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venerdì 25 ottobre 2019

x huffingtonPost di Alessandro De Angelis -- La macchina della verità umbra

NARNI, ITALY - OCTOBER 25: Italian Minister of Health Roberto Speranza(L), General Secretary of Democratic...

ANTONIO MASIELLO VIA GETTY IMAGES
NARNI, ITALY - OCTOBER 25: Italian Minister of Health Roberto Speranza(L), General Secretary of Democratic Party (PD) Nicola Zingaretti, Italian Minister of Foreign Affairs Luigi Di Maio and Italian Prime Minister Giuseppe Conte(R) attend the press conference to present the budget maneuver, on October 25, 2019 in Narni, Italy. (Photo by Antonio Masiello/Getty Images)
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La macchina della verità umbra

La prima foto dell'era giallorossa è una novità politica ma anche un azzardo. C’è un numero che testerà la tenuta dell’esperimento, ed è “quota 39”

A voler essere un po’ pedanti, verrebbe da dire che, se questo doveva essere l’esito, inevitabile secondo la logica, tanto valeva scattare la foto di Narni qualche settimana prima, e non all’ultimo momento. Magari conducendo una campagna più unitaria e appassionata, sin dall’inizio: se c’è un candidato comune e una sfida comune, logica dice che non hanno senso campagne separate. Anche perché l’impatto del risultato sarà comune, nel senso che riguarderà l’alleanza nel suo complesso, al suo primo test nel paese reale. C’è poco da fare, ogni voto è sempre un voto politico, come si insegnava ai tempi in cui la politica era razionale. In fondo è quel che con grande generosità ha sostenuto, sin dall’inizio, il segretario del Pd cresciuto in un partito (molto serio) in cui si discuteva per giorni anche della sconfitta a Castellammare di Stabia. E cioè che “le battaglie giuste si combattono tutte”, anche quando è complicato vincerle e il leader, se sono tali, non possono sottrarsi. Gli altri, forse per un deficit formativo, si sono svegliati tardi, evidentemente solo dopo che le ultime rilevazioni hanno suggerito di andare a caccia di indecisi, chissà....
Sia come sia, la foto c’è, dopo che il premier, nei giorni scorsi, aveva banalizzato l’appuntamento elettorale paragonando l’Umbria, per numero di abitanti, alla provincia di Lecce. Un modo, non particolarmente felice, per sostenere che l’esito del voto sarebbe stato irrilevante...
. E non è banale il fatto che quella foto sia, in assoluto, la prima immagine con tutti i leader (tranne Renzi, ma su questo torneremo), dalla nascita del governo gialloverde, finora accompagnata da una certa timidezza nel mostrarsi assieme rispetto alla disinibita e ostentata complicità tra Salvini e Di Maio, nella precedente esperienza.
Ecco, l’evento di Narni è una novità politica, anche se vissuta con accenti diversi, parole diverse, sorrisi e posture diverse: con grande slancio da parte di Nicola Zingaretti e Roberto Speranza, più convinti della necessità di trasformare questa alleanza in una compiuta coalizione politica, con malcelato distacco da parte di Luigi Di Maio, piuttosto imbronciato nei panni del “frenatore” di questa prospettiva e freddino con Conte, con compiacimento dal premier perché pensa che la costruzione della sua leadership passa per la “politicizzazione” dell’alleanza e non più per il suo essere “terzo”. E, nell’evento odierno, non è secondaria neanche la coesione mostrata sulla manovra, soprattutto dopo spettacolo dell’ultima settimana, con una approvazione “salvo intese” e una riscrittura dopo pochi giorni a causa della tensione tutta interna al Movimento, tra il capo politico e l’inquilino di palazzo Chigi. Se alle parole seguiranno comportamenti conseguenti, dovremo aspettarci, in Parlamento, un percorso più lineare rispetto a quello vissuto finora.
Proprio nel timing dell’ultimo momento e nella sua estemporaneità c’è tuttavia una buona dose d’azzardo. Parliamoci chiaro: più che il “chi”, nelle elezioni di domenica, conterà il “come” perché la vittoria di Salvini sembra essere piuttosto scontata. E non solo per il modo in cui si è andati al voto, dopo che la giunta del Pd è stata travolta dagli scandali. Ma per un trend di lungo periodo. Già nel 2014 quando la Lega non era a due cifre, il centrodestra perse per soli 13mila voti, poi negli anni successivi ha conquistato tutte le roccaforti urbane, da Perugia a Terni, da Orvieto a Todi e adesso governa due terzi di comuni locali. Una vittoria della coalizione Pd-M5s sarebbe, in questo quadro, pressoché un miracolo. Il rischio è che l’esito elettorale possa sporcare l’immagine unitaria costruita l’ultimo giorno o, peggio, di colpirlo al cuore. Dipende dal “come”.
C’è un numero che, domenica notte, testerà la tenuta dell’esperimento, ed è “quota 39”, ovvero la somma dei voti raccolti alle Europee dal Pd (25 per cento) e dal Movimento (14 per cento, ben lontano dai fasti delle politiche). È in questa macchina della verità che ciò che oggi appare come un retropensiero malizioso diventerà dinamica politica. La non presenza di Renzi (o dei suoi) a Narni è un modo per differenziarsi dalla sconfitta e nella sconfitta, separando la collaborazione di governo dall’alleanza strategica Pd-Cinque stelle, come ha spiegato alla Leopolda. E c’è il rischio che un esito non entusiasmante del Movimento possa dar fiato alle trombe di coloro che questo abbraccio col Pd l’hanno subito e vogliono un ruolo più autonomo, secondo uno schema speculare a quello di Renzi per cui un conto è il governo altro è la costruzione di una alleanza politica. Non è un dettaglio che l’accelerazione, proprio all’ultimo giorno, per scattare una foto tutti assieme sia arrivata proprio da Luigi Di Maio, il più riottoso. È lui che ha fatto in modo che Conte ci mettesse la faccia, dopo esserne stato alla larga. Inevitabilmente anche il premier starà dentro il risultato, non “terzo” rispetto alla sconfitta. Ecco, il rischio è questo.

 
 
 
 
 

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