti a cogliere gli spazi negoziali”.

Tutti i costituzionalisti – sia quelli fedeli all’articolo 11 sia chi lo stiracchia per compiacere – sostenevano che, armi o non armi, l’obbligo costituzionale è risolvere la controversia ucraina col negoziato, visto che “l’Italia ripudia la guerra”. Lo disse il presidente della Consulta Giuliano Amato. E lo confermò l’ex presidente Cesare Mirabelli: “Prestare aiuto a Kiev, senza entrare nel conflitto, è costituzionalmente legittimo… anche con strumenti bellici. Ma lo sforzo maggiore, nel rispetto dell’art. 11, dev’essere al tavolo dei negoziati. La Carta non nega la guerra di difesa, ma indica la via maestra della diplomazia come soluzione dei conflitti internazionali”. Concetto ribadito dal quarto (e finora ultimo) decreto del 26 luglio: “… misura di assistenza nell’ambito dello strumento europeo per la pace per sostenere le Forze armate ucraine…”.

Ora però c’è un enorme fatto nuovo: il presidente ucraino Zelensky ha ratificato per decreto la decisione del Consiglio di Sicurezza e Difesa sulla “impossibilità di intrattenere negoziati col presidente della Federazione Russa Vladimir Putin”. Cioè ha proibito a se stesso e a ogni autorità ucraina di negoziare.

Quindi da ieri inviamo armi a un Paese belligerante che, anche volendo, non può negoziare: vuole risolvere la controversia con la Russia solo con la guerra. E, intendiamoci, è libero di farlo. Noi però non abbiamo (ancora) sostituito la nostra Costituzione con quella ucraina. Dunque, ammesso e non concesso che finora potessimo inviare armi, d’ora in poi non possiamo più, essendo ufficiale che sarebbero usate per una guerra infinita fino all’ultimo ucraino, essendo i negoziati vietati per legge. Eppure, mentre andiamo in stampa, né Draghi né Meloni hanno ancora avvertito Zelensky delle conseguenze della sua svolta sull’Italia. Ma di sicuro lo faranno oggi, no?

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Gli USA non vogliono una Germania forte (Il caso Nord Stream)

Lo dicono gli atlantisti

C’è un abisso tra quello che generalmente narrano i media occidentali (americani buoni, tutti gli altri cattivi) e ciò che scrivono gli analisti di Limes (edita dal gruppo GEDI, gli stessi di Repubblica, gli Elkann per intenderci). Limes pur essendo una rivista di geopolitica atlantista, descrive la realtà in modo asettico, spiegando i movimenti dettati dalle leggi della geopolitica e non dell’ideologia. Gli Stati Uniti sull’Europa hanno le idee molto chiare: la Germania non può diventare una potenza geopolitica, deve accontentarsi di essere una potenza economica (ancora per poco).

Il motivo è molto semplice: una Germania forte (in combutta con Mosca) eliminerebbe il dominio angloamericano sull’Europa. Gli USA a tempo debito si opporranno anche al riarmo della Germania perché un esercito forte è imprescindibile per diventare una potenza geopolitica. In fondo è lo stesso motivo per cui gli angloamericani sono intervenuti nelle due guerre mondiali, non potevano accettare un’egemonia tedesca in Europa. E ancora oggi continuano a mettere radici in ogni angolo del mondo per un solo motivo: il dominio. I cosiddetti “valori dell’Occidente” da esportare a ogni costo sono solo propaganda da dare in pasto al popolino.

Nord Stream 1 e 2 sabotato dagli inglesi, lo dicono gli 

stessi americani

Appena saltati in aria i due gasdotti, i media occidentali hanno subito detto “è stato Putin”. Questa tesi non regge da nessun punto di vista, al contrario è vero l’opposto: la Russia ha solo da perderci. Tralasciando che i due gasdotti sono costati quasi 15 miliardi di dollari, stando alla narrazione occidentale, quella del Nord Stream era “un’arma di ricatto” nelle mani di Putin “voi mi sanzionate, io vi chiudo i rubinetti”, sabotarlo significherebbe eliminare questa “arma di ricatto”.

In realtà sono gli americani – che si sono sempre opposti al gasdotto arrivando a minacciare la Germania di sanzioni – ad aver dichiarato apertamente di volerlo sabotare.

L’ostilità americana a questo gasdotto (perché salda il legame russo-tedesco) è talmente forte e palese che lo scorso anno il Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America Tony Blinken ha nominato il diplomatico Amos Hochstein con il compito preciso di far saltare il completamento del gasdotto.

Come ricorda Dario Fabbri, lo scorso anno tre senatori molto influenti (Cruz, Cotton, Johnson) sono arrivati a minacciare il sindaco di una cittadina che ospitava nel proprio porto le navi che lavoravano al gasdotto. Johnson sperava addirittura che gli USA emettessero una legge apposita per bloccare i lavori. La Nuland e Biden hanno detto chiaramente (video nel commento) poco prima dello scoppio della guerra che se i russi avessero invaso l’Ucraina il Nord Stream sarebbe saltato.

I nemici dell’Europa sono gli angloamericani.

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