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lunedì 30 novembre 2020

Come cambia l'orizzonte strategico del Pci-Pds-Ds-Pd: dalla svolta di Salerno al rimpasto

 


PS: Con chi l'italiani sono passati  da Comunisti a Destra...!

umberto marabese

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Le miserie della politica o della politica della misera.


By Fabio Luppino

Con apprensione si seguono i rivolgimenti strategici annunciati spesso solo sui giornali dai principali attori del Partito democratico. Nelle settimane scorse si è molto letto della necessità di un “salto di qualità” nella politica del governo. Su quale salto, per quale direzione, un doppio salto o un saltino, buio pesto. Repentinamente abbandonata la prova atletica anche i dem (e qualcuno di loro a bene vedere e senza fare torti lo aveva già ampiamente reclamato) sono tornati sull’eterno leit motiv della politica italiana, quel che tutto muove, ma anche non cambia nulla, l’elisir di ogni governo e di qualsiasi trasformismo: il rimpasto.

Parola dal sen fuggita diverse volte, smentita e non smentita dai vaticinii indiretti di Goffredo Bettini, di Nicola Zingaretti o di Graziano Delrio, mentre con meno pudore Matteo Renzi, che quando c’è da rottamare è sempre in prima fila, ne avanza da tempo la necessità, sempre per il sotteso “salto di qualità”. L’elettorato segue, forse non capisce, ma segue. Abituato a ben altri strappi storici, a strategie meditate anche troppo, a documenti politici passati in filigrana, adesso si adegua. Twitta che ti ritiwitta gli eredi del Pci (quello della svolta di Salerno di Palmiro Togliatti, con la seconda guerra mondiale non ancora finita, che aprì al primo storico governo di unità nazionale) si dànno la linea. Ora siamo sul fronte del rimpasto, senza farci mancare un bel chapeau a Berlusconi, da rabbrividire.

Nella tradizione comunista e post comunista ci sono fasi storico-strategiche di lunga durata. Non richiamiamo i piani quinquennali o il grande balzo in avanti di Mao (tra le peggiori stagioni della storia mondiale) o anche il più prosaico orizzonte del Lingotto. Ma insomma, storici e meno storici rammentano il compromesso storico, l’alternativa democratica, la non sfiducia, cose serie, anzi serissime. Passaggi epocali e sofferti, lo strappo da Mosca, la non abiura dopo le invasioni di Ungheria e Cecoslovacchia da parte delle truppe sovietiche e la repressione di primavere politiche ai tempi della cortina di ferro. 

Adesso l’unico stratega pensoso riconosciuto è Goffredo Bettini, che da quella tradizione viene, ma che ormai lo è da trent’anni e anche lui fa quello che può, forse aspetta anche di passare il testimone degli orizzonti a qualcun altro. In ogni caso, le sorti magnifiche e progressive oggi sono scandite dal rimpasto, con qualche segnale fuorilinea come quello di Matteo Orfini che si è improvvisamente affascinato della patrimoniale, vista come il demonio da tutto il partito, ormai.  

Ma anche il rimpasto ha le sue spine. Il premier Conte accoglie l’esigenza e la mette da una parte, gli altri partiti stanno alla finestra per vedere chi entra e chi esce, il M5s apparentemente fa finta di niente. Intanto dalle segrete stanze entrano ed escono nomi e non è un bel vedere. Sempre di donne si parla ed è l’unica costante di questo continuo rimasticamento. L’orizzonte oggi ci propone Valeria Fedeli al posto di Nunzia Catalfo, Maria Elena Boschi per Lucia Azzolina. E poi fuori Paola De Micheli e Federico D’Incà, via Stefano Patuanelli dal Mise per il competente Andrea Orlando (ex Guardasigilli). Quasi quasi lo vedo il salto di qualità...

E pensare che Achille Occhetto pianse quando fece lo strappo definitivo dal Pci e passò notti e giorni insonni e con lui centinaia di migliaia di militanti. Oggi non si capisce per cosa e per dove, ma emerge prepotente la necessità di un rimpasto. Per indebolire Conte, per rafforzare il governo, per rafforzare il governo e indebolire Conte, per allargare la squadra, per inserire tecnici ma anche qualche politico, Per premiare le competenze e punire gli incompetenti. Non si sa, non è chiaro. Dopo le ubriacature delle task force (che però stanno per tornare) e il minuetto degli Stati generali ora facciamoci un bel rimpasto. Poi si vede. 


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