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giovedì 10 settembre 2020

By Alessandro De Angelis x HuffPost - Giovanni Orsina: "Il re della sinistra è nudo"

 Giovanni

By Alessandro De Angelis

Per il politologo le parole di Saviano e la piazza delle Sardine sono la spia della disconnessione sentimentale fra partito e base. "La sinistra non ha più nemmeno un'idea di popolo, oggi l'iniziativa politica ce l'ha il sovranismo".


Professor Giovanni Orsina, lei è un osservatore attento. E vorrei, in questa chiacchierata, partire da un particolare come spia di qualcosa di più generale. Le parole di Saviano, cioè di un simbolo della sinistra, che manda al diavolo il Pd, perché inconsistente.

Questa è certamente la spia di un qualcosa che emerge spesso, nella sinistra. Ricorda i girotondi, il “dite qualcosa di sinistra” di Moretti? Per certi versi anche le Sardine e, per certi versi, perfino il Movimento Cinque stelle rientrano in questa logica.

 

Parla delle origini.

Sì, dentro quel Movimento ci sono molte istanze, ma senza dubbio c’è anche una reazione all’incapacità della sinistra di dare seguito alle sue stesse retoriche: giustizia, protezione sociale, eccetera. Ricordo che il Grillo delle origini, come il Grillo di oggi, si rivolgeva verso il Pd. Oggi per farci un’alleanza strutturale, allora per candidarsi alla primarie, prendersi la sinistra e rinnovarla sulle sue parole d’ordine. Questo porta a dire che c’è un irrisolto, proprio di fondo.   

Messa così, l’irrisolto è l’identità, che non è poca cosa. Un tema più grande di questo governo.

Esattamente. Sintetizzo: in questi anni l’iniziativa politica è a destra, la sinistra riesce soltanto a giocare di rimessa. Parlo del processo storico, non del quotidiano o dell’ultimo tweet. L’iniziativa è a destra perché stiamo vivendo la crisi del modo di organizzare il nostro mondo che va sotto la macro etichetta generica di “globalizzazione”. Che cosa si è detto dopo l’89, con tanto ottimismo? C’è un nuovo ordine mondiale, lo Stato nazionale è finito, e con lo Stato nazionale è finita pure la politica, perché ormai il diritto e l’economia, in un mondo globale, sono in grado di darci ordine e progresso. 

Con la grande crisi questo impianto, scusi il gioco di parole, entra in crisi. Cioè lei dice: siamo ancora lì, ancora non si sono fatti i conti con la rivolta del ceto medio che si è affidato al populismo?

Guardi, quando l’utopia degli anni Novanta è entrata in crisi, la crisi ha colpito sia a destra che a sinistra. Però la destra ha reagito, ha dato una risposta – e quella risposta si chiama sovranismo. Non a caso, i partiti di destra più antichi e vitali, quello americano e quello inglese, producono Trump e Johnson. Si riadattano al discorso: il nazionalismo diventa la risposta alla crisi della globalizzazione. In Italia c’è stata una risposta anche a sinistra, ma si è sviluppata all’interno dei Cinque stelle. La sinistra tradizionale invece ha fatto le larghe intese, ha seguito Renzi: è rimasta dentro la cultura della globalizzazione. È nel Movimento che c’è un populismo di sinistra. 

Concediamoci il lusso di citare Grasmci e il concetto di “connessione sentimentale”. Si può dire che è già in atto una “sconnessione” sentimentale tra sinistra e popolo, nata con la grande crisi, e che, oggi produce, un nuovo capitolo:  Zingaretti e Franceschini che dicono “qualunque cosa succeda non succede nulla, si sta al governo”, Saviano e le Sardine dicono “datevi un’anima”.

Esattamente. La sinistra ha sposato un’idea utopica della globalizzazione, magari oggi non scimmiotta più Blair ma non ha mutato paradigma: è ancora centrata sull’individuo e i suoi diritti, non sa più parlare di classi, di identità collettive. Insomma, non ha più nemmeno un’idea di “popolo”. La sgradevole verità è che l’iniziativa politica ce l’ha il sovranismo, e che l’unico modo di rispondere del Pd è “questi sono pericolosi, dobbiamo fermarli”. Una risposta debole, in assenza di una proposta politica purchessia. Come li ferma? Con quali politiche, se non riesce a toccare una virgola, su immigrazione e giustizia, di quel che fece il precedente governo? I Cinque stelle hanno la metà dei voti, ma evidentemente maggiore solidità nei principi e maggiore forza di iniziativa. Il Pd è il partito dello status quo. La sua soluzione al problema? Più di quel che avete avuto finora, di più, ma la stessa minestra: “more of the same”. 

L’atteggiamento dei partiti prima del voto, ne misura lo stato di salute. L’“andate al mare di Craxi ad esempio”, che non aveva colto l’umore profondo del paese, ma poi ne trasse le conseguenze. Il senso di onnipotenza di Salvini prima dell’Emilia, che ha prodotto una reazione democratica profonda. Come definisce questo stato del Pd?

Simile al “turiamoci il naso”. Il messaggio è: io sono il miglior manager dell’esistente, le alternative sono peggiori, abbiate pazienza che le cose andranno meglio. È qui che matura la sconnessione sentimentale, perché il paese esprime un’ansia di cambiamento che finiscono per intercettare i populismi. Insisto, la destra in questa fase storica ha un vantaggio di posizionamento: “ridate potere allo Stato nazionale” è uno slogan che, con tutte le sue ambiguità e anche la sua pericolosità, oggi incontra consenso. 

Il ragionamento di Saviano non è dissimile, scremato dai toni, da alcune delle sue analisi su questo governo. Lei parlò di “vacuità politica” di “una giostra di cavalieri inesistenti, vuoti dentro il guscio dei tweet e delle dichiarazioni”.

È un problema più generale che riguarda non solo la sinistra né soltanto l’Italia. C’è un tema di fragilità del pensiero politico: l’immediatezza, il presentismo, sono tratti della post modernità che contribuiscono a dissolvere il politico. Non si riesce più ad avere un disegno per il paese perché il mutamento è troppo rapido. 

Infatti il ragionamento è più ampio dell’Italia, però in Italia c’è una situazione particolare. È d’accordo se dico che magari il governo non salta, e non ci sarà una crisi di governo, ma siamo già dentro una crisi di sistema più grande?

Concordo, siamo già dentro una crisi di sistema drammatica. Le dirò, fatico a definire compiutamente  democratico questo sistema: non votiamo più per un governo da tempo immemorabile, in questa legislatura quasi tutti i partiti hanno tradito il mandato elettorale, l’Italia è stata chiusa senza passare per il Parlamento, la proroga ai vertici dei servizi segreti è stata approvata con la fiducia. Beh, ne abbiamo viste tante. La sovranità del paese in termini democratici c’è se gli elettori sono sovrani, noi stiamo difendendo un simulacro di democrazia. 

Siamo d’accordo, il governo è immobile, senz’anima, senza idee, il vuoto oltre il lockdown, però la giostra mi sembra assai bipartisan. La polizza a vita di questo governo sta proprio nell’assenza di alternative.

E questo è il problema vero. La destra come detto un’idea ce l’ha: de-globalizziamo e riprendiamoci un po’ di controllo. Ma quest’idea non è di per sé un progetto di governo: devi dimostrare che è fattibile senza sfasciare tutto. Mi dici torniamo alla lira? Può anche andarmi bene, ma devi spiegarmi come lo fai e a quale prezzo. Se sei Trump puoi mettere sostanza nel discorso sovranista, perché sei a capo di una superpotenza. Se sei Salvini, in l’Italia, è un bel po’ più complicato. 

Ma lei non pensa che tutta questa giostra appare datata, almeno a un anno fa e che il Covid l’ha resa al tempo stesso vecchia, farsesca e drammatica? Si dice: l’emergenza è il “fascismo”, Salvini. O forse sono le condizioni reali del paese , in esse, una mucca più grande di Salvini?

Il Covid ha cambiato una serie di priorità. Da un lato Salvini non può essere più lo spauracchio, dall’altro lui deve capire che i rapporti con l’Europa devono essere ripensati. Se la Bce smettesse di comprare titoli andremmo a gambe all’aria, e se Salvini, dal governo, non riuscisse a costruire un rapporto con l’Europa andrebbe a gambe all’aria lui, inseguito dalla sua base elettorale del Nord. Ecco, qui c’è un vizio tipico dei tempi attuali: una sconnessione tra le politiche pubbliche, gestite dalla macchina, e il piano della comunicazione politica. Ricorda il famoso 2,04 del bilancio 2019? È stata la storia di una comunicazione isterica su un accordo che avrebbe fatto qualunque governo. Per questo ho sempre pensato che Salvini non sia un pericolo. Quali guai potrebbe mai combinare al governo, quando a votarlo sono i ceti produttivi del Nord? 

Appunto. Come fa uno che vuole governare il paese ad andare a Cernobbio senza una idea per il mondo dei produttori?

Il problema vero dei sovranisti è questo: essere adeguati a governare un paese come l’Italia. Il rischio per la democrazia, la repressione poliziesca o i fascisti a piazza Venezia: questi sono allarmi strumentali. Il problema è chi sarebbe il ministro dell’economia, o degli Esteri, o quale sarebbe la politica europea. 

Ecco, Borghi, Bagnai, sull’Europa si ballò parecchio, e il ballo ci è costato un bel falò dei titoli di Stato. Su un punto ha ragione il gruppo dirigente del Pd, la collocazione europea di questo governo rispetto al precedente non è poca cosa. Orlando ha usato un’immagine efficace. Nel 2018 il paese aveva un bipolarismo asiatico, tra due populismi e sotto l’orbita della Russia. È stato riportato in Europa.

Ho sempre pensato che la gestione dei famosi rapporti con la Russia abbia rappresentato un drammatico errore di Salvini, dopodiché pure questa questione è stata amplificata per costruire il mostro. Il rapporto tra Cinque Stelle e Cina è più complicato, anche perché pure il Pd ha componenti filocinesi al suo interno. Ma non c’è dubbio: il tema europeo c’è eccome. Però torniamo al discorso di prima. Basta evocare il pericolo, che una gran parte del paese non percepisce come tale, per combatterlo? 

Le giro l’obiezione. La fate facile voi intellettuali. Provi a governare lei.

No grazie, il potere mi fa un certo ribrezzo. Ma mi limito a fare un esempio: l’immigrazione l’ha bloccata e governata un uomo del Pd, Marco Minniti, né quelli prima né quelli dopo. E il Pd che fa? Lo nasconde, lasciando il terreno alla destra. Forse lo spazio per un vero ragionamento politico c’era… 

Non crede che si ha anche il riflesso condizionato a bollare come destra tutto ciò che non è governo. Ad esempio, quel che dice Bonomi è destra o è un grido di dolore dei produttori? Quando Draghi parla di debito buono e cattivo dice cose rigoriste o cose semplicemente giuste?

Se il discorso della sinistra finisce per non avere più rapporti con la realtà, l’unica strategia possibile che le resta diventa delegittimare chiunque dica che il re è nudo. E il re è drammaticamente nudo. 

Le chiedo, anche alla luce dei mutati rapporti di forza nella società italiana, con la Meloni in crescita. Quanto è ancora forte la leadership di Salvini o la destra nel paese è alla ricerca di una nuova offerta?

Secondo me Salvini resta forte, sia come consenso sia perché gli altri ne fanno un alibi. C’è una parte importante del paese che, in questo momento, si riconosce saldamente nel discorso sovranista – oltre il 40 per cento, se sommiamo Salvini e Meloni –, e che dice: questi sono gli unici che mi propongono una ricetta, o che quanto meno riconoscono le mie difficoltà. Veramente Gramsci è stato capovolto: se sono preoccupato per l’immigrazione, giuste o sbagliate che siano le mie ragioni, tutto quello che il Pd mi sa dire è che sono un razzista. Questi non solo non danno una risposta, ma neanche vogliono ascoltare la domanda. E questo è insopportabile per un elettore.

 

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