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mercoledì 24 giugno 2020

Huffingto Post - "Governate o sarà un autunno di licenziamenti". Intervista a Beppe Sala del PD.



Il sindaco di Milano "preoccupatissimo" perché "nel Governo non vedo un'idea di Paese. Ho suggerito a Conte un rimpasto"... "Gori non ha tutti i torti, ma ora un Congresso Pd non è una buona idea"... "Bonomi? Non è di destra".

Alessandro De AngelisViceDirettore
Sindaco Giuseppe Sala, lei condivide le critiche di Giorgio Gori a Nicola Zingaretti?
Ci sono degli elementi di verità in quello che dice Gori, concreti, su cui si può discutere. Non capisco il “modo”, nel senso che una proposta del genere, se non preparata e condivisa, rischia di essere dimenticata in pochi giorni.
Andiamo al dunque: serve un Congresso, per cambiare la segreteria?....

Non credo che in questo momento sia una buona idea cambiare il segretario del Pd. Non ha senso, non lo sentirebbero in primo luogo gli elettori. Il punto è un altro. Non vorrei rischiare di passare per una Cassandra, ma io vedo un autunno durissimo. Il Congresso non si organizza dall’oggi al domani, e non mi sembra una buona idea mettersi a fare una cosa del genere, mentre ci sarà un passaggio così delicato.
Autunno durissimo. Il Governo è seduto su una bomba sociale pronta a esplodere se non cambia passo?
Sì, c’è seduto il Governo e più in generale il Paese. Io sono molto preoccupato. In questo momento tutti i nodi sociali stanno venendo al pettine e noi stiamo rimandando il problema, ma arriveranno al dunque: il 17 agosto finisce il divieto di licenziare, la Cassa integrazione finisce, insomma a un certo punto ci sarà un limite. Io parlo con gli imprenditori, è facile intuire che stanno preparando dei piani di licenziamento significativi per l’autunno.
E a quel punto altro che Salvini, solo Dio sa quel che arriva.
Proprio così, solo Dio lo sa. Sa perché ho detto “basta con lo smart working”? Perché se tu imprenditore hai a casa tutta questa gente, ti chiedi: “Siamo sicuri che proprio non posso rinunciare a qualcuno in una situazione di calo dei profitti?”. È inevitabile. Vede, a me non convince l’idea di ridurre l’Iva. Non è che se tagli l’Iva di 4 punti corro a comprare una macchina o una camicia, l’idea che i consumi possano essere la panacea di tutti i mali è discutibile. Le ripeto, sono preoccupatissimo.
Paralisi, stallo, rinvio. Scelga lei il termine. Non c’è un solo dossier su cui si riesce a decidere.
Si, alcune questioni stanno lì da anni come Alitalia, sin dai tempi dei capitani coraggiosi. Altre sono più complesse come l’Ilva, su altre c’è un colpevole ritardo. Mi auguro che il Governo stia coltivando una idea di ricostruzione del paese che, al momento, non c’è o non è riuscito a esprimere. E questo è davvero un paradosso.
In che senso?
Il paradosso è che da un lato la politica non sembra essere in grado di essere centrale proprio nel momento in cui stanno per arrivare un sacco di soldi per la ricostruzione. Sarà finanziato lo Stato, non le imprese, e dunque è necessario che lo Stato, la politica, abbiano idee chiare, progetti, capacità realizzativa. Io credo molto all’idea del “Big State”, dello Stato centrale nei processi industriali.


Questa squadra di Governo le sembra all’altezza?
A Conte ho suggerito senza polemica di cambiare qualcuno. Lui dice di no, ma secondo me, lo dico con grande rispetto, sarà costretto a cambiare prima o poi.
Ha suggerito di cambiare qualcuno o le piacerebbe che cambiasse il Governo?
No, non vedo alternative. Per quante criticità ci siano non vedo alternative all’alleanza con i Cinque stelle.
Anche se non mi pare così “organica” come in parecchi speravano. Guardi le Regioni: l’opposizione è unita ovunque, la maggioranza è separata.
La situazione dei Cinque Stelle non è ancora definita. All’interno c’è un’anima di destra e una di sinistra, ci sono realtà territoriali dove prevale quella di sinistra tipo Torino e Milano e altre dove prevale la destra. C’è un travaglio in atto, parlando con Beppe Grillo avverto che si sta interrogando su quale sia il suo ruolo, avendo comunque una idea chiara sul posizionamento del Movimento.
Lei ha una consuetudine con Grillo?
Sì, ci diciamo come la pensiamo in modo sincero e disinteressato.
Torniamo alla questione del paese. Anche lei, come Bonomi, pensa che sia squadernata una questione settentrionale, intesa come rivolta dei ceti produttivi e incapacità della politica di rappresentarli?
Con Bonomi ho parlato più volte in queste settimane, lui sostiene di essere poco ascoltato dal Governo. Ho l’impressione che anche questa idea degli Stati Generali, con l’ascolto di tutti, abbia fatto sentire gli industriali una parte di tante. Forse avrebbero preferito un’interlocuzione più strutturata.
Per lei Bonomi esprime una cultura di destra, alternativa al sovranismo, o pone istanze legittime?
Ma no, gli industriali non sono né di destra né di sinistra. Credono nell’economia, nel profitto, nella crescita delle loro aziende. Il tema è che loro ritengono, anche giustamente, di essere il motore della ripresa e chiedono attenzione e misure concrete. E la politica a loro deve chiedere di essere partecipi del momento rispettando i diritti dei lavoratori.
Crede anche lei, come De Bortoli, che ci sia un clima anti-industriale e anti-settentrionale?
Un po’ sì. Ed è un po’ ingiustificato. Gliela dico così: è ripartito il campionato? Sì, ed è tornato più o meno tutto come prima: vince la Juve, il Napoli, l’Inter. Non riparte con valori stravolti. Il paese riparte solo se la Lombardia gioca un ruolo da protagonista. Non so se ho reso l’idea. Invece anche io ho letto in alcune reazioni un po’ di invidia e un certo compiacimento nel vedere colpita una Regione modello.
Le rigiro la questione. Non crede invece proprio che sul Covid si sia manifestato il default del modello lombardo? Non parlo solo di Fontana e della sanità regionale.  Ma proprio della crisi di un modello e di una mentalità: Milano non si ferma, Bergamo non si ferma. L’idea che il Pil sia sempre più forte della salute.
Non so se è il Pil o la nostra attitudine a essere ottimisti e positivi, a volte non rendendosi conto del fatto che non può essere così. Anche io, nella fase iniziale di fronte a un’ondata popolare, ho rilanciato “Milano non si ferma”. Non mi giustifico, ma fa parte della nostra natura.
Sta facendo un’autocritica?
Sì, ho sbagliato, dovevo non farmi trascinare. Ma non era il Pil, erano gli umori della gente che ha il “non fermarsi” proprio nell’indole.
A proposito: ha deciso se ricandidarsi o meno?
Entro fine settembre lo chiarirò. Non ho un “piano b” dal punto di vista politico, il punto è che dieci anni a tirare la carretta, tra Expo e primo mandato, sono duri, voglio interrogarmi sul fatto di essere la persona giusta. Se mi ricandido, lo faccio in discontinuità con me stesso, anche interpretando alcune sensibilità che non hanno casa in nessun partito, come per esempio quella ambientale.

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