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lunedì 11 ottobre 2021

ByoBlu - LA LETTERA APERTA DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI PALERMO CONTRO IL GREEN PASS 10 Ottobre 2021


All’attenzione del Magnifico Rettore prof. Fabrizio Micari

Del Direttore Generale

Del Senato Accademico

Del Personale tecnico e amministrativo

Dei Direttori dei Dipartimenti

Del Corpo Docenti tutto

Degli Studenti tutti

Gentilissime e gentilissimi tutti,

in qualità di Studenti regolarmente iscritti presso l’Università degli Studi di Palermo e in linea con quanto sta accadendo in numerosissime altre Università italiane, scriviamo questa lettera indirizzata sia all’intera comunità che vive quotidianamente l’Ateneo sia a tutte le categorie sensibili alla nostra causa, nell’intento di ristabilire un dialogo che permetta un dibattito sano e costruttivo riguardo il disagio che in queste ultime settimane interessa noi studenti da molto vicino.

L’arrivo della pandemia da COVID-19 su scala mondiale, da ormai quasi due anni, ha stravolto la quotidianità di noi tutti, ad ogni livello, in ogni Stato. Tale situazione ha portato sacrifici e cambiamenti, ed ora più che mai, scelte.

Tra le varie risposte date dall’Uomo a tale situazione vi è una, falsamente libera nella sua forma, autoritaria e ricattatoria nella sua sostanza, che il governo italiano sta imponendo ai suoi cittadini.

Con il DL n. 111 del 6 agosto 2021, nel periodo che intercorre tra il 1° settembre 2021 ed il 31 dicembre 2021, a tutto il personale scolastico del sistema di istruzione, compreso quello universitario, nonché a tutti noi studenti e studentesse dell’Università viene richiesto il possesso e l’esibizione della certificazione verde COVID-19 (altrimenti detta “Green Pass”): certificazione, questa, necessaria per poter accedere non solo a qualsiasi luogo dell’Ateneo, bensì anche all’erogazione ed alla fruizione, in presenza, del servizio di istruzione spettante di diritto.

Una certificazione discriminante che, oltretutto, viene richiesta ora anche ai lavoratori, tutti, di settori pubblici quanto privati: categorie, anche queste, colpite come noi e a cui va la nostra solidarietà e vicinanza.

È ormai risaputo quali siano le condizioni per ottenere il suddetto Green Pass:

1. il risultato negativo di un tampone, antigenico (detto anche “rapido”) o molecolare con risultato negativo, eseguito nelle 48 (il rapido) e 72 (il molecolare) ore precedenti;

2. la guarigione debitamente certificata dal COVID-19 avvenuta entro 180 giorni precedenti;

3. la vaccinazione da COVID-19.

La vaccinazione da COVID-19 è a titolo gratuito. Mentre la sua alternativa principale (per chi non

ha superato la malattia nelle tempistiche suddette), l’utilizzo del tampone, oltre che invasivo va specificato essere a pagamento: una spesa completamente a carico del singolo e, soprattutto, onerosa.

Questa situazione si ripercuote ovviamente in maniera discriminante nel diritto alla libera scelta dal punto di vista sanitario della persona, soprattutto verso i meno abbienti il cui diritto allo studio dovrebbe essere garantito e tutelato dall’art. 34 della Costituzione. Il Green Pass per l’accesso all’istruzione in presenza è dunque una violazione del diritto allo studio del singolo, subdolamente costretto alla vaccinazione, senza alcun riguardo verso il suo diritto (sancito an-che dal consiglio d’Europa e da regolamento UE sul Certificato COVID-19) di consenso libero ed informato a un trattamento sanitario. Riteniamo ciò, sia dal punto di vista giuridico che soprattutto etico, illegittimo e scorretto.

La disciplina del Green Pass, delineata nel decreto-legge n. 105/2021, successivamente convertito nella legge n. 126/2021, e nel decreto-legge n.111/2021 si mostra in palese contrasto con molteplici disposizioni sovraordinate, di rango costituzionale, europeo e internazionale.

Tra le norme costituzionali violate vi è segnatamente l’art. 3 comma 1 della Costituzione, il quale nell’indicare espressamente le distinzioni che la legge non può operare, include anche le distinzioni fondate su “condizioni personali e sociali”. Si tratta di una espressione volutamente generica, inserita dai padri costituenti con l’intento di includere qualsiasi forma di discriminazione e tale da ricomprendere anche quella fondata su un trattamento sanitario: ed è in questo nostro caso perciò che sussiste una palese diversità di trattamento, tra chi esercita la libera scelta di vaccinarsi e chi esercita l’altrettanto libera scelta di non vaccinarsi. Distinzione che non supererebbe il vaglio di ragionevolezza impiegato dalla Corte Costituzionale, ogni qualvolta questa sia chiamata ad esaminare la legittimità costituzionale di disposizioni che si presume essere in contrasto con l’art. 3, soprattutto alla luce delle evidenze scientifiche.

Alla luce di quanto scritto emerge anche il contrasto del Green Pass con il comma 2 dell’art. 3, dal momento che con tale normativa la Repubblica viene meno al suo dovere di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» e incentivando al contrario una spaccatura tra cittadini non vaccinati e cittadini vaccinati o guariti dall’infezione da COVID-19.

Lo stesso principio di uguaglianza e il conseguente divieto di discriminazione è enunciato nell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nell’art.14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, le quali nella gerarchia delle fonti del nostro ordinamento sono collocate al di sopra degli atti aventi forza di legge, ciò in virtù dell’art. 10 comma 1 e dell’art. 117 comma 1 della Costituzione, i quali risultano violati indirettamente.

Aggiungiamo inoltre che il paragrafo 36 del regolamento dell’Unione Europea 2021/953 (cosi come emendato, dopo la mancata traduzione in italiano del paragrafo, con pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 211 del 15 giugno 2021) indica la necessità di non discriminare i cittadini europei che non sono vaccinati per necessità di natura clinica, di opportunità, di target group esentato, ma anche chi per scelta non si è vaccinato.

L’effetto della suddetta disciplina è, pertanto, quello di instaurare una coartazione indiretta della volontà dei cittadini, che viola altresì l’art. 32 della Costituzione e in particolare il comma 2 laddove prevede che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Limiti ampiamente superati nel momento in cui si intende costringere anche indirettamente i cittadini a sottoporsi a un trattamento sperimentale, categoria in cui i vaccini contro il COVID-19 continueranno a rientrare fino alla fine del 2023. Infatti nell’adunanza plenaria dell’assemblea costituente tenutasi il 28/01/1947, il testo venne approvato nell’intendimento di vietare esperimenti scientifici sul corpo umano che non siano stati accettati dal paziente.

Inoltre, anche qualora tali trattamenti cessassero di essere sperimentali, la loro obbligatorietà non potrebbe essere prevista, in virtù dei casi di reazioni gravi accertate dell’AIFA – dati che verranno approfonditi in seguito – che talvolta hanno portato alla morte del paziente. Secondo la giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, infatti, l’art. 32 non è interpretabile nel senso di consentire il sacrificio della salute individuale in funzione di quella collettiva e ciò anche qualora, secondo un ragionamento ab absurdo, fosse necessario il sacrificio di un solo individuo per la salvezza della collettività. Ciò è enunciato anche dall’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Il green pass viola anche l’art. 34 della Costituzione e l’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nei riguardi degli studenti universitari, ai quali è impedito di accedere ai locali delle università qualora ne siano sprovvisti, costringendo pertanto gli studenti non vaccinati a sostenere costi eccessivi e nella maggior parte dei casi insostenibili o in alternativa a ricorrere alla didattica a distanza, mezzo che non è assolutamente all’altezza della didattica in presenza che è invece garantita agli studenti vaccinati, pur potendo questi ultimi contagiare allo stesso modo dei non vaccinati e nonostante entrambi paghino le medesime tasse universitarie, ricevendo un servizio nettamente diverso.

Inoltre la risoluzione 2383/2021 del Consiglio d’Europa al punto 8 stabilisce che «Fino a quando non esisteranno prove scientifiche chiare e consolidate, potrebbe essere discriminatorio revocare le restrizioni per coloro che sono stati vaccinati mantenendole per coloro che non lo hanno fatto […]».

Come abbiamo già considerato, la vigente ingiusta normativa politica non può essere giustificabile da eventuali evidenze scientifiche riguardanti l’efficacia (immunizzante e sterilizzante) dei vaccini contro il COVID-19, evidenze che, inoltre, non ci sono, come vedremo di seguito.

In primo luogo, è difficile capire perché chi sia guarito da COVID-19 da più di 180 giorni e, dopo aver effettuato un test sierologico per titolazione di IgG, se risulta immunizzato contro la malattia (in maniera anche migliore da come sarebbe in seguito a vaccinazione) non abbia comunque diritto alla certificazione verde.

In secondo luogo, bisogna considerare l’evidenza scientifica della possibilità di contagio da parte dei vaccinati, che potrebbe mettere in pericolo coloro i quali non hanno sviluppato anticorpi contro tale virus.

È la stessa EMA (European Medicines Agency) a mettere in guardia sulla potenziale inefficacia sterilizzante dei vaccini contro il COVID-19 quando afferma che «l’impatto della vaccinazione con Comirnaty sulla diffusione del virus SARS-CoV-2 nella comunità non è ancora noto. Non è ancora noto quanto le persone vaccinate possano ancora essere in grado di trasportare e diffondere il virus».

Capiamo bene che già solo questa affermazione va nettamente contro tutto quanto viene ritenuto scientificamente certo non solo dal nostro governo, ma da tutti i mass media che da tempo ormai si preannunciano presuntuosamente come portatori indiscussi di verità scientifiche.

Secondo quanto riportato nel Journal of Infection invece i vaccinati possono non solo essere infettati da SARS-CoV-2, ma da questi il virus può anche essere isolato attraverso metodi di coltura-dipendente e la carica virale in tali pazienti non differisce significativamente dalla carica virale delle coorti di non vaccinati.

Altro punto debole è il metodo di detection del virus considerato valido per ottenere la certificazione verde. Secondo quanto riportato nell’articolo “Comparison of Rapid Antigen Tests for COVID-19 i test rapidi antigenici sarebbero poco sensibili rispetto ai tamponi molecolari, il che determinerebbe di per sé un errore di valutazione per la selezione dell’accesso ai luoghi consentiti qualora in possesso di Green Pass.

Se volessimo inoltre discutere dell’efficacia del vaccino, sorgerebbero ulteriori problemi. Infatti, secondo quanto riportato da “Our World in Data”, il numero di pazienti ospedalizzati per COVID-19, in Italia, il 10 settembre del 2020 (con copertura vaccinale pari al 0%) ammonterebbe a 2.000, mentre il 10 settembre del 2021 (con copertura vaccinale pari al 63,3%) ammonterebbe a 4.712.5

A conoscenza di quanto riportato dal ministero della salute israeliano – ovvero che, fino al 26 Aprile 2021, 397 pazienti vaccinati con seconda dose sono stati ricoverati per COVID-19 di cui 234 gravi e 90 morti – alcuni ricercatori israeliani hanno condotto uno studio su 152 pazienti vaccinati (con vaccini a mRNA) ospedalizzati per COVID-19 e hanno visualizzato che il tasso di mortalità riportato nella coorte di pazienti vaccinati era simile a quella dei pazienti non vaccinati.

Inoltre, attualmente si parla di VBI (vaccine-breakthrough infections), ovvero la patologia COVID-19 nei pazienti vaccinati, la quale in uno studio recente si è mostrato avere una durata significativa di due settimane e sintomi severi, oltre che essere caratterizzata da genotipi di SARS-Cov2 che non erano stati associati a una bassa risposta immunitaria in vitro in precedenza.

Ma parliamo ora degli eventi avversi dati dai quattro vaccini attualmente utilizzati nella campagna vaccinale in Italia e quindi della sicurezza di questi. Fino alla data del 26 agosto 2021 sono state pervenute 91.360 segnalazioni di eventi avversi, di cui il 13,8% sono gravi (12.607) mentre 555 sono i casi fatali.

Teniamo però in conto due fatti importanti. In primo luogo, tali valutazioni sono state fatte sulla base di una vaccinovigilanza passiva, ovvero segnalazioni volontarie effettuate da chi ha sviluppato eventi avversi, o dai familiari dei deceduti, cosa che di per sé causa una sottostima drammatica di tali numeri (di almeno due ordini di grandezza). In secondo luogo, il numero di decessi indeterminati e inclassificabili in totale ammonta al 37,6% del totale dei decessi, una percentuale troppo alta che dà un’ulteriore sottostima dei decessi indiscutibilmente correlabili alla somministrazione del vaccino.

Fra gli effetti avversi descritti nei foglietti illustrativi di tutti e quattro i vaccini, sono riportati coaguli di sangue e trombosi.

Uno studio recente illustra i meccanismi della trombosi causata dai prodotti vaccinali (compresi quelli a vettore virale) e afferma che la proteina Spike (senza bisogno di essere adesa al capside del virus) può causare danni consistenti in seguito all’interazione di questa con i recettori ACE2.9

In breve, la consultazione delle pubblicazioni scientifiche indicizzate e di dati ufficiali provenienti da altri Paesi, nonché il confronto con medici e ricercatori che operano intorno a noi, ci consente di aggiornare costantemente i dati sanitari reali, i quali risultano purtroppo omessi o mistificati nella informazione ufficiale.

Ecco che dunque rivolgiamo questo Messaggio a tutti Voi, gentilissime e gentilissimi lettori, membri di una Comunità Accademica che «salvaguarda e promuove i diritti fondamentali sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nonché i princìpi e i diritti fondamentali contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea»10 e che quindi tutela «le libertà individuali, con particolare riguardo alla libertà di manifestazione del pensiero come strumento essenziale per raggiungere le finalità dell’Ateneo».

In particolar modo con la presente ci rivolgiamo al Rettore del nostro Ateneo, il prof. Fabrizio Micari, ed al Senato Accademico, in quanto Voi siete organi garanti della «tutela dei diritti degli studenti nello svolgimento delle personali carriere di studio»,13 chiedendo di assicurare agli Studenti tutti, indipendentemente dalla individuale (e, di diritto, privata) situazione sanitaria, «pari opportunità […] nell’accesso allo studio e al lavoro, nella ricerca, nella progressione di carriera del personale docente e tecnico amministrativo, impegnandosi a rimuovere ogni discriminazione diretta e indiretta».

Avanziamo in questa sede e con le migliori intenzioni la nostra proposta di dialogo franco e diretto, rendendoci disponibili anche ad un Incontro. Fiduciosi ed in attesa di Vostro gradito riscontro.

Cordialmente,

gli Studenti dell’Università di Palermo contro il Green Pass.

 

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