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martedì 25 gennaio 2022

25.01. 2022 Massimo Del Papa -- VIA ALLA LITURGIA QUIRINALIZIA. PERCHÉ NON RIMPIANGEREMO MATTARELLA

 

All’inferno si scende a piccoli passi e alle leggi razziali non si arriva, anzi non si torna, tutto d’un balzo. Le leggi razziali in salsa novax ci riportano a 84 anni fa, anno di disgrazia 1938, ma non di colpo, sono state preparate da due anni di repressione progressiva, dapprima considerata inevitabile, quindi doverosa, poi opinabile, infine delirante. Pura rappresaglia                              di un regime che comincia a mostrare tutte le sue crepe. Ma possiamo stupirci?

Le mascherine sempre, all’aperto e pure al chiuso della propria auto, della propria casa. La pratica continua dei tamponi nel cervello, a caro prezzo, dei lockdown senza efficacia, delle zone a colori come in un incubo infantile, la propaganda massiva, l’odio verso gli scettici e i recalcitranti, a cos’altro potevano condurre se non alla miseria dei generi di necessità decisi da un funzionario?

E poco importa che poi la lista nera sia stata abortita, peraltro a mezzo di sito internet, alla voce: faq (domande frequenti): resta l’estremo, restano le colonne d’Ercole della vergogna oltrepassate. Ma neppure questo è bastato, al sommo della disumanità, del disprezzo, della follia di stampo totalitario è arrivata l’umiliazione definitiva per i vecchi e i poveri, cui è negato il diritto di prelevare la pensione o i propri risparmi alle Poste o in banca. Qui davvero siamo alla ferocia, alla tortura. E alla feccia di un regime che ha i tratti corrosi del male su certe facce, a volte ignote, altrimenti famigerate, sulle quali si legge tutta la voglia di vendicarsi dopo una vita di mortificazioni.

Non c’è altro, non può esserci altro; non ha senso neppure stare a sentire il delirio di chi ancora vorrebbe combattere una pandemia che non c’è più, al massimo epidemia, distinguendo dove comprare le mutande, da quali scaffali di uno stesso negozio poter prelevare un prodotto, permettendo un flacone di igiene per la casa, ma non uno di cura personale. E va bene che i comunisti, per tradizione, per cultura, hanno sempre avuto un rapporto controverso col proprio corpo, giudicandone borghese la decenza e l’igiene, ma qui davvero siamo alla psicosi del potere.

Una malattia, questa sì, endemica, che sarà difficile eradicare anche quando l’emergenza perenne sarà smaltita. Gli zelanti, i servi, le carogne si sono esaltati in questi due anni, che avessero un camice addosso, un microfono in mano, uno scranno davanti. Tutto è stato frantumato, lacerato, diviso. Di qua i bimbi obbedienti, di là i discoli, con licenza di torturarli. Tutto è stato ricondotto all’esistenza di un miserabile lasciapassare, conseguenza di un discutibile elisir. Tutto – qualsiasi difficoltà, trauma, problema, ogni aspetto del vivere, qualunque situazione di convivenza sempre meno civile – è stato risucchiato da questo morbo ormai psichiatrico, che ha finito per rappresentare le paure e gli aspetti irrisolti della nostra vita. Di ciascuno di noi.

È avvenuto in due anni, non di più. Ma due anni che pesano come duecento e non finiranno di gravare sulla nostra psiche. È avvenuto per metodo, magari sgangherato ma, quello sì, terribilmente efficace. È avvenuto col passaggio di due governi, due presidenti del Consiglio, il secondo di gran lunga peggiore del primo, che già sconcertava per arroganza e per inettitudine. Oggi lo vorrebbero spedire addirittura al Colle: con quale coraggio?

Altri vorrebbero tenerlo lì dov’è: con quale coraggio? E c’è una vulgata di regime che saluta il Presidente uscente come un padre della patria: con quale coraggio? Mattarella, piaccia o non piaccia, non ha mai fatto niente, non un solo gesto, non un solo rifiuto, per impedire o anche solo per arginare questo regime infine esploso in schegge di pazzia, di rancore e di franca malvagità; al contrario, lo ha sempre avallato, contribuendo a costruirlo, a mantenerlo. Impedendo elezioni, sostenendo governi palesemente inadeguati, voltandosi dall’altra parte di fronte alle violazioni costituzionali più gravi, facendo finta di non vedere scandali e abusi. Fino a lanciare le sue autorevoli parole come sassi addosso ai novax: non meritano attenzione, ha detto, non gli va dato spazio.

Poi che questi infami, questi lunatici novax, sacco in cui rientrano anche scienziati dalla vista lunga e perfino plurivaccinati, ma mai abbastanza per il governo paranoide, che questi capri espiatori su diverse cose non avessero tutti i torti, è se mai un’aggravante. Il regime non si interroga, non si mette in discussione. Al massimo tenta di cambiare pelle: ministro Garavaglia, adesso ti accorgi che il greenpass era una farsa tragica? Viceministro Sileri, adesso dici di tornare alla normalità? Ma è una bugia nella bugia, la normalità sarebbe il premio del green pass senza scadenza per i puntaspilli, con il che la misura infame non passerà mai. L’avevamo capito che era un marchingegno demoniaco per controllarci a vita e non solo sulla salute. Roba da dittatura cinese, come del resto invita a fare, apertis verbis, quell’inspiegabile personaggio che risponde al nome di Walter Ricciardi, consulente in disastri del ministro Speranza.

Spiacente, ma oggi che parte la liturgia quirinalizia, con i malati portati dalle ambulanze a votare, come nella “Giornata di uno scrutatore” di Calvino, non si trova un solo motivo per rimpiangere l’ex inquilino del Colle, e non c’è l’ombra di una ragione per auspicare l’insediamento di chi, accolto come un predestinato, lo è stato nella distruzione greca, nella pulsione antidemocratica, nell’attitudine, scriteriata o fin troppo lucida, ad ammazzare il cavallo agonizzante.

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