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venerdì 20 marzo 2020

Maurizio Blondet - BERGAMO E FAKE. Quanti dei morti hanno ricevuto l’anti-influenzale?

La fila di autocarri militari che attraversano il centro di Bergamo, a passo d’uomo, fari accesi  – “E’  l’esercito  che porta via le salme per  cremarle in altri crematori”, annuncia un giornalista, con  la voce rotta; asseriscono i giornali e le tv;  e nessuno si chiede:  quanti sono?  Un autocarro per ogni bergamasco morto di  coronavirus?  in ciascuno ce ne sono tanti? non bastava un  camion per tutti? E Bergamo non ha forse un cimitero  per seppellirli?
Si tratta di una lugubre finzione cinematografica di propaganda nera, ovviamente fatta apposta per  spargere il terrore. Basterebbe  riflettere  che mai, nelle stragi che hanno punteggiato la nostra storia, s’è mai adottata una simile scenografia militar- apocalittica: né per i morti del Vajont néper Ustica, e nemmeno per le stragi politiche di Bologna e di Piazza della Loggia a Brescia, che si sarebbero prestate meglio  all’esibizione stentorea delle bare.
L’indecente falsificazione giornalistica  pro-terrore è giunta a questo: che ha presentato come di Bergamo la fila di bare del naufragio di lampedusa  dove morirono 360  migranti, nel 2013:...

Bergamo? no
Lampedusa 2013

Ma l’effetto, mi dicono, c’è stato.  La gente comune anziana che vive in Italia con la tv accesa tutto il giorno  anche in tempi normali,  oggi che nemmeno può uscire, inoperosa, per ore,  subite l’incessante propaganda. Non si parla che di virus  e di macchine che mancano;  che i medici dovranno fare presto la scelta di chi lasciar morire; non c’è modo di vedere e sentire altro,  non altro che film dell’orrore e di catastrofi:  la tv ha creato un tunnel nero in cui ha attratto i vecchi chiusi in casa, con la paura di morire  di vecchi senza speranza soprannaturale, che è vero terrore, angoscia e disperazione.
Resta il numero incredibilmente alto dei colpiti nella Bergamasca,e  della particolare gravità con cui si presenta qui. Ora,persino lettori non particolarmente complottisti si domandano se esso non da mettere in relazione con la  impetuosa campagna di vaccinazioni che la giunta comunale, e la Regione, hanno applicato  “a tappeto”  (parole loro)  agli anziani  di Bergamo e  Brescia  poche settimane prima dell’esplodere dell’epidemia.
Due  sono state le campagne: una  prima  per stroncare un focolaio di meningite, oggettivamente preoccupante.
Dal 24 dicembre fino a gennaio, quasi  34mila persone sono state vaccinate in poche settimane contro il Meningocco C, “con punte del 70% del target previsto”.  “Nei Comuni della provincia di Bergamo interessati dal piano straordinario – ha detto l’assessore regionale  Gallera – hanno fatto  la vaccinazione 21.331 cittadini, di cui 1680 studenti direttamente nelle scuole e 2414 lavoratori nelle loro aziende. Ben 40 medici di base del territorio hanno aderito a questa operazione senza precedenti, attraverso la chiamata proattiva dei propri assistiti. Nel bresciano invece, i vaccinati attraverso gli ambulatori speciali sono stati 9200, a cui si aggiungono 1700 persone a cura dei Medici di base e dei pediatri di libera scelta, 1000 studenti e 300 lavoratori in azienda, per un totale di 12.200 cittadini”.
Prima, da novembre 2019,  c’era stata la vaccinazione anti-influenzale, ancor più di massa.
Specialmente dedicata agli assistiti oltre i 65 anni, ma applicata largamente anche a bambini e adulti appartenenti a “categoria a rischio”  . Se l’anno precedente la ASt di Bergamo aveva   acquistato 154 mila dosi e ne aveva somministrate 141 mila, di cui “circa 129 mila a soggetti di età oltre i 65, con una copertura vaccinale oltre il 56%,  quest’anno  sono state ordinate 185 mila dosi”, disse il  dottor Giancarlo Malchiodi, Direttore UOC Medicina Preventiva nelle Comunità, Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria, ATS di Bergamo.
Quasi il  70 per cento erano cardiopatici gravi.
Sicuramente con la migliore intenzione, di proteggere i vecchi “fragili” (come si dice adesso) dalle complicazioni gravi  dell’influenza.

Vaccino antio-influenza aumenta del 36% il rischio di coronavirus

Il guaio è che uno studio condotto fra oltre reduci militari americani invalidi e anziani, relativi alla stagione influenzale 2017-18, ha mostrato che  la vaccinazione anti-influenzale aumenta il rischio di essere infettati dal coronavirus del 36%:  ciò, a causa di un fenomeno imprevisto di interferenza virale. “Le persone vaccinate vedono aumentare il rischio di altri virus respiratori perché non hanno acquisito  l’immunità genetica, non specifica, verso  gli altri virus” ambientali  nella stagione influenzale.
(Qui la fonte:
Un risultato  scientifico sorprendente, che  dovrebbe dare lo spunto ad una  ricerca italiana: quanti delle centinaia di vecchi  “fragili”  uccisi dal coronavirus tra Bergamo e  Brescia, avevano ricevuto la vaccinazione influenzale?  Uno studio che  non verrà attuato, perché porterebbe argomenti a favore dei demoniaci “No-Vax”, ossia delle famiglie  che resistono a far iniettare ai loro figli piccoli  le dozzine di vaccinazioni  prescritte  da loschi programmi di Stato dettato dalle farmaceutiche, e  denunciano  i casi di autismo, quando non di morte improvvisa dei  lattanti vaccinati . L’ideologia progressista ha preso possesso del tema dei vaccini, facendone uno degli argomenti vietati, tabù ed espulsi dalla discussione pubblica.
Le tv che  dedicano le ore al terrorismo  dettato dal governo, dunque, non porteranno questa informazione.  Ai miei  conoscenti anziani,  angosciati, vorrei somministrare un vaccino anti-giornalismo tv: spegnere. So che non lo seguirebbero,  e rimangono vittime della suggestione psichica diretta contro di loro.
Come volevasi dimostrare…
Un amico mi scrive: “Non è strano che le reti televisive continuino a trasmettere film del genere thriller, horror, e soprattutto catastrofisti (fine del mondo eccetera?). Stasera new ho visti due, uno su Rai e uno su Mediaset. Non sarebbero meglio programmi leggeri e film comici per allietare la gente? Non è che si vuole aumentare appositamente ansia, angoscia, turbamento fra  la popolazione? Un altro elemento che porta a pensare a un immenso piano di destabilizzazione – e conseguenti misure  totalitarie”.
Ebbene, è qualcosa che notai, e mi stupì, quando fui inviato in Libano durante la  guerra del 1989. Erano gli ultimi giorni del governo de generale Michel Aoun, assediato nel palazzo Baabda, attaccato dai siriani (allora sostenuti da Washington) e dai “cristiani” ribelli di Geagea;   Beirut era divisa in due  da un linea di trincee e fili spinati, carri armati; ogni fazione, i palestinesi, i drusi, gli sciiti, erano in guerra contro le altre; ognuna aveva armati ed autoblinde.
Ebbene: di notte, la tv che tenevo sempre accesa per aver notizie, trasmetteva film di guerra. Continuamente, solo di guerra, e di una violenza così inaudita, ragionai, che sarebbe stato impossibile proporli, che so, su Rai o Mediaset. In quelle ore Aoun non aveva certo il controllo della tv  di stato. Chi li trasmetteva, e perché?  C’era una regia che produceva film inguardabili apposta per zone di guerra?
1989. Il generale Aoun, a destra, nel palazzo danneggiato.

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