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sabato 18 dicembre 2021

Marco Tosatti - Arrendersi all’Evidenza, a Chi ha Firmato: Eravate Davvero Informati ...su cosa andavate incontro? Leggete…

 






PS: Una domanda a chi ha firmato e firma il consenso informato: ma eravate e siete veramente informati?

 umberto marabese

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Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, Arrendersi all’Evidenza, che ben conoscete, perché ha già messo la sua professionalità al servizio della nostra comprensione in questo articolo, ci offre un’ulteriore riflessione su come il nostro corpo si difende, usando la metafora dell’armonia musicale. Buona lettura.

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UNA SINFONIA PER IMMUNIZZARCI E IL RISCHIO DI STONARE  

Chi ha avuto la cortesia, la pazienza e la curiosità di leggere una prima descrizione del nostro sistema immunitario (https://www.marcotosatti.com/2021/12/03/arrendersi-allevidenza-perche-il-siero-genico-e-destinato-a-fallire/)  è invitato ad approfondire ulteriormente, distinguendo le prerogative dell’immunità naturale tra quella innata/aspecifica e quella acquisita/specifica. Bisogna mettersi in ascolto dell’armoniosa sinfonia immunitaria per essere più capaci di percepire le stecche e le cacofonie provocate da un aumento di disturbi e di rumori di fondo generati dalla disistima degli strumenti e degli orchestrali.

Nell’insieme fiati, archi e percussioni difendono l’ospite (denominato “self”) dall’infezione e dalla colonizzazione di agenti esterni o mutanti (denominati “non-self”). L’organismo fronteggia il pericolo virale, batterico, fungino etc attraverso vari movimenti: quello di maggiore rilievo avviene mediante l’azione linfocitaria che uccide le cellule nelle quali il contagio è penetrato, impedendo che esse diventino fucine di replicazione virale. Un secondo agisce impedendo che l’agente contagiante si leghi alle cellule umane e vi entri, riproducendovisi. Il sistema immunitario acquisisce informazioni per contatto con agenti estranei che poi memorizza e sa contrastare più rapidamente qualora si ripresentino. Questa porzione dell’immunità è dunque specifica e acquisita.

C’è tuttavia anche un sistema immunitario aspecifico innato, presente dalla nascita prima che il sistema immunitario si sviluppi e si specializzi. Si tratta di una linea difensiva tutt’altro che trascurabile e inefficace che agisce contro le potenziali minacce prima che si attivi un’immunità specifica.

L’immunità aspecifica è costituita da strutture anatomiche (le ciglia dell’albero respiratorio, la secrezione di muco che intrappola), barriere biochimiche (lisozima, l’interferone, il complemento), ostacoli fisiologici (come la temperatura: la febbre uccide i microrganismi), sostanze utili al sistema immunitario (le vitamine, la lattoferrina, alcuni oligoelementi), un macrobiota che si rende concorrente ed ostile per i patogeni (ad esempio la flora intestinale) e un insieme di cellule deputate a riconoscere e fagocitare gli invasori. I recettori dell’immunità innata vengono espressi sui linfociti, i macrofagi, i granulociti neutrofili,           le cellule dendritiche, quelle epiteliali e quelle endoteliali.

Tra le funzioni primarie del sistema immunitario innato c’è il reclutamento delle cellule immunitarie là dove serve con l’attivazione della cascata del complemento che concorre ad identificare e rimuovere ciò che non è gradito, incluse le cellule morte o i complessi antigene-anticorpo. Il complemento è un sistema di mediazione umorale che comprende una trentina di proteine circolanti nel sangue o presenti sulla membrana cellulare, capaci di interagire reciprocamente e con le membrane cellulari. Nel sangue le proteine sono funzionalmente inattive; solo dopo l’attivazione sono capaci di interagire tra loro, con gli anticorpi o con le membrane cellulari svolgendo diverse attività biologiche. Le proteine solubili del complemento provocano la lisi batterica o virale generando dei pori sulle membrane degli agenti patogeni. Il reclutamento di varie cellule immunocompetenti, come cellule fagocitarie (monociti, macrofagi, polinucleati), linfociti B e linfociti T è frutto di un processo detto a cascata per l’attivazione sequenziale dei vari componenti complementari che circolano in forma inattiva. Alcune proteine presenti sulle cellule normali e sane dell’organismo inibiscono l’attivazione del complemento e questo riduce al minimo l’effetto dannoso che potrebbe esplicarsi sulle cellule. I microorganismi invece non posseggono tali proteine, pertanto il complemento esercita interamente la sua azione sulla loro membrana.

Questa attività passa anche attraverso la funzione di alcune cellule (le dendritiche) di presentare la minaccia al sistema: bisogna tenere presente che il sistema aspecifico (differentemente da quello adattativo specifico) ha una ridotta capacità di riconoscere le minacce, ma ha il pregio di intervenire immediatamente anche contro quelle situazioni “self” che inizino a comportarsi in modo anomalo e quindi considerate “non self”. Un secondo pregio dell’immunità innata è di essere più delicata e quindi meno dannosa per i tessuti sui quali scatena la risposta. Inoltre è assai meno propensa a commettere gli errori che generano patologia autoimmuni.

Che cosa succede all’immunità naturale innata con i vaccini a mRNA?  Semplicemente che essa viene scavalcata.

L’istruzione genica che porta a far sintetizzare una proteina spike punta tutto sull’immunità adattativa. L’azione infiammogena della proteina spike si accompagna alla facoltà di indurre la formazione di anticorpi tramite i linfociti B. E’ stato osservato che dopo la vaccinazione mRNA si riduce la frazione dei linfociti T CD8 che circolano nel sangue per intercettare i patogeni. I CD8 sono dei linfociti T killer. L’iperstimolazione vaccinale prodotta dalla spike riduce le cellule CD8 in persone sane per non farle contagiare da un virus, che per quasi tutte le situazioni (un sistema immunitario normale) non costituisce alcun pericolo. Tra l’altro l’immunità naturale consiste in una riduzione del pericolo anche per le persone più deboli: invece la vaccinazione interrompe il meccanismo virtuoso dell’immunità naturale (immunità di gregge), mentre gli anticorpi vaccinali perdono rapidamente di efficacia.

La risposta complessiva dell’attività immunitaria porta ad uno stato infiammatorio che si manifesta con i classici cinque segni: calore, rossore, gonfiore, dolore, impedimento funzionale.

Trattandosi di innescare uno stato infiammatorio, hanno somma importanza i recettori PRRs (pattern recognition receptors) che riconoscono l’agente che lo richiede e i cosiddetti inflammasomi, che sono semplicemente dei complessi multiproteici presenti nel citoplasma delle cellule deputate a scatenare la secrezione delle citochine interleuchina 1β e interleuchina 18 e altri fenomeni correlati. Le citochine sono prodotte da monociti, macrofagi, linfociti T, cellule immature etc. e trasmettono segnali alle cellule bersaglio legandosi a recettori associati alla tirosina-chinasi. Un’infezione virale (il suo RNA o DNA) anzitutto attiva questo tipo di risposta, nelle strutture anatomiche che ricevono il pericolo.

E’ importante che la risposta aspecifica ci sia e sia efficace, reclutando tutte le cellule immunitarie necessarie (linfociti T e B). Ne consegue tutto il lavoro dell’immunità acquisita e più specifica.

Non è questo l’ambito per dettagliare ulteriormente la strepitosa e affascinante complessità della risposta innata: è sufficiente immaginare che il primo allarme scattato in una cellula infettata dal virus porta tutte le cellule in uno “stato di allarme antivirale” nelle cellule circonvicine, ancora non infette.

E’ davvero strano che in tutto questo parlare di virus, vaccini e anticorpi non si tratti mai l’esistenza di un sistema naturale ben congegnato per allarmarsi davvero e con i giusti strumenti anatomici, fisiologici e biochimici. Si tratta di un allarme che muove rapidamente centinaia di geni stimolati dall’interferone, che rendono molto complicata per il virus l’entrata nella cellula e la replicazione, anche perché le cellule immunitarie vengono reclutate proprio là dove necessario, richiamati da appositi messaggi chimici (citochine proinfiammatorie).

La potenza del sistema immunitario adattativo e specifico (tra cui i linfociti T killer citotossici, dotati di memoria e i linfociti B con gli anticorpi) si somma all’immunità aspecifica innata. E’ nota la possibilità che la risposta esagerata possa portare a un danno tissutale causato da una patologica sovraproduzione di risposta immunitaria. La famigerata “tempesta di citochine” rientra in questa cornice.

Tra i recettori più interessanti nel panorama dell’immunità innata ci sono i TLR (Toll-like receptors). Essi sanno individuare le impronte biochimiche dei microrganismi patogeni, determinano la maturazione delle cellule dendritiche (specializzate nel presentare l’antigene al sistema immunitario nel suo insieme) e favoriscono una risposta particolarmente tramite i linfociti T. Bisogna ribadirlo: il ruolo fondamentale dei TLR consiste nell’essere i primi a riconoscere l’intrusione di un qualcosa che potrebbe essere sgradito per chi lo ospita.  Ne consegue che le mutazioni peggiorative che coinvolgono i recettori toll-like contribuiscono ad aumentare la suscettibilità umana ad alcune infezioni. Data la capacità dei toll-like receptors di attivare le cellule dell’immunità innata, se si inceppa il meccanismo viene completamente bypassata questa fetta importantissima delle nostre difese.

Domanda quasi capziosa: che cosa combina la vaccinazione anti-Covid a mRNA a questi recettori?

Il vaccino inocula mRNA virale e pertanto verrebbe distrutto dal nostro organismo. Per evitare che questo accada, i produttori hanno ideato una modifica capace di evitare la prima linea dei meccanismi innati di difesa e in particolare di essere riconosciuti dai recettori TLR. Il vaccino ha infatti mostrato di poter alterare la produzione delle citochine infiammatorie dell’immunità innata. Questo effetto è stato ottenuto mediante l’inserimento nella sequenza RNA che codifica la spike di alcuni nucleosidi modificati mediante l’inserimento di prolina. Il messaggio è stato poi inserito in nanoparticelle lipidiche che lo veicolano all’interno delle cellule umane.

Dopo la vaccinazione è stato osservato che le cellule immunitarie innate riducono la risposta TLR4, TLR7 e TLR8. Trattandosi di recettori chiave nella difesa dell’organismo, il vaccino provoca un indebolimento o comunque una alterazione della risposta immunitaria innata.

L’efficacia vaccinale decresce rapidamente (adesso si dice in cinque mesi, portando alla necessità di terze e quarte dosi). La vaccinazione porta nel giro di poche settimane (immunità adattativa) ad avere anticorpi anti-spike che però sono variamente neutralizzanti verso le varianti virali. Intanto però ogni somministrazione incide negativamente sull’immunità innata. Le risposte delle citochine a determinati stimoli diminuiscono dopo la vaccinazione. Alcune ricerche hanno rilevato la minor produzione di IFN-γ (chitochina con funzioni antivirali, antitumorali e che in generale stimola il sistema immunitario). Al contrario le risposte all’agente infettivo fungino candida albicans sono più alte dopo la vaccinazione. Sono risultati che dimostrano che gli effetti del vaccino vanno oltre il sistema immunitario adattivo (immunità specifica acquisita dall’organismo dai vaccini), coinvolgendo la riprogrammazione delle risposte immunitarie innate.

Non dovrebbe perciò sorprendere che, oltre ai problemi tromboembolici generati dalla spike che sporge negli endoteli vasali, oltre ai problemi autoimmuni dovuti alla risposta del sistema immunitario verso le numerosissime cellule riconosciute responsabili di produrre una proteina virale e quindi estranea, si deve registrare nei soggetti vaccinati una diminuzione delle risposte immunitarie innate che li espone a contrarre contagi (non esiste solo il Covid) altrimenti normalmente fronteggiati. Questo potrebbe anche interferire con le risposte ad altre vaccinazioni (adesso c’è anche l’antinfluenzale). Alcuni studi hanno già evidenziato già un aumento degli herpes-virus e della mononucleosi… indici di un indebolimento del sistema immunitario vaccinato.

In definitiva il vaccino produce una forte risposta al Covid-19, ma può anche indebolire il sistema immunitario innato diminuendo la capacità del corpo di combattere le infezioni batteriche e virali. La cosa più preoccupante è che sono meno efficaci le cellule immunitarie destinate a tenere sotto controllo dei grossi guai come il cancro per la diminuita capacità di intercettare le mutazioni del DNA che diuturnamente il sistema immunitario sopisce. In più c’è il rischio dell’A.D.E. causato da un potenziamento della malattia dovuta ad anticorpi non neutralizzanti.

Può bastare per avere diritto a maggiori cautele e non a fare parte di un esperimento in corso?

Il pensiero unico sostiene che non è vero che il vaccino provochi danni alla salute, mentre è certo che il vaccino riduce il contagio, la gravità e la mortalità del Covid. In un sistema biologico un effetto è dimostrabile in termini statistici (non è come la tinta dei capelli che certamente determina subito un effetto visibile su chi la applica): dire “a me non è successo niente” non tiene conto nemmeno del fattore tempo, che potrebbe essere ancora troppo breve perché si manifestino delle conseguenze. Nella banale sanificazione delle superfici è importante valutare la concentrazione dell’agente sanificante e per quanto tempo esso viene lasciato agire. Andrebbe anche prevista una rotazione di agenti a meccanismo di azione differente, per non favorire la comparsa di microorganismi resistenti alla sostanza usata (alternanza di un anfolitico con un sale di ammonio quaternario).

Non è automatico che gli aspetti problematici dei vaccini determinino un effetto avverso grave: ma è intuitivo che in una popolazione armata e che ha facilità a reperire munizioni sia più probabile udire spari e che qualcuno resti colpito. Nei sistemi complessi (complesso l’organismo umano e complesso il sistema sociale in cui interagiscono milioni di esseri umani) “farla facile” è ideologico e demagogico.

Tra i vaccinati che rischiano di sviluppare patologie inusuali (rimaniamo alla cronaca: di natura tromboembolica) possiamo considerare maggiormente a rischio in tempi brevi non coloro che fanno una vita normale, ma quelli che “stressano” di più il sistema cardiocircolatorio o scontano questo stress in un ambiente o una condizione che perdona meno gli eventuali svarioni. In alcune popolazioni notoriamente sane (altrimenti non potrebbero fare quel che fanno) si contano episodi gravi correlabili ad un qualche problema cardiaco e circolatorio: ad esempio gli atleti (sforzo fisico estremo); i piloti di aereo (inalazione di aria a ridotto contenuto di ossigeno in un ambiente pressurizzato con ipossia ipobarica e rischio di trombosi venosa profonda); o gli addetti a lavorare su impalcature e luoghi esposti, con pericolo di caduta.

Queste tre categorie terminano il 2021 con numeri tragici di gravi problemi di salute. Probabilmente anticipano i segni di un problema comune a tutti gli altri, ma ancora abbastanza raro da non diventare evidente in ogni micro-comunità: non perché il problema non sia già iniziato, ma solo perché non si è aggravato al punto da non essere più una faccenda di significatività statistica.

Allora evitiamo la demagogia e l’ideologia: la scienza non ama le semplificazioni, ma ha il coraggio di addentrarsi nella complessità. Se invece la scienza è una scusa per semplificare la complessità (per esempio riducendo l’essere umano a un animale e le sue sofferenze e necessità sanitarie a un vaccino periodico e all’eutanasia) allora non è più scienza, anche se sfodera numeri e grafici, parlando di proteine, immunità, mRNA e linfociti.

Una domanda a chi ha firmato e firma il consenso informato: ma eravate e siete veramente informati?

 

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