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domenica 9 febbraio 2020

x Huffington Post - Gian Domenico Caiazza: "Il lodo Conte bis sulla prescrizione? Incomprensibile. Bisogna abrogare la riforma Bonafede"

Gian Domenico Caiazza, presidente dell'Unione delle camere penali

Il presidente delle Camere penali all'Huffpost: "Dov'è la mediazione? È un delirio. Distinguere tra assolti e condannati è incostituzionale. I 3/4 delle prescrizioni maturano prima della sentenza di primo grado. Perché non si interviene in quella fase?".



x Huffington Post  -  By Federica Olivo

"Avete presente la tessera punti che danno al supermercato? Ecco, una cosa del genere”. È il ritratto, impietoso, che l’avvocato Gian Domenico Caiazza ha fatto in un recente intervento del lodo Conte bis. Il meccanismo farraginoso messo a punto da Pd, M5s e LeU per modificare la riforma Bonafede sulla prescrizione è considerato “una soluzione incomprensibile” dal presidente dell’Unione delle camere penali italiane: “Certamente non esiste nulla di analogo sulla faccia della terra. Dicono sia stata fatta una mediazione, ma non mi pare sia così. Non si rimedia al danno che subisce l’imputato condannato in primo grado, costretto ad attendere per chissà quanto tempo il processo d’appello”, spiega ad HuffPost. Per Caiazza l’unica strada praticabile è l’abrogazione, o almeno la sospensione, della riforma voluta dai 5 stelle ed entrata in vigore il 1 gennaio del 2020. E a chi sostiene che con la prescrizione c’è il rischio di impunità risponde: “La maggior parte delle prescrizioni matura prima del processo di primo grado. Perché non si interviene in quella fase?”...


Avvocato, l’accordo tra Pd, M5s e LeU è stato sbandierato come una mediazione che supera la riforma Bonafede. Per lei è un sistema simile alla “tessera - punti” del supermercato. Ci spiega perché?
Considero la soluzione trovata addirittura incomprensibile. Prevede un’interruzione, che poi sarebbe un’eliminazione, della prescrizione già dopo il primo grado, limitandola però alle sentenze di condanna. Ciò significa che l’imputato condannato che fa appello sarebbe costretto ad aspettare un tempo indeterminato prima del giudizio successivo. È come dire “non c’è più fretta”. Se poi si arriva a celebrare l’appello, quale sarebbe la grande novità? Che se si è assolti, viene la riconosciuta la prescrizione in maniera retroattiva (se si è condannati di nuovo, invece, lo stop è definitivo, ndr). Ecco, è come riempire una tessera punti al supermercato. Cosa me ne faccio della prescrizione se sono stato assolto? Questo riconoscimento potrebbe servire solo nei casi, marginali, di ricorso in Cassazione del procuratore generale contro la decisione del giudice che ha assolto. A questo punto il pg dovrebbe farsi i calcoli per valutare se andare avanti o no. È un sistema che non esiste da nessun’altra parte sulla faccia della terra. Noi manteniamo ferma la nostra posizione di critica.
Il Pd sostiene che con questo accordo il Movimento 5 stelle ha rinunciato alla maggior parte delle sue pretese. Ma secondo lei è così? Gli effetti sarebbero davvero così diversi da quelli della riforma Bonafede?
Io mi chiedo: che mediazione è? In che modo rimedia ai danni fatti dalla norma entrata in vigore il primo gennaio? Se si fosse stabilito, come sembrava in un primo momento, che lo stop iniziava a decorrere dopo la doppia condanna, avrebbe forse avuto un senso. Ma così è un delirio. Anche perché interrompendo la prescrizione solo per gli assolti si potrà produrre l’effetto, paradossale, che saranno fissati rapidamente gli appelli dei pm contro le assoluzioni, mentre quelli contro le condanne andranno in coda.
Un meccanismo molto farraginoso, che mantiene - come ipotizzato nel primo lodo Conte - la differenza tra assolti e condannati. Sorgono dubbi di costituzionalità?
Esatto, e questo non lo abbiamo detto solo noi. Già il fatto che il condannato sarebbe costretto ad aspettare un tempo illimitato prima di arrivare all’appello vìola il principio della ragionevole durata del processo. La condanna non definitiva non può costituire presupposto per un affievolimento del principio di non colpevolezza. Una sentenza può essere anche sbagliata. Non vedo poi perché un condannato in primo grado debba essere considerato un soggetto con diritti minorati. Per questo ritengo la proposta di sicuro sapore incostituzionale.
È da tempo che le Camere penali si battono contro la nuova prescrizione targata Bonafede, ma anche le soluzioni prospettate nelle ultime settimane dalla maggioranza non vi soddisfano. Come superare allora la riforma?
Abrogandola, semplicemente. O almeno sospendendola fino a quando non si arrivi a una legge che accorcia effettivamente i tempi del processo. Vorrei ricordare, inoltre, che la riforma Orlando (entrata in vigore nel 2017, ndr) allungava già i tempi di prescrizione, in maniera secondo noi eccessiva. Per un reato di medio allarme sociale con quel meccanismo la prescrizione non sarebbe arrivata prima dei quindici anni. Ecco perché, a maggior ragione, dico che non c’era bisogno di intervenire sulla materia oggi. Se in quindici anni lo Stato non è in grado di definire la posizione di un cittadino, ha il dovere di rinunciare alla potestà punitiva. Vede, l’istituto di cui parliamo è un principio fondamentale del pensiero giuridico moderno. C’è poi un concetto che va sottolineato.
Quale?
Solo un paese impazzito può pensare che la prescrizione sia stata inventata, non so, da Berlusconi ad esempio. L’idea da cui nasce questo istituto è che non è possibile immaginare che il cittadino rimanga in balìa della giustizia penale a tempo indeterminato. Chi sostiene quest’ultima tesi, malsana, ritiene il cittadino un suddito e lo Stato un monarca assoluto che decide della vita e della morte delle persone utilizzando tutto il tempo che vuole.
Chi sostiene lo stop alla prescrizione dice, però, che in questo modo non ci saranno più colpevoli impuniti.
A parte il fatto che, ribadisco, con la riforma Orlando gli impuniti per prescrizione non sono più tecnicamente possibili, tranne quando passano un numero di anni per i quali è doveroso che il fatto si prescriva, c’è un dato che va ricordato. Il fenomeno di cui parliamo riguarda 120mila procedimenti l’anno ma, attenzione, per tre quarti di questi la prescrizione arriva in un momento antecedente al giudizio di primo grado. Quindi intanto la riforma incide su un quarto del fenomeno. Perché nessuno considera un problema quel 75% dei prescrizioni? Se la questione è di principio dovrebbe valere anche durante le indagini preliminari. Una fase in cui, peraltro, gli avvocati non c’entrano nulla. Insomma, qui il problema non è l’impunità, ma è il carico di fascicoli nelle procure.
A proposito del ruolo dei legali, cosa risponde alle allusioni fatte da chi - come Piercamillo Davigo - sostiene che gli avvocati spesso impugnano solo per dilatare i tempi del processo?
Ancora una volta si dimostra che tutto questo battage propagandistico sulla prescrizione altro non è che un pretesto per ridurre le garanzie difensive. Si sposta il discorso sulle impugnazioni, ma stando ai numeri di cui parlavo prima - che sono del ministero della Giustizia - è chiaro che queste non c’entrano nulla. In secondo luogo, vorrei far notare che quasi il 40% delle sentenze viene modificato - non necessariamente ribaltato - in Appello. Allora impugnare è necessario.
Domani dovrebbe andare in cdm la tanto annunciata riforma del processo penale. Le anticipazioni che circolano la convincono?
Noi abbiamo collaborato al tavolo del ministro, con l’Anm, per mesi. Bonafede ha utilizzato buona parte del materiale che è venuto fuori dal confronto. Purtroppo però, poi, ha inserito una serie di cose che consideriamo inaccettabili e pericolosissime dal punto di vista delle garanzie.
Qualche esempio?
Le norme che riguardano l’utilizzabilità degli atti in dibattimento qualora cambiasse la formazione del collegio, o quelle che rafforzano i criteri discrezionali delle procure nelle scelte di priorità dei fascicoli. Insomma, elementi che tendono ad indebolire il principio della formazione della prova in contraddittorio delle parti. E il nostro impegno si concentrerà a contrastare questi punti, se dovessimo ancora essere chiamati a fare da interlocutori.

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