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Ve l’immaginate Luttazzi nella Rai del 2018? Anzi, meglio: ve l’immaginate Luttazzi nell’Italia del 2018? Carlo Freccero, ex-neo-direttore di Rai2, annuncia il suo ritorno nel cosiddetto “servizio pubblico”, che non è più tale almeno dal 2002, anno dell’editto bulgaro berlusconiano. Non so se Luttazzi accoglierà il contro-editto né, soprattutto, se si realizzeranno le condizioni per renderlo praticabile. Ma, ora che la sfida è stata lanciata, è certo che il nuovo “caso Luttazzi” diventerà la cartina al tornasole di tante cose: non solo del “cambiamento” al governo, in politica e alla Rai, ma anche del livello di cultura, libertà e democrazia sostenibile in quest’Italia. Conosco quel genio di Daniele dal 13 marzo 2001. Aveva letto L’odore dei soldi, mio e di Elio Veltri, sulle origini delle fortune di B. e i suoi rapporti con la mafia: tabù assoluto anche per la stampa e la tv dell’epoca, molto più libere delle attuali. E decise di invitarmi a parlarne nel suo talk lettermaniano Satyricon. Mi fece chiamare dal casting e accettai. Il programma, sempre nell’occhio del ciclone ma difeso strenuamente da Freccero e dal presidente Rai Zaccaria, veniva registrato il martedì e trasmesso in differita il mercoledì...
Registrammo quella mezz’ora senza rete, improvvisando tutto: Luttazzi lo vidi per la prima volta in studio, davanti al pubblico e alle telecamere accese, senza sapere cosa mi avrebbe domandato e fino a dove si sarebbe spinto. Si spinse fino al limite massimo, parlando addirittura delle indagini sull’ipotesi che B. e Dell’Utri fossero fra i mandanti esterni delle stragi mafiose del 1992-‘93. Freccero, che aveva dato carta bianca a Luttazzi nel contratto, era nel backstage. Alla fine mi disse: “Sei stato bravissimo. Dopo le elezioni ti offrirei un programma, se avessi ancora una rete”. Al voto mancavano 40 giorni, ma già si sapeva che avrebbe stravinto B. Il quale, l’indomani, poco prima della messa in onda, chiamò Carlo: qualcuno l’aveva informato del contenuto dell’intervista e gli chiese di non mandarla in onda, promettendo eterna gratitudine per il dopo. Freccero declinò e mise giù. La puntata andò in onda e fu una bomba. B. scese da Arcore a Roma e riunì il consiglio di guerra: Bossi, Casini, Letta, Bonaiuti, Buttiglione, Pisanu, Scajola e Tremonti. Passò la proposta Casini: la Casa delle Libertà (si chiamava così) avrebbe disertato tutti i programmi Rai (due giorni, non di più). Intanto chiese le dimissioni di tutto il Cda. Cossiga parlò di “crimine politico”. Il Foglio di Ferrara e il Giornale di Belpietro si associarono alla richiesta di cacciare Luttazzi e i vertici Rai.
Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Mario Petrina, ospite di Emilio Fede al Tg4, si scagliò contro Luttazzi e il sottoscritto, denunciando il primo per “esercizio abusivo della professione giornalistica” e avviando per il secondo un procedimento disciplinare per lesa “deontologia”. Anche da sinistra si sparò a zero. Rutelli, candidato premier, parlò di “uso di una trasmissione per fare propaganda politica”. D’Alema (e Fede, all’unisono) disse che “Satyricon è un boomerang per la sinistra”. Sul Corriere, Paolo Franchi sostenne che quella di Luttazzi “non è satira”. B., Tremonti, Fininvest, Mediaset e FI avviano otto cause civili contro il sottoscritto e quattro a testa contro Veltri, Freccero e Luttazzi per 70 miliardi di lire (tutte poi perse). Luttazzi, minacciato anche privatamente, girò per mesi sotto scorta, con la polizia fuori dai teatri durante i suoi spettacoli. Almeno i pochi teatri che non gli negavano il palco. Satyricon intanto venne chiuso, prim’ancora dell’editto bulgaro di B. (18 aprile 2002) contro Biagi, Santoro e Luttazzi. Per non riaprire mai più.
Nel 2007 Daniele riparte con Decameron da La7, che raddoppia gli ascolti. Ma l’Ad Campo Dall’Orto chiude il programma per una battuta su Ferrara alla quarta puntata, così evita la quinta su Ratzinger e la pedofilia nel clero. In tv Luttazzi non si rivedrà mai più (a parte la serata-evento di Santoro Raiperunanotte, su un network di emittenti private). Vive fra l’Italia e la Spagna scrivendo libri che non pubblica, show e programmi che non interpreta. Si tiene in allenamento, in attesa di tornare con un suo programma davvero libero. È quel che Freccero, tornato a dirigere una rete dopo 17 anni di quarantena, gli propone. Ma intanto la tv è cambiata, in peggio. Ciò che era normale, in un naturale inseguimento fra satira e censura, negli anni 80 con Fo, Rame e Grillo, nei 90 con i fratelli Guzzanti, Dandini, Reggiani, Leone, Loche, Paolo Rossi, Chiambretti, Hendel, Luttazzi e tanti altri, oggi è impensabile. Resiste Crozza, scivolato però dalla Rai a La7 al Nove, e poco altro (come il lieto remake della Tv delle ragazze). Tant’è che, quando l’Isis ha fatto conoscere Charlie Hebdo anche agli italiani, pure chi diceva “Je suis Charlie” sotto sotto si domandava: “Ma davvero in Francia si può pubblicare quella roba?”. Non siamo più abituati all’idea. Se Luttazzi tornasse in Rai, se non solo Freccero e Salini ma anche i partiti giallo-verdi (bersagli designati delle sue nuove stilettate) gli dessero carta bianca, che pubblico troverebbe? O meglio: troverebbe un pubblico? Due mesi fa, a Malcom Pagani di Vanity Fair, Corrado Guzzanti ha detto: “Oggi puoi essere liberissimo, ma al tempo stesso ci sono molte meno trasmissioni satiriche e non perché qualche grigio burocrate le impedisca, ma perché… tranne rare eccezioni alla Crozza che ha un suo programma, gli altri vanno errabondi in talk show seri in cui c’è il momento zoologico. Parla il matto, tutti ridono istericamente e poi il conduttore dice ‘grazie, adesso torniamo alle cose serie’…”. Ecco: dobbiamo riabituarci a pensare che la satira è la cosa più seria che esista.
“17 anni dopo”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 4 gennaio 2019
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