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sabato 11 aprile 2020

x Huffington Post --Solo,... come noi!

Sergio

ANSA
Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana.

Un discorso che tocca la questione umana da italiano tra gli italiani. Icasticamente è inevitabile percepirlo come l’opposto di quello del premier del giorno prima. Un altro stile. La forza tranquilla della verità così diversa dal dito di un capo fazione


Asciutto, senza retorica, sincero anche nei capelli ancora disordinati come quelli di tutti in questo periodo. L’augurio che il capo dello Stato rivolge agli italiani ha una sua vis molta profonda, quella di un uomo del popolo capace di parlare al cuore del Paese, perché col Paese condivide preoccupazioni, ansie, solitudine. In quel “trascorrerò anche io la Pasqua da solo”, la prima della sua vita all’alba delle ottanta primavere, c’è una profonda empatia, rispetto, capacità di essere interprete di un sentire comune, perché di quel sentire è parte...

È un messaggio di auguri, volutamente privo di considerazioni politiche, ma denso di un senso politico nella misura in cui la politica è, innanzitutto, “connessione sentimentale” con la realtà. E nella misura in cui le istituzioni hanno il dovere della verità, senza l’ossessione di affidare alla comunicazione il ruolo di costruire una “narrazione” manipolatoria, proprio in un momento di straordinaria eccezionalità. La realtà sono i morti, le “storie spezzate”, gli “affetti strappati”, il “vuoto” lasciato nelle comunità lacerate, reso più acuto in giorni di “festa condivisa”. C’è in queste parole tutta la consapevolezza cruda, senza rassicurazioni di maniera e senza enfasi disfattista, della gravitas del momento, di quanto la strada sia ancora lunga e accidentata, e di che prova sia chiamato ad affrontare il paese. Perché è evidente, anche dalle cifre di oggi che indicano una ripresa dei contagi e un elevato numero dei decessi, che il quadro è ancora molto complesso, più complesso di ciò che in parecchi avevano previsto o auspicato, quando una Pasqua con quasi 20mila morti e 100mila contagi sembrava inimmaginabile. E occorre ancora uno straordinario sforzo incentrato sul rigore dei comportamenti per fronteggiare ancora l’emergenza sanitaria.
Dicevamo, un discorso che tocca la questione umana, da italiano tra gli italiani. Icasticamente, complice la successione temporale e la scia di polemiche che l’ha accompagnato, è inevitabile percepirlo come l’opposto di quello del premier del giorno prima. Un altro stile, che non è un tratto estetico, ma segna una profonda differenza nel rapporto col paese e col suo cuore. La forza tranquilla della verità così diversa dal dito di un capo fazione che indica un nemico, proprio nel momento in cui ha la responsabilità di tenere assieme il paese. La potenza della verità così diversa da un format che la manipola per dare un corpo a ciò che corpo non ha. Altro stile, appunto: un “uomo del popolo” che esprime, e nell’esprimere chiede, impegno, equilibrio, serietà di comportamento, rispetto agli “uomini del populismo”, da cui ancora si attende un discorso di verità, che non si misura con i sondaggi, e un orizzonte più lungo delle 24 ore in cui si consuma, tra rimozioni e trovate sceniche, la rappresentazione quotidiana.
È evidente che a Mattarella non piace quel che sta accadendo all’interno della politica, a cui aveva chiesto un’unità di fondo, intesa come comune assunzione di responsabilità in un momento in cui la posta in gioco è la stessa sopravvivenza del paese. In un momento come questo ricevere una telefonata come quella di Salvini, che stavolta tutti i torti non ha, significa che quell’auspicio è franato. E nessuno ci ha messo del suo più di tanto per evitarlo: un’opposizione che, nella distinzione dei ruoli, non fa la sua parte, un premier che, con quel dito accompagnato da un comizietto sul servizio pubblico, sembra più l’oppositore dell’opposizione che un leader impegnato a unire il Paese. Qualche altro presidente avrebbe già convocato tutti al Quirinale, per un richiamo alla serietà. Nelle modalità di Mattarella e nel modo con cui ha interpretato il settennato non c’è questo interventismo tuttavia, con un po’ di malizia suggerita dalla sequenza temporale, si può dire che la differenza di stile reca in sé un implicito messaggio di correzione di stile. Per chi vuole capire. Buona Pasqua.

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