Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore questa bella intervista di Maurizio Caverzan a Carlo Freccero pubblicata su Panorama il 12 agosto 2021.
L'INTERVISTA
Carlo Freccero, il provocautore. Da quando, quasi due anni fa, ha lasciato la direzione di Rai 2 ed è tornato stabilmente a Savona, lungi dal ritirarsi a vita privata, Freccero continua a studiare e a intervenire nel dibattito delle idee restando l’anarchico e vulcanico autore che abbiamo conosciuto in tanti anni vissuti pericolosamente. Al punto che, come conferma l’intervista che segue su pandemia e globalizzazione, la definizione di provocautore gli calza a pennello.
Sulla pandemia, fin dalla prima reazione dei balconi e degli slogan come «andrà tutto bene», è in atto uno scontro sempre più ideologico. Perché secondo lei?
Ci sono due Italie destinate a non incontrarsi perché partono da presupposti diversi. Per gli ortodossi è in atto la più pericolosa pandemia di cui si abbia memoria. Di fronte alla morte il sacrificio dei diritti costituzionali è indifferente e necessario. Per i dissidenti la pandemia non è la causa, ma il pretesto per eradicare questi diritti e instaurare un nuovo modello di vita attraverso quello che Klaus Schwab, il fondatore del World economic forum, ha chiamato «il Grande Reset» nel suo libro scritto con Thierry Mallaret e dedicato agli effetti del Covid. Anche il Time gli ha consacrato la copertina con un’immagine del globo terrestre circondato dai ponteggi di un cantiere in cui gli operai ricostruiscono il mondo.
Esistono organizzazioni economiche o gruppi di potere che vorrebbero trasformare la pandemia in un’occasione di palingenesi planetaria?
Oltre che sanitario, la pandemia è un evento politico ed economico. Per le élites è un’occasione irripetibile per instaurare l’agenda 2030 con largo anticipo. Cito ancora Schwab e Malleret: «Il mondo come lo conoscevamo nei primi mesi del 2020 non c’è più, dissolto nel contesto della pandemia. Stiamo per trovarci di fronte a dei cambiamenti radicali di una tale importanza che alcuni esperti parlano di anticoranavirus e dopocoronavirus». AC e dC non significherebbero più avanti Cristo o dopo Cristo, ma avranno per spartiacque la pandemia.
Concorda con gli studiosi secondo i quali come la peste nera fu all’origine dell'uomo moderno anche il Covid potrebbe provocare cambiamenti nell’antropologia di quello del Terzo millennio?
Li provocherà se lasceremo spazio al transumanesimo, grazie al quale l’uomo dovrebbe sconfiggere la morte e acquisire un potenziamento intellettuale e soprattutto mnemonico connettendosi all’intelligenza artificiale. Per chi ci crede c’è un solo ostacolo: il sovrappopolamento del pianeta. Da tempo nei testi scolastici il concetto di sovrappopolamento - insieme al riscaldamento del pianeta - è un dato acquisito. Non a caso tutti i filantropi, a cominciare da Bill Gates, si pongono il problema della pianificazione familiare. Si potrebbe scrivere un libro su questo argomento, ma cito solo la conferenza del 2014 nella quale Roberto Cingolani, attuale ministro della Transizione ecologica, ha detto che «il pianeta è progettato per 3 miliardi di persone». Perciò, siccome siamo 8 miliardi, o si riduce la popolazione o se ne comprimono i consumi impedendo viaggi e tutto ciò che produce Co2 . A questo servono lockdown e chiusure.
Vede anche lei come Massimo Cacciari un pericolo nel ricorso a prolungati stati di emergenza?
Cacciari ha ragione. Sotto l’onda emotiva della pandemia e di fronte alla minaccia della morte, la maggioranza degli italiani è disposta a rottamare quella stessa Costituzione che nel 2018 fa aveva saputo difendere contro il referendum promosso da Matteo Renzi. Disarmarci oggi per la pandemia è pericoloso per il nostro futuro. Perché il mondo potrà essere cambiato senza che noi possiamo decidere come.
Secondo Schwab l’umanità è a un bivio: dopo la pandemia potrà costruire una società più solidale e inclusiva o più individualista e selettiva. È davvero così?
Schwab si riferisce all’agenda 2030 che è piena di buoni propositi e condivisa da organizzazioni internazionali come l’Onu, l’Unesco e l’Oms. Questi buoni propositi però hanno una matrice malthusiana: difendere il pianeta dall’invadenza dell’uomo e non viceversa. Si persegue la fine dell’umanesimo in favore della green economy. Per me questa utopia è, in realtà, una distopia perché è antiumanistica. Ma noi siamo uomini: come potremmo mai partecipare al nostro stesso ridimensionamento?
Perché è stato l’annuncio dell’adozione diffusa del green pass a riportare parte della popolazione nelle piazze?
Perché costituisce una violazione dell’articolo 3 della Costituzione che vieta ogni forma di discriminazione.
Per il filosofo Giorgio Agamben il vaccino è «un simbolo religioso» al quale si attribuisce potere salvifico. Ne è una conferma il fatto che chi non vi ricorre è colpito da una sorta di scomunica sociale?
Secondo Walter Benjamin, cui Agamben sembra rifarsi, il cristianesimo è una religione culturale. Al suo interno tutto ha significato in riferimento a un culto, più che rispetto a un dogma o a un’idea. La vaccinazione non avrebbe senso senza il culto che la circonda. Provoca emozione come la celebrazione di un sacramento e dev’essere immortalata sui social di tendenza. La sua somministrazione sancisce l’appartenenza al gruppo di culto e provoca intolleranza verso chi si sottrae.
È la scarsa dignità culturale dell’universo no-vax a giustificare questa divisione in cittadini di serie A, vaccinati, progressisti e acculturati, e di serie B, antiscientifici, di destra e rozzi?
I no-vax vengono dipinti dalla propaganda come scientificamente ignoranti, ma la realtà è diversa. Il mainstream identifica la scienza con un vaccino che, secondo il suo stesso bugiardino, non è stato sperimentato e lo sarà soltanto se le vaccinazioni si protrarranno sino al 2023. Come possiamo definire scientifico un dispositivo non sottoposto a verifica sperimentale? Molti no-vax sono informati sulle più recenti scoperte della letteratura scientifica. I loro riferimenti sono il premio Nobel Luc Montagnier e il maggior virologo vivente Didier Raoult. Mentre i favorevoli al vaccino hanno per informatori le star della tv.
Come vengono usati i grandi quotidiani e i talk show nella costruzione di questa narrazione?
Per la comunicazione la pandemia è un grande campo di studio. Marshall McLuhan aveva previsto una terza guerra mondiale combattuta non con le armi tradizionali, ma con l’informazione. Giornali mainstream e televisione tendono a rendere conformista l’opinione degli utenti tramite l’emissione di un messaggio unico. Invece il web, anche quando viene commissariato dalle grandi piattaforme tramite gli algoritmi, i factchecker e la censura esplicita dei dissidenti, riesce a far trapelare messaggi «eretici». Sui social la censura è scandalosa, ma in qualche modo ha motivato i dissidenti. Sulla tv generalista invece non c’è censura perché non c’è n’è bisogno: il pubblico della televisione sembra vittima di una forma d’ipnosi.
C’è chi vede nell’adozione del certificato verde una forma di sorveglianza del potere. Ma anche per guidare un’auto bisogna esibire una patente che attesti l’idoneità del pilota a tutela della collettività.
A cosa li abilita di specifico il green pass? Semplicemente alla vita quotidiana che da quasi due anni ci è impedita. Nessun regime era arrivato al punto di richiedere una patente per vivere.
Una volta era la sinistra a difendere il diritto di critica e di dissenso. Oggi, sulle norme sanitarie, Giorgia Meloni la pensa come lei e Cacciari, e Matteo Salvini come Maurizio Landini.
Chi era di sinistra come me criticava il pensiero unico neoliberista, ma non conosceva ancora l’unanimismo di oggi. Sembra di essere piombati nella distopia orwelliana, costruita sul controllo e l’impoverimento del linguaggio. Non solo i politici non si sottraggono a questa tendenza. Di più, sono loro a costruire la gabbia del pandemicamente corretto nei limiti del quale ci si può esprimere. Maggioranza e opposizione stanno entrambe collaborando al grande reset.
Tuttavia il certificato verde è adottato in Francia e non ad esempio in Germania, Stati Uniti e Giappone.
Perché è un disegno che procede a macchia di leopardo. Molti Paesi lo hanno già accantonato. Altri vogliono andare avanti a ogni costo. L’Europa resiste con alterne vicende perché è il centro dell’operazione. Basta guardare gli interventi al Global Forum del gennaio 2021 per capire gli schieramenti.
È sotto gli occhi di tutti che la pandemia ha reso ancora più centrali le piattaforme. L’omologazione planetaria arriva con lo streaming di Netflix e Amazon?
Distruggere le piccole e medie imprese perché considerate obsolete per incrementare le grandi corporation fa parte del piano. Tutto ciò viene presentato come progresso. Dall’inizio della pandemia, le piattaforme e le grandi società di distribuzione hanno guadagnato tutto quello che le piccole imprese hanno perso.
Che spazi rimangono per l’originalità e l’identità nell’arte e nella comunicazione?
Ormai originalità e identità sono slogan pubblicitari per imporre obiettivi di massa nascondendoli sotto una patina di glamour.
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