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sabato 16 febbraio 2019

Maurizio Blondet - Ci mancava solo una guerra civile. Magari ce la regaliamo.

Ci mancava solo una  guerra  civile. Magari ce la regaliamo.

Calma, non ci sarà nessuna “secessione dei ricchi”, nessuno “Spacchitalia”, nessuna autonomia delle regioni del Nord.  Se c’era un tentativo, è già stato bloccato.  Ma soprattutto perché cosa volete che faccia questo  governo? Non è  riuscito a  togliere ai Beneton il losco affare delle autostrade. Nemmeno a cambiare  un nome a Bankitalia, hanno solo abbaiato facendosi nemico il potente che hanno osato criticare e resta al suo posto anzi è promosso.  Ormai dobbiamo saperlo: questo governo abbaia e non morde. Ha abbaiato alla UE e poi si è piegato.   A Draghi. A Mattarella. Si è fatto insultare all’europarlamento.      Ha  strillato le sue sfide –  irritando e preavvertendo gli avversari  delle sue mosse,  quindi preparandoli  a schiacciarlo –   per poi mettersi in riga,  secondo ordina  il Quirinale. Non usa nemmeno la maggioranza parlamentare per cambiare l’obbligo del deficit 3  per cento, nemmeno per modificare il sistema delle aste pubbliche. Non decide una sola opera, una sola infrastruttura da rinnovare – tutto bloccato dal primitivismo  grillino decrescitista.  Solo urla e grida, poi l’obbedienza.   Hanno fatto credere a un programma, ma ne avevano un altro – o nessuno.  Da quando Savona è stato mandato  via (a proposito: perché l’avevate  chiamato?), è chiaro che il  governo, essenzialmente 5 Stelle, esegue autisticamente    il programma di decrescita e de-industrializzazione che completerà  la rovina economica. Sotto il  controllo di Mattarella, di Bruxelles e di Draghi...

Caltagirone è allarmatissimo
Patrioti, improvvisamente.
Quindi non avverrà nessuna autonomia regionale.  Mattarella non permetterà mai che si assottiglino  i miliardi che vanno  –  più che al Sud – a Roma e la ingrassano di stipendi statali giganteschi (minimo 4 mila al mese dei commessi del Parlamento di prima nomina) per i i figli e nipoti di lorsignori, che sono tutti a posto e in carriera.   Ma è stato interessante aver sentito i toni dei governatori, dei giornalisti, dei  politici, dei comuni cittadini del Sud. Toni da guerra civile. Rabbiosi.  Pronti a prendere le armi  per schiacciare la secessione.  E’ bello vedere che hanno trovato finalmente una causa,  odiare i lombardi e i veneti.   Esprimere un rigurgito di rancore  e  avversione per  lombardi e veneti unendoli nell’odio.  De Luca, governatore della Campania: “Pronti a tutto per bloccare l’autonomia- siamo pronti alla Corte Costituzionale, alla mobilitazione sociale, alla lotta”…”e  inoltre:  “Lo spirito che abbiamo è di un nuovo Risorgimento se vanno avanti spinte destinate a disgregare l’unità del Paese”.  Ma come, dopo aver detto e raccontato  che del Risorgimento il Sud è stato vittima  sfruttata all’osso,  ne diventano difensori.
Calma, neo-patrioti;  calma, neo-risorgimentali pronti alla lotta (complimenti per l’energia, finalmente) .
La secessione è immaginaria, ma la violenza delle reazioni è concreta, reale.  Rabbiosa.  Piena di odio vero.  Delirante  a volte.
Non voglio polemizzare. Ma se Pino Aprile ha ragione; se davvero “lo Stato italiano dà al Sud 85 miliardi in  meno che al Nord , e 6 miliardi di meno all’anno  di investimenti”, se  “a Matera aspettano ancora il treno, e in Sicilia   ci  vogliono 14 ore”, allora è il Sud che deve  esigere di staccarsi dal Nord che  lo sfrutta; perché allora si terrà i miliardi che oggi  esso, dissanguandosi, versa  a Lombardia, Veneto, Piemonte….perché non lo fa?  Perché non fate voi la secessione, ed in fretta?
Delirante anche  Lucio Caracciolo: “Al nord italia si dimentica che il mercato meridionale vale il triplo delle esportazioni del nord nei paesi UE.” Come se  dopo l’autonomia di Lombardia a Veneto, essi  smettessero di “esportare” al  Sud; o vuol dire che il Sud si servirà presso altri fornitori? Quali? In  ogni caso, sarebbe bene che lo facesse, così avrà il suo riscatto dal Nord sfruttatore. Lo faccia. Importi direttamente dalla  Germania, dalla Francia…o   dal Marocco.
Sono deliri, perché rivelano un’impressionante ignoranza di  economia,  un’assoluta mancanza di cultura  economica e industriale. Se Matera aspetta ancora il treno da un secolo, è perché Matera non produce ed “esporta” (né importa) abbastanza beni o servizi (turismo?) da giustificare economicamente una linea ferroviaria. II Ponte di Messina non è stato realizzato, per la semplice e  triste ragione che  la Sicilia non produce  merci  e beni, o servizi  (turismo) in volumi tali da giustificare l’investimento. Basta qualche traghetto.  E  parlare dei miliardi che “lo Stato” darebbe “in meno” al Sud, è semplicemente demenziale; sono  investimenti   necessari alla produzione industriale – se “lo Stato”  li rovesciasse sul Sud, distruggerebbe le eccellenze produttive del Nord  (di cui anche il Sud beneficia, con i trasferimenti dalle regioni “ricche”) e  sarebbero un puro spreco –  anzi  un  altro regalo alle cinque mafie regionali, perché non ci sono industrie  – né le mafie, benché miliardarie, danno segno di saper gestire, che so, il turismo, come Cosa Nostra seppe gestire Las Vegas. Avessero fatto almeno quello, il Sud sarebbe una fonte di reddito, non una pompa idrovora di redditi altrui.
Ma comunque tranquilli, meridionali armati, non  succederà quello che temete. Resta solo qualche filosofica considerazione da fare, a futura  memoria,   per gli storici che  si chiederanno come mai  in Italia le cose andarono selvaggiamente e  gli italiani persero l’occasione storica del governo “sovranista” per sgozzarsi in una guerra civile.

Quando la  Lega  diventa partito “nazionale”  –  il M5S  si fa  meridionale.

Vedranno che mentre Lega, da partito “del Nord” e potenzialmente secessionista (a parole, calma….), era diventato  un – anzi,   “il” partito nazionale –  il 5 Stelle s’era sempre più vestito e travestito da Partito del Sud. Identificandosi, e promuovendo apertamente, i peggiori difetti storici e tipici del Sud, persino in modo caricaturale:   la “decrescita felice” come velleità di sostituire l’Ilva con la coltivazione delle cozze,   il reddito di cittadinanza come   speranza di campare   nell’irrealismo assistito, la deindustrializzazone di un Sud già privo di industrie,  fino all’adesione al secessionismo interiore del “pezzente gran-signore” che ho tratteggiato in un articolo precedente: gente che si vanta di risparmiare 90 milioni coi tagli ai parlamentari, e poi non si fa scrupolo di spendere dieci miliardi non per i poveri da sollevare, ma per pagare le  penali alle petrolifere  per  il blocco delle piattaforme, o ai francesi per il blocco della Tav.
Il movimento grillino è diventato in tutto e per tutto una “Lega Sud” mentre la Lega cessava di essere “Nord”.
Marcello Veneziani (che è pugliese) constata disperato   la deriva di questa Lega Sud, identificandola nel velleitarismo irrealistico:
“La rivoluzione a volte è necessaria, ma deve avere idee e uomini alternativi al potere in carica. E invece i grillini non hanno né le une né gli altri. Hanno poche idee e sbagliate, che poi idee non sono ma velleità, propositi irrealizzabili e grossolani. E sul piano degli uomini non hanno nessuno con cui sostituire i potentati dopo il repulisti; e si vede ogni giorno. Sono un grumo di no, un cassonetto di rifiuti, una pesca random per le nomine, più l’assalto ai forni come fonte di reddito per i poveri. Così non fanno nessuna rivoluzione, ma si limitano solo a sfasciare l’assetto preesistente”
Il secessionismo interiore  dei  grillini si è manifestato nella volontà di imporre al Nord, come ricetta unica e senza adattamenti alla situazione industriale specifica, né al clima morale vigente qui, i  loro programmi: decrescita, nessun investimento in infrastrutture, assegno assistenziale –  tutto ciò che nel Nord viene vissuto come un ostacolo  gravissimo alle necessità di competizione produttiva, che aggrava un tessuto industrial già depauperato de  20% dalla crisi  austeritaria indotta da Berlino,  un inceppo che  condanna al sottosviluppo un’area che riesce ancora a battersi vittoriosamente nei ceppi dell’euro – e il cui declino farebbe male anche al Sud, ovviamente, perché assottiglierebbe gli introiti fiscali e i trasferimenti   – ed è incredibile che  non lo si voglia capire, ma è la psicologia da “pezzente gran-signore” che non ha i centesimi, ma dilapida i miliardi.
Occorre ricordare perché si sono uniti in un contratto improbabile due partiti così diversi,  con due mentalità opposte e  persino estranee l’una all’altra?   Per liberarsi dall’UE, o almeno così credevamo.  Per questo lo abbiamo salutato come il miglior governo possibile.   Come in un CLN , una volta  riconquistatala libertà, i due partiti sarebbero tornati ad opporsi  – in un paese sovrano.

Quale interesse nazionale? Ne abbiamo tre

Annullato questo programma – o mai esistito – è inevitabile che il tema della “secessione” si sia posto. Al Sud non meno che al Nod, se i grillini volevano la chiusura dell’Ilva e  il suo rimpiazzo coi mitili, senza considerare che altri concittadini, a Nord, avevano bisogno dell’acciaio nazionale e di quelle competenze industriali.
In pochi mesi, abbiamo constatato che non esiste un’Italia, ma ne esistono tre o quattro. Lo dimostrano le concezioni assolutamente contrastanti di quel che si  chiama “interesse nazionale”: sul Venezuela le posizioni dei grillini  sono contrarie a quelle di Salvini, e così sulla Tav, sul gasdotto, sulle piattaforme nel Mediterraneo.  Tolto il solo vero motivo unificante, la mancanza di una visione politica comune è venuta  in primo piano.
Niente di male. Lo sappiamo da sempre che l’Italia non è una, che è stata unita a forza  – sotto una dinastia che non parlava italiano –  dalle stesse massonerie che unirono (a forza) serbi, croati e  sloveni – e che la patria è morta l’8 settembre del ’43.   Quando  non si è d’accordo su cosa sia  l’interesse nazionale, la sola cosa ragionevole è separarsi. Come hanno fatto  i flemmatici cechi e slovacchi, se possibile,ossia  senza   spararsi addosso. O sennò sparandosi, come servi e croati.
Meglio di questa marcescenza  e litigio parlato  e rissa urlata ma senza fatti, con cui ci  sfiniscono come cittadini, mentre ci lasciano in balia della terza   pseudo-nazione emergente con tanta evidenza dal 4 marzo, quella che  ha un altro – terzo  –  “interesse nazionale”: quelli che si mettono al servizio della UE. Quelli che hanno approvato l’insulto  e   l’umiliazione di Verhofstadt – quelli per cui l’interesse nazionale è servire i Verhofstadt e  il futuro banchiere centrale  che sarà un tedesco o un lettone   e ci imporrà più austerità e  disoccupazione.
Verhofstadt ci ha deriso  per il  motivo enunciato nel nostro inno erroneamente detto nazionale: Perché non siam popolo, perché siam divisi”. Quelli  del terzo interesse nazionale sono ovviamente i più forti. Hanno il Colle, la Banca, il deep state, hanno l’appoggio straniero – a cui hanno già consegnato l’oro.
Basterebbe così. Solo una  piccola nota a riprova della mancanza  assoluta   di cultura – oltre ché industriale – anche di dottrina politica. Lo Stato “unitario”  è stato già minato dai nostri politici di quarant’anni fa, quando  – su comando massonico di Ugo La Malfa – crearono le Regioni, aprendo senza alcuna necessità storica nuove fonti di  spesa pubblica,  e affidandone il governo a classi dirigenti locali che sono – e si sono ampiamente dimostrate – peggiori di quelle centrali: com’era ovvio del resto, le competenze di gestione essendo rare in un paese sostanzialmente arretrato e senza cultura politica  – e le poche, era giusto fossero al centro. La secessione era già lì in germe. Essa si è realizzata totalmente in Sicilia (mafia),Calabria (‘ndrangheta), Campania (camorra)…..
In un paese di unità dubbia o incompleta,   il governo locale migliore è il sistema che ereditammo  da Napoleone: le prefetture,  guidate non da  non si sa quale “democrazia”, bensì da un prefetto-poliziotto, occhio  ed  orecchio del governo centrale nei territori,  gestore impeccabile  e imparziale di strade, ponti, scuole, e ordine pubblico –  e alta formazione di personale   dirigente di  buona cultura politica e senso della patria.
Sottoscrivo in pieno Guido Grossi:
“Le Regioni non servono, e vanno eliminate, perché rappresentano una inutile tentazione: un livello amministrativo in grado di minacciare gravemente l’unità statale (come stanno facendo) senza arrivare a portata di sovranità popolare.
Qualunque italiano vi potrà dire che bisognava abolire  le Regioni, non le provincie, come ha fatto Matteo Renzi (con tagli a metà e pasticciati, per cui adesso non si sa bene quali siano  i compiti che le Regioni hanno preso alle provincie, che in qualche modo continuano a esistere.  Ma in precedenza D’Alema e soci, hanno fatto il danno decisivo con la modifica del titolo 5 della costituzione: per lo scopo di battere Bossi e di prendergli  qualche voto, misero le basi di  quel “federalismo  non leghista”  che oggi presenta il conto. Ma finora vi andava benissimo, a voi neo-patrioti.  Vi è  andata benissimo “l’autonomia”,  purché per la Sicilia, la cui classe  dominante ha così ampiamente dimostrato di esserne insieme  indegna e incapace.---


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