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giovedì 10 marzo 2022

10 Marzo 2022 14:00 - Fosco Giannini: "Crisi ucraina e l'arte delle tre carte: analisi di una "piattaforma pacifista".

Crisi ucraina e l'arte delle tre carte: analisi di una "piattaforma pacifista"

Pubblichiamo in anteprima e ringraziamo il suo direttore Fosco Gianni, l'editoriale del prossimo numero di Cumpanis

di Fosco Giannini, direttore di "Cumpanis"

Come racconta ogni emittente televisiva occidentale, come ribadiscono i giornali, i rotocalchi, “il movimento per la pace scende in piazza in tutta Europa, ovunque garrisce la bandiera dell'Ucraina, simbolo della resistenza, della pace e della libertà. Da ogni piazza si leva forte la condanna contro Putin e la richiesta che la Russia ritiri immediatamente il proprio esercito”.

Che la narrazione del mastodontico sistema mediatico nordamericano ed europeo sia artatamente ridotta ad una semplificazione tanto rozza da sfociare nella rimozione della verità e nella menzogna è un dato di fatto che l'intera storia dell'imperialismo ci ha fatto conoscere e ratificato. Che l'inesistente “pistola fumante” – senza imbarazzo e con lo stesso sangue negli occhi di coloro che oggi trasformano Putin in un mostro bipolare –  presentata alle Nazioni Unite nel 2003 da Colin Powell, (cioè la “prova”, falsa come Giuda, che Saddam Hussein già possedeva un arsenale di armi nucleari pronto ad essere scagliato contro l'Occidente), sia divenuta un simbolo perenne del cinismo brutale e assassino degli USA e della NATO è una certezza matematica. Come il clamoroso pentimento di Tony Blair nel 2015 (“Io e Bush abbiamo sbagliato a scatenare la guerra contro l'Iraq, poiché non vi era nessuna pistola fumante”) è la prova certa di come l'imperialismo riveli sempre, scientificamente, a posteriori la verità, quando la sua guerra ha già distrutto il nemico che non si genuflette al suo dominio ed è tempo, di fronte al mondo, di rivelare la “sincerità”, la “capacità di ripensamento” e la sostanziale “bontà d'animo” dell'occidentale capitalistico.

Che l'arte delle “tre carte”, con la quale si confonde il mondo, sia un'arte precipua del potere imperialista è persino scontato, poiché consustanziale alla riproduzione del suo potere. Ma che alle “tre carte” giochino anche alcune parti del “movimento pacifista” è invece fortemente allarmante, altamente pericoloso nel momento in cui questo gioco ombroso mette di buon umore l'imperialismo e ne favorisce la spinta alla guerra.

Prendiamo in esame una “piattaforma politica per la pace” lanciata e resa pubblica da un insieme di forze “arcobaleno” di Ancona (comunisti PCI e PRC, sinistra diffusa, movimenti), una piattaforma volta a lanciare una manifestazione pubblica “per la pace”. Non sarebbe così importante soffermarci sul titolo della piattaforma (“Fuori la guerra dalla storia”), se esso, per la sua particolare forma semantica e concettuale, persino ideologica, non trovasse poi una conferma e una profonda relazione con la trama semantico-concettuale sottostante. Cioè, con  il testo della “piattaforma”.

Indicare che un'odierna manifestazione politica in Italia, nelle condizioni date, così tanto sfavorevoli al movimento operaio complessivo e al ridottissimo movimento per la pace abbia come compito quello di bandire “la guerra dalla storia” rischia di far cadere il movimento in una sorta di millenarismo completamento esterno alla vera e odierna storia che viviamo, completamente lontano dalla consapevolezza degli odierni rapporti di forza mondiali tra fronte imperialista e antimperialista e dalla situazione generale concreta.

Un errore, questo dell'utopistico e un po' parolaio obiettivo posto dalla “piattaforma per la pace” di Ancona che potremmo certamente perdonare, in virtù di tutta una certa tradizione di movimento che la spara sempre un po' più grossa del dovuto. Se non fosse che l'utopismo iper idealistico diretto a muoversi ora per la cancellazione della guerra dalla storia trova un forte legame con l'ecumenismo del testo della “piattaforma”. Se non fosse che l'utopismo del titolo, assieme all'ecumenismo del testo, corrono fortemente il rischio di sfociare – e ci sfociano – in una equidistanza tra le forze in campo, rispetto alla crisi Russia-Ucraina-imperialismo USA e NATO.

Da dove traiamo questa nostra valutazione? Naturalmente, dal testo della “piattaforma per la pace” che stiamo prendendo in considerazione.

Vediamo.

Un brano della “piattaforma” asserisce: “È in corso una terribile guerra nel cuore dell’Europa. Le origini del conflitto sono riconducibili alle mire espansionistiche dei paesi USA e Nato verso l’Europa dell’Est, con le pressioni e i posizionamenti militari in quei territori e alle pretese egemoniche della Russia. Otto anni di attacchi continui dei militari ucraini e dei battaglioni nazisti contro le popolazioni del Donbass, il mancato rispetto degli accordi di Minsk e Minsk II e le migliaia di morti sono elementi che non possono essere taciuti, pena l’impossibilità di comprendere ciò che accade in queste drammatiche settimane”.

Ora, se si mettono a fuoco, giustamente, sia le mire espansionistiche degli USA e della NATO verso l'Europa dell'Est e si rimarca il ruolo sanguinario e nefasto dei battaglioni nazisti nel Donbass, perché poi si arriva ad affermare che anche la Russia avrebbe “pretese egemoniche”? Tutta la potentissima e impunita spinta bellica USA-NATO esattamente descritta nel passaggio della “piattaforma” e l'orrore nazista dispiegato nel Donbass e anch'esso giustamente descritto, non bastano per capire (la spinta imperialista all'occupazione di tutto l'Est Europa e la guerra nazista riportata, dopo ottant'anni dal Terzo Reich, nel Donbass, non sono piccole questioni) che in questo quadro concreto non possono nemmeno oggettivamente esistere, avere pratica reale, le ratificate, dai “pacifisti” di Ancona, “pretese egemoniche” russe? Dove le hanno viste? Dove le vedono? Verso quali Paesi e spazi territoriali si sono manifestate, da parte della Russia, in questi ultimi decenni, in questi ultimi anni e mesi?

È forse, questo passaggio relativo alle supposte “spinte egemoniche” russe, un cedimento alla titanica spinta mediatica occidentale/capitalistica che vuol far credere che su questa base, oltreché sulla “follia” e sul “bipolarismo” della persona di Putin, si basa l'intervento russo in Ucraina?

È forse, questo passaggio della “piattaforma”, una mediazione delle forze più avanzate, comuniste, per allargare “il fronte della pace”? Se fosse così saremmo comunque di fronte ad un grave cedimento, che inficerebbe il giudizio negativo sulla NATO che pure la “piattaforma” contiene, che porterebbe ad un rafforzamento delle posizioni imperialiste (che troverebbero proprio nelle “spinte egemoniche” russe il loro argomento principe per continuare ad invadere l'Est Europa) e ad un indebolimento dell'intero fronte contro la guerra. 

L'affermazione relativa alle “spinte egemoniche” della Russia apre le porte, nella “piattaforma” in questione, per affermazioni che sono, da una parte, conseguenti ad essa, e d'altra parte ben più gravi e peggiori di essa.

Prosegue infatti la “piattaforma”: “Condanniamo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Putin non è un liberatore ma un oppressore, esponente di un blocco di potere burocratico e affaristico che colpisce innanzitutto il proprio popolo. Alla Russia va imposto di uscire dall'Ucraina e alla Nato di sciogliersi e di fermare la corsa al riarmo...”.

Occorre fare attenzione: se hai precedentemente asserito che il mondo (e dunque anche la Russia, anzi soprattutto la Russia) assiste, pressochè paralizzato, alla conquista militare di quasi tutta l'Europa dell'Est da parte degli USA e della NATO (e dell'UE) sei certo che la condanna che oggi decreti con tanta violenza contro la Russia sia così conseguente al tuo pensiero, alla tua critica alla NATO? Sei certo che la soluzione sia quella di imporre alla Russia di uscire dall'Ucraina e di sciogliere la NATO? Vai forse constatando che le due misure possono avere, oggi, lo stesso grado di verosimiglianza? O non è forse vero che sotto l'immensa spinta imperialista di natura ideologica, economica, politica, mediatica sia più verosimile che si attui la prima delle ipotesi (il ritiro della Russia) che la seconda (lo scioglimento della NATO?). E che, dunque, il compito dei comunisti e dell'intero movimento contro la guerra sia quello di lanciare un altro obiettivo, un'altra parola d'ordine, che non può che essere, per gli interessi della pace mondiale, la seguente: ritiro della Russia dall'Ucraina e contestuale dichiarazione di neutralità, da parte d Kiev, della sua rinuncia a farsi base militare USA-NATO dotata di missili nucleari a 4 minuti da Mosca?

Nel passaggio citato della “piattaforma” si aggiunge: “Putin non è un liberatore ma un oppressore, esponente di un blocco di potere burocratico e affaristico che colpisce innanzitutto il proprio popolo”. L'affermazione è totalmente e pericolosamente sovrapponibile a tutta la peggiore propaganda antirussa americana. Ma la questione centrale non sta nemmeno qui. Noi siamo comunisti e non siamo certo aprioristicamente filo-Putin. Nella Russia di Putin non c'è sicuramente il socialismo e noi non siamo sostenitori ciechi del “putinismo”. Siamo, piuttosto, con il Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR), con la sua critica alle politiche sociali condotte da Putin. Ma siamo anche con il PCFR quando esso condanna duramente l'Ucraina nazifascista, la svendita, da parte di Zelensky, dell'Ucraina alla NATO e siamo con Zyuganov quando sostiene la leggitimità della Russia a difendersi militarmente dall'accerchiamento USA-NATO- UE.

Ma quando noi comunisti abbiamo sostenuto la rivoluzione iraniana di Khomeini, perché lo abbiamo fatto? Non certo perché Khomeini evocasse una società socialista. Ma perché la rivoluzione iraniana era una rivoluzione anticolonialista e antimperialista, che riconsegnava ricchezza e sovranità nazionale al popolo iraniano e favoriva il cambiamento dei rapporti di forza mondiali a favore del fronte antimperialista.

La stessa questione riguarda il nostro pieno sostegno ai governi e ai popoli dell'Iraq, della Libia, della Siria aggrediti dagli USA e dalla NATO. In quei Paesi non c'era il socialismo per cui ci battiamo, ma c'erano forme di potere antimperialista che sostenevamo.Nella stessa Jugoslavia, che forse stava già assistendo al fallimento del suo socialismo federale e alla sua "autogestione", non vi era certo il potere rivoluzionario che tutti noi comunisti vorremmo, ma nessuno di noi ebbe il minimo dubbio nel denunciare l'orrore nazista dell'attacco USA e NATO contro Belgrado e nello schierarci apertamente con Milosevic e la Jugoslavia.

Perché, oggi, di fronte alla crisi Ucraina-Russia tanta parte del (purtroppo piccolo, quasi inesistente) movimento per la pace e tanti leader comunisti, della sinistra e del “movimento” non riescono a trovare il bandolo della matassa, non riescono a misurare il peso enorme, la portata gigantesca del totale accerchiamento della Russia da parte della NATO (poiché se si asserisce, come si asserisce, che la NATO si è espansa in tutta l'Europa dell'Est, poi di accerchiamento della Russia si deve conseguentemente parlare), non riescono a comprendere l'enorme minaccia che Mosca ha sentito e sente contro di sé nel progetto, guidato da Biden e dalle forze naziste ucraine, che stava giorno dopo giorno avanzando e volto a trasformare l'Ucraina in una sterminata base nucleare USA-NATO?

Anche la “chiusura” della “piattaforma per la pace” di Ancona è fortemente ambigua e pericolosa: “Cessate il fuoco immediato. Fuori la Russia dall'Ucraina, fuori la Nato dall’Europa; autonomia alle Repubbliche del Donbass". Dove, distorcendo il famoso verso di Fabrizio De André, molto è giusto (fuori la NATO dall'Europa, autonomia del Donbass) ma col rischio che diventi tutto sbagliato

Sbagliato perché l'uscita della Russia dall'Ucraina appare un fatto ben più possibile che l'uscita della NATO dall'Europa. E se la Russia uscisse dall'Ucraina in un quadro segnato dal mantenimento dell'espansione NATO in tutta l'Europa dell'Est, segnato dunque dal mantenimento dell'accerchiamento alla Russia, la NATO avrebbe strategicamente vinto e si aprirebbe la strada verso la Cina.

Ciò che i “pacifisti” non vogliono ostinatamente far propria e lanciare è invece l'unica parola d'ordine che davvero garantirebbe la pace. Ripetiamo: fuori la Russia dall'Ucraina e contestuale dichiarazione di neutralità di Kiev. Che è anche l'obiettivo dichiarato di Putin ai tavoli della trattativa tra ucraini e russi. Attorno ai quali gli uomini di Zelensky continuano invece a negare la neutralità ucraina chiedendo solo il ritiro della Russia. Con un atteggiamento provocatorio, guerrafondaio di un uomo disperato che sente la propria, totale, inadeguatezza, che paga ora come non mai il prezzo di essere il povero, per quanto carognesco, Quisling ucraino, che fa saltare tutti i tavoli delle trattative, che sta infastidendo gli USA e le cancellerie europee e che sarà presto gettato nella spazzatura della Storia dallo stesso Biden.

La confusione in cui versa il movimento pacifista richiede un'ostinata puntualizzazione sulla questione della NATO.

L'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico nasce a Washington il 4 aprile del 1949. Sei i Paesi fondatori: USA, Canada, Regno Unito, Francia, Norvegia e Italia. Perché gli USA sentono il bisogno di fondare una coalizione militare atlantica a così poco tempo dalla fine dell'orrenda seconda guerra mondiale e di fronte ad un mondo intero che sognava la pace? Di fronte ad una Unione Sovietica che lavorava sinceramente per la pace dopo i 27 milioni di morti avuti per difendersi e per battere il mostro del nazifascismo?

Essenzialmente perché temeva l'immenso prestigio che l'Unione Sovietica, e con essa tutto il movimento comunista e antimperialista mondiale, avevano conquistato nella vittoria contro il nazifascismo. Perché temeva che la grandissima e positiva influenza sovietica divenisse la base materiale, come fu, di un grande e incontrollabile moto anticolonialista planetario.

L'obiettivo degli USA era quello di fermare l'espansione universale dell'ideale sovietico, comunista, rivoluzionario. Ricostruendo confini e giganteschi paletti ideologici e militari. Era la NATO. Era la Guerra Fredda. Si arrivava alla dichiarazione del primo segretario generale della NATO, Hastings Lionel Ismay: “La NATO nasce per dare una casa agli americani e all'occidente capitalistico, nasce contro i russi e per mettere sotto i tedeschi”.

A pensarci sono gli stessi obiettivi della NATO di adesso, compreso l'obiettivo di colpire l'economia tedesca e dell'intera UE inventando il nemico russo.

Nel 1949, quando la NATO si costituisce, lo fa invertendo tutti i termini delle questioni, rovesciando cioè la verità dell'espansione universale dell'ideale comunista e sovietico e asserendo che il mondo si trovava di fronte ad un progetto di aggressiva espansione militare dell'Unione Sovietica e del campo socialista. Cosa lontanissima da ogni verità storica.

Il Patto di Varsavia, come è noto, nasce solo sei anni dopo, nel 1955 e di malavoglia, poiché grande era l'esigenza della pace in un Paese come l'URSS, martoriato dal più grande esercito della storia dell'umanità, quello del Terzo Reich, e bisognoso di spostare la ricchezza sociale prodotta verso la ricostruzione e lo sviluppo e non verso il riarmo, strada che invece era, come sempre, funzionale al tipo di economia statunitense, un'economia e una finanza in buona parte di guerra.

Il Patto di Varsavia si scioglie il 1° luglio del 1991. Perché la NATO, che ufficialmente era nata, nel 1949, con “intenti difensivi”, di fronte, cioè, all' “aggressività sovietica”, non si scioglie?

Perché, se Fukuyama decreta, a nome del capitalismo mondiale “la fine della storia” e cioè, secondo il fronte ideologico imperialista, la fine storica del socialismo, la NATO, invece che sciogliersi si trasforma in alleanza imperialista di guerra estesa sul piano planetario?

Possiamo supporre che con la fine dell'URSS e con il crollo di quella formidabile diga antimperialista, gli USA e l'intero fronte imperialista, compreso il grande capitale transnazionale europeo – che per attrezzarsi alla concorrenza interimperialista si dota dello strumento docile, nei suoi confronti, dell'Ue, capace di piegare i popoli e il movimento operaio europeo e assicurare una nuova accumulazione capitalistica europea attraverso quell'abbattimento dei diritti, dei salari e dello "stato sociae" garantito da Bruxelles –  iniziano a vedere il mondo come un immenso mercato da conquistare, con le “buone” (mondializzazione economica imperialista) o con le cattive (le guerre) e per questo hanno un gran bisogno di non liquidare, ma anzi di rafforzare, il loro braccio armato, la NATO?

Resta il fatto che la NATO si rafforza e si espande continuamente e oggi conta, al suo interno, ben 30 Paesi, centinaia di basi USA e NATO in tutta Europa e centinaia di testate nucleari. Tra il 1999 e il 2004 entrano nella NATO, nonostante la “solenne promessa” espressa dopo la caduta dell'URSS dalla NATO stessa di non estendersi nell'Europa dell'Est, la Polonia, l'Ungheria, la Repubblica Ceca, la Lituania, l’Estonia e la Lettonia. Ed ora sarebbe già stato il tempo dell'Ucraina. Russia accerchiata, Cina avvistata.

Di spaventosa entità è stato poi lo spostamento di risorse economiche e di materiale bellico da parte degli USA, della Gran Bretagna e dell'intera Ue verso l'Ucraina dal 1991 (anno della dichiarazione di indipendenza dell'Ucraina ex sovietica) al 2004 (anno del colpo di stato fascista di Piazza Maidan diretto a trascinare l'Ucraina nella NATO e nell'Ue) e sino ad ora. Si conta in circa 15 miliardi di dollari l'aiuto economico americano diretto, prima, ad organizzare la "rivoluzione arancione" ucraina e poi a sostenere il golpe di Piazza Maidan ed ora a sorreggere Zelenski. E in 2 miliardi di sterline, più un enorme quantità di materiale bellico,  quello britannico.

Ben prima dell'intervento russo, la NATO era già minacciosamente presente in gran parte dell'Europa dell'Est, aveva spinto la Svezia al riarmo antirusso, aveva massacrato per 8 anni il popolo del Donbass e spinto al massimo grado per trasformare l'Ucraina in base USA NATO.

Quando, sotto la pressione dei popoli di Donetsk e di Lugansk, ormai terrorizzati dai bombardamenti fascisti ucraini, Putin decide, lo scorso 21 febbraio, di riconoscere l'indipendenza delle due Repubbliche Popolari, il Battaglione Azov e l'esercito ucraino scatenano nelle due aree del Donbass la loro totale violenza, contemporaneamente accelerando, attraverso Zelenski, il processo di entrata dell'Ucraina nella NATO.

È a quel punto che la Russia interviene.

Non ci stiamo al gioco di chi riduce e rende grottesca una complessa, quanto necessaria, analisi geopolitica attraverso le definizioni di "filo Putin" e "anti Putin". È un gioco particolarmente idiota.  Funzionale, infine, ai disegni americani. I comunisti stanno con i popoli, dunque con il popolo russo e con il popolo ucraino. E oggi si sta con quei due popoli con una sola parola d'ordine: Ucraina neutrale, non Base USA e Nato, Repubbliche Popolari del Donbass indipendenti perchè i loro popoli hanno già scelto ostinatamente così. Russia fuori dall'Ucraina. E fine della guerra.

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