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sabato 19 marzo 2022

BYOBLU - ARMI IN UCRAINA: IL MAINSTREAM SPONSORIZZA DONNE E BAMBINI SOLDATO

 

ARMI IN UCRAINA: IL MAINSTREAM SPONSORIZZA DONNE E BAMBINI SOLDATO

PS: Buttare armi in una guerra è come gettare benzina sul fuoco!Il ministro degli esteri che fa?...avere un governo Italiano guerrafondaio( io non ho votato nessun dei partiti attuali) che appartengono a questi individui non ci avrei mai pensato.

umberto marabese

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Il Governo italiano ha fatto una scelta politica precisa: supportare con armi ed equipaggiamenti militari l’Ucraina nel conflitto con la Russia. Senza entrare nel merito della decisione occorre però sottolineare come questa scelta possa comportare delle conseguenze imprevedibili.

I rischi nel fornire armi all’Ucraina

Le armi italiane dovrebbero infatti confluire esclusivamente nei reparti inquadrati regolarmente dell’esercito ucraino. E già su questo punto ci sarebbe da ridire, considerata l’appartenenza all’esercito di reparti dichiaratamente neonazisti, come l’ormai noto battaglione Azov.

Un altro punto critico è l’ormai conclamata volontà del Governo Zelensky di armare la popolazione civile nella sua interezza, comprese donne e bambini. Fornire armi a un esercito regolarmente inquadrato è infatti un conto, mettere un fucile in mano a persone non addestrate per sparare è un altro.

L’incredibile servizio del TG di La7

Un problema che però non sembra essere tenuto in considerazione dai principali media italiani, che anzi sembrano sponsorizzare la diffusione di armi tra la popolazione civile ucraina. In un servizio del TG di La7 andato in onda il 19 marzo si parla proprio di questo: “Decine di persone chiedono ogni giorno di poter combattere per il loro Paese. Anche un lituano, con una lunga esperienza di guerra, fra gli istruttori”.

Con sorrisi ed entusiasmo il servizio si apre su una donna con in mano un fucile AK47 che così dichiara: “Voglio imparare a sparare per difendere il mio Paese”. La donna ha preso parte ad una sessione di addestramento organizzata a Leopoli da parte di una fantomatica ONG che non è nemmeno ucraina, ma lituana. L’istruttore, anch’esso lituano, può così tranquillamente spiegare ai microfoni di La7 come la sua ONG favorisca l’ingresso di stranieri in Ucraina per procedere poi all’addestramento armato.

“Non ci sono limiti di età o di genere” afferma tranquillamente l’autore del servizio con un condimento di primi piani su granate, bombe a mano e studenti che imbracciano armi con il sorriso sulle labbra. Il TG di punta della rete di Urbano Cairo sembra non comprendere i rischi che la diffusione di armi tra i civili possono portare. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca anche un analogo servizio de Le Iene, il cui frontman si è persino improvvisato traghettatore di giubbotti antiproiettili per civili ucraini addestrati con improvvisazione alla guerra.

Hanno sdoganato i bambini soldato?

Si tratta innanzitutto di rischi che corrono soprattutto gli stessi civili. Incoraggiare donne, uomini e bambini non addestrati, o addestrati male, a combattere rappresenta molto spesso una condanna a morte. Non solo. Civili non addestrati, ma armati possono cadere facilmente in errori, colpendo altri civili.

L’aspetto però più inquietante riguarda la leggerezza con cui si fa riferimento all’assenza di limiti di età, aprendo così lo scenario dei bambini soldato. Come testimoniato dalla foto della bambina ucraina con fucile e lecca lecca che è stata imprudentemente rilanciata da diversi media italiani come simbolo della resistenza del Paese.

Quella bambina così come qualsiasi corso con armi destinato a minori rappresenta invece un crimine di guerra, secondo il diritto internazionale. Il Protocollo facoltativo alla Convenzione ONU del 2000 sui diritti del fanciullo vieta il reclutamento obbligatorio e la partecipazione diretta alle ostilità per i minorenni. Sancisce infine che il reclutamento di bambini di età inferiore ai 15 anni nelle forze armate o in altri gruppi armati è considerato un crimine di guerra.

Il giornalismo sembra così essere stato colpito da un’inspiegabile fame di guerra, che può sfociare in pericolosi incitamenti alla violenza. Ricordiamo la meticolosa descrizione, quasi da tutorial, che la giornalista Giovanna Botteri fece collegata con il TG3 sulla fabbricazione delle molotov, chiusa con un sorriso compiaciuto.

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