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mercoledì 9 gennaio 2019

“Brigate Gialle”, di Marco Travaglio 9 gennaio 2019

(presreader.com) – 
Avviso ai lettori: se per caso dovesse scapparvi una piccola simpatia per i gilet gialli che contestano le politiche affamatrici di Macron (parlandone da vivo) che piacciono alla gente che piace di tutta Europa fuorché ai francesi, non fatevi sentire da Stefano Folli di Repubblica e Massimo Franco del Corriere. Altrimenti sono guai seri. L’altroieri è bastato che Di Maio ne azzeccasse una, solidarizzando con gli esclusi francesi, contestatori post-ideologici e trasversali dell’establishment parigino ed europeo e dunque molto simili alla base pentastellata, prendendo per una volta in contropiede Salvini e costringendolo a inseguire, per causare uno stranguglione ai due pompierini nostrani. Che si sono subito stretti a coorte della versione 2.0 di Maria Antonietta, barricata da mesi all’Eliseo senza poterne uscire. Franco, il più prudente, è “perplesso” perché una frangia dei gilet gialli ha compiuto atti violenti e il movimento avrebbe “contorni ambigui e destabilizzanti”: dunque paventa “una gaffe internazionale a doppio taglio” che potrebbe irritare le mitiche “cancellerie europee”, “alimentare tensioni inutili” e “sospingere il nostro Paese nel girone degli inaffidabili” (decidono le cancellerie chi lo è e chi no)...

Folli, invece, è agitatissimo: l’uscita di Giggino gli ha mandato di traverso il riportino, manco gli avesse toccato la mamma. “Forse non si era mai visto in Europa – tuona tutto sudato, con toni più veementi di quelli usati dallo stesso Eliseo – in tempi moderni un uomo di governo capace di usare questi toni e argomenti per incoraggiare un movimento dai tratti eversivi” (tipo le Brigate rosse, per dire), che per giunta “agisce in un Paese vicino il cui nome oltretutto è Francia”. Ecco, si chiamasse magari Svizzera o Austria, pazienza. Ma la Francia guai a chi gliela tocca: e, se Di Maio si azzarda, la sua è nell’ordine: una “bizzarra uscita”, una “mossa moto goffa, quasi disperata”, un “tentativo maldestro di sviare l’attenzione dopo il via libera alle trivelle”. Ecco, uno autorizza le trivelle e poi di solito che fa? O invade la Polonia o si mette coi gilet gialli. C’è anche la possibilità che Di Maio, come ogni leader, faccia politica in vista delle elezioni europee e cerchi sponde per non farsi schiacciare fra i decadenti partitoni mainstream (Ppe e Pse) e le destre salvin-lepeniste. Ma neppure questo garba al fustigatore Folli: “l’obiettivo di rosicchiare un po’ di voti alla Lega è un calcolo sbagliato” perché Salvini – idolo inconfessato di Repubblica, che lo usa come il babau per riportare all’ovile gli elettori di sinistra – “è un estremista ma non uno sprovveduto”.
Infatti – furbo, Lui – “non è caduto nella trappola”: Lui, così allergico alle maniere forti, come dimostrano gli abbracci e i selfie con i pendagli da forca e da stadio, non dà “nessun avallo, nemmeno indiretto, alle violenze, per ragioni che è difficile spiegare a Di Maio se non le comprende da solo”. Bravo Capitano, avanti così. Invece i 5Stelle, con la loro “grave impreparazione”, “non si rendono conto di avere oltrepassato il limite della politica estera”. E quale sarebbe il limite? Non si offendono i Paesi vicini, men che meno se si chiamano Francia, e non si “attacca addirittura il ministro dell’Interno di Parigi nella speranza di mettere in difficoltà l’alleato” (sempre il povero Salvini). Questo significa “senso delle istituzioni zero”. Invece i francesi ne hanno a iosa.
L’altroieri, mentre diceva che “la Francia si guarda bene dal dare lezioni all’Italia”, la ministra macronista degli Affari europei Nathalie Loiseau intimava ai nostri due vicepremier di “fare pulizia in casa loro”. Un po’ come quando il commissario europeo Pierre Moscovici, francese, all’indomani delle elezioni italiane, ci spiegava che “sugli orientamenti europei e le decisioni da prendere sulla zona euro c’è una convergenza di vedute molto chiara con Gentiloni, Padoan e il governo” (quello purtroppo appena sconfitto) e dava dei “piccoli Mussolini” a chi si era permesso di vincere le elezioni. O quando Lars Feld, consigliere della Merkel, definiva il voto degli italiani “una catastrofe” e il governo fra i due vincitori “lo scenario peggiore che può fare grandi danni e creare un enorme problema”. O quando il tedesco Günther Oettinger, commissario Ue al Bilancio, minacciava: “I mercati insegneranno agli italiani a non votare più i populisti”. O quando Gabriel Attal, portavoce del partito di Macron, definiva “vomitevole la linea del governo italiano sui migranti”. O quando lo stesso Macron paragonava i vincitori delle elezioni italiane a “una lebbra che cresce un po’ ovunque in Europa, anche in Paesi in cui credevamo fosse impossibile”. E dava dei “bugiardi” ai nostri governanti sulla crisi migratoria. Intanto ordinava migliaia di respingimenti di migranti a Ventimiglia. Teneva ben chiusi i porti francesi alle navi delle Ong. Mandava la Gendarmerie a sconfinare nottetempo in Italia per deportare alla chetichella i profughi a Claviere e per incriminare chi osava soccorrere donne africane incinte. Infatti perfino la socialista Martine Aubry chiese a Macron “come osa dare lezioni agli altri” e gli ricordò che “la Francia è uno dei Paesi che ha fatto meno per i rifugiati”. A proposito di chi deve fare le pulizie di casa. Ma tutto questo Folli non lo sa, o finge. Lui ama Macron più di Brigitte e di Benalla e al cuore non si comanda. Per lui gli insulti dei governanti francesi sono attestati di buon vicinato. Invece l’incoraggiamento ai gilet gialli è un’ingerenza “mai vista in Europa”. Per giunta, a sostegno di “un movimento dai tratti eversivi”. A proposito: secondo voi qual è il Paese che dà asilo da anni a decine di terroristi e assassini di uno Stato confinante e alleato, da Pietrostefani a Battisti, aiutandoli a sottrarsi alla giustizia?
“Brigate Gialle”, di Marco Travaglio sul Il Fatto Quotidiano del 9 gennaio 2019

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