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mercoledì 22 aprile 2020

Intervista al Senatore PD Luigi Zanda: "Conte ci dica dove stiamo andando". Intervista al Senatore PD Luigi Zanda



ViceDirettore Alessandro De Angelis
Senatore Zanda, ma lei ha capito, ascoltando Conte, quale sarà la posizione italiana sul Mes?
Ho ascoltato quello che Conte ha detto e cioè che sarebbe un torto respingere il Mes e concordo su questa posizione.
Detto a mezza bocca, dopo aver sostenuto il contrario il giorno prima. Sembra di assistere alla stessa prassi del governo gialloverde su deficit a Tav, si arriva a un punto in cui la propaganda si arena di fronte al principio di realtà.
Capisco, ma c’è bisogno di una premessa. Questo governo è nato per impedire le elezioni anticipate e per troncare le aspirazioni autoritarie di Salvini. Poi, all’improvviso, si è trovato a gestire la più grave crisi sanitaria, politica, economica e sociale degli ultimi 70 anni. Da questa premessa fa capire anche le differenze di opinioni di partiti che hanno visioni molto diverse e in qualche caso persino opposte....

Tra quelle opposte rientra appunto il Mes.
Il Pd crede nell’Europa e nei suoi strumenti senza alcun tentennamento mentre i Cinque stelle sull’Europa in un passato recente avevano opinioni molto distanti. E oggi hanno posizioni oscillanti. Io sono per una Europa federale e per gli Stati uniti d’Europa, non so se qualcuno tra i dirigenti del Movimento ha la mia stessa opinione.
Lei sta squadernando la questione di fondo. Un Parlamento di forze fantasma, come Renzi e i Cinque stelle, un presidente non eletto, una fragilità di fondo su questioni cruciali. Come si può gestire così una crisi di questo genere?
Se posso dirle, penso che in una crisi di questa violenza si deve lavorare per rafforzare il governo e non per indebolirlo. Guardi, io sono un senatore di maggioranza e il mio sostegno a Conte è fuori discussione. Ho apprezzato la relazione sulle misure adottate. E devo dire che il presidente Conte ha fatto anche bene ad essere evasivo sul Consiglio europeo perché, nella trattativa, deve avere libertà di movimento.
Però?
Quel che è mancato, ancora una volta, è l’esposizione al Parlamento e al paese della visione politica e strategica del futuro che ci aspetta. C’è una crisi spaventosa, stiamo adottando misure straordinarie, anche per l’economia, abbiamo una prospettiva di meno 15 per cento di Pil, è in atto una gigantesca diminuzione delle entrate fiscali, l’unica persona che ci può indicare la rotta è il presidente del Consiglio. È questa la richiesta che mi sento di avanzare: dire, in Parlamento, dove stiamo andando, se le misure eccezionali sono destinate a rimanere strutturali nel paese, se si è sbagliato quando si è detto “facciamo da soli”, quale sia l’idea di Europa.

Lei è uno dei pochi, sempre, a difendere la centralità del Parlamento. E a richiamare a una certa grammatica istituzionale. Diciamoci la verità, questa crisi lo ha svuotato del tutto. È “extraparlamentare” l’intera gestione, segnata dal disordine istituzionale e dal primato della comunicazione.
Non ci dobbiamo meravigliare della debolezza del Parlamento, che viene da lontano. Dall’abuso del meccanismo decreti legge-fiducia, poi la riduzione dei parlamentati per risparmiare 50 milioni l’anno, i vitalizi vissuti come furti, una contrapposizione chiara tra democrazia diretta e democrazia parlamentare, l’idea diffusa che un parlamentare dopo due o tre legislature sia da buttare, quando invece i più grandi parlamentari italiani, da Moro a Berlinguer, sono maturati attraverso una lunga presenza nelle istituzioni. E poi, diciamoci la verità: quando Salvini chiede i pieni poteri, cosa altro è se non la volontà di chiudere il Parlamento. È anche l’insieme di queste posizioni che ha portato alla situazione attuale, in cui i dpcm hanno preso il posto delle leggi in Parlamento.
Parliamoci chiaro: se Berlusconi fosse andato avanti per dpcm, senza Parlamento, attaccato le opposizioni in diretta sul servizio pubblico, fatto più dirette che Aula, sarebbe venuto giù il mondo. Oggi, chi avrebbe tirato giù il mondo, avalla. Siamo al doppio standard.
Durante il governo Berlusconi la Protezione civile ha governato per più di un anno con ordinanze speciali sul terremoto e nessuno dell’opposizione ha protestato. Poi a un certo punto le ordinanze sono state indirizzate non al terremoto ma ai grandi eventi. E lì c’è stata una protesta giusta. Ecco perché oggi è necessario che Conte dica al Parlamento che lo stato eccezionale e le misure adottate sono provvisorie e non tracimeranno nel nostro ordinamento per diventare permanenti.
C’è però un discorso più di fondo. Può essere questo il governo che, dopo l’emergenza, ricostruisce il paese?
Io questo non lo so, e vedo tutte le difficoltà della fase. Ma vedo anche quali pasticci ha combinato il governo inglese, quali pasticci ha combinato Trump, vedo le difficoltà spagnole, francesi e quindi prima di rispondere a una domanda come quella sulla idoneità del governo a gestire la ripresa, vorrei ascoltare il capo del governo che espone la sua visione del futuro del paese e attraverso quali misure vuole far risorgere l’Italia.
Scusi, ma se di deve convivere col virus, nel senso che si potrà lavorare, andare a scuola, tornare a ristorante, perché non si può votare col virus, magari a due metri di distanza, e scegliere il governo che ricostruisce l’Italia?
Io sostengo questo governo. E dico che se dovesse cadere l’unica alternativa sono le elezioni. Altre strade non ci sono.
Vorrei chiederle un giudizio sulle modalità di gestione di questa crisi: la cessione di sovranità ai tecnici, una cabina di regia a ogni problema, l’assenza di un disegno di insieme che rischia di alimentare spinte corporative. Non crede che siamo già in processo di default della politica?
Default no, dico che in questa fase ci sono stati molti momenti stonati e troppi protagonisti. Vale anche per gli scienziati: troppe interviste per un dibattito che dovrebbe invece rimanere all’interno dei laboratori. La politica ha fatto l’errore di discutere sui giornali e in sostanza di chiudere il  Parlamento. E poi troppo uso dei social, lo dico anche al premier: meno facebook e più riflessione in Parlamento.
Stiamo ancora sulle task force.
Sì, concordo, troppi comitati, troppe commissioni, mi è tornato alla mente un vecchio insegnamento. Lei se lo ricorda? Diceva: quando qualcuno non sa risolvere un problema, crea una commissione. Ecco, tutte queste distonie vanno lette nell’ambito di un tremendo fattore sorpresa di una epidemia mortale che è arrivata in modo inaspettato.
Non teme che siano proprio queste incertezze a favorire la destra? La destra si argina con le decisioni, con una visione, o con le chiacchiere nei comitati?
Una visione è necessaria per il paese, innanzitutto. Personalmente vedo Salvini in grandissima difficoltà. Ho ascoltato interventi in Aula senza nessuno spessore, come se si trovasse spaesato lontano dal Viminale. E penso anche che l’opinione pubblica si renda conto che il problema è molto serio e non si può lasciare il governo a persone che pensano che il virus si possa fermare con un decreto del ministro dell’Interno Salvini.

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