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Il terrorismo torna a colpire a Strasburgo, i gilet gialli mettono a ferro e a fuoco la Francia e forse l’Europa, il governo italiano impone la fiducia alla Camera su una manovra che già è sicuro cambierà al Senato, la Ue interpreta le regole di bilancio per Macron (3,4%) e le applica a Conte (massimo 2,04), e fuori fa pure un freddo porco. Insomma: grande è la confusione sotto il cielo. Ma per fortuna una certezza si staglia rocciosa e nitida sul tremolante orizzonte delle nostre vite: le primarie del Pd. Lì, se Dio vuole, tutto è chiaro, limpido e rassicurante. Ricapitolando: Renzi, popolarissimo fra i parlamentari Pd (se li è scelti lui) e impopolarissimo fra gli elettori Pd (non è riuscito a sceglierli lui, a parte quelli che ha messo in fuga), non si ricandida a segretario: dunque rimpiange di “non avere usato il lanciafiamme”. Cioè odia il partito, al punto che forse non se ne va più. La vecchia Ditta sta con Zingaretti, l’usato sicuro. Ma i renziani, se restano lì, temono che il nuovo segretario li stermini in un colpo solo come gli ugonotti nella notte di San Bartolomeo, dunque cercano protezione dove capita. Avevano convinto Minniti a candidarsi. Lui aveva detto di sì a patto di non essere il candidato dei renziani. Renzi l’ha subito accontentato, invitandolo alla Leopolda e facendo parlare Bonolis al posto suo. Così lui ha rinunciato perché i renziani non lo sostenevano...
Renzi intanto, avendo raso al suolo per gelosia chiunque avesse un minimo di sale in zucca, ha realizzato di essere circondato da minus habentes. E, pur con tutto il disprezzo che nutre per il Pd, non se l’è sentita di candidare uno dei suoi alla segreteria. Si limita, perfido com’è, a lasciarli lì, visto che non si sognerebbe neppure di portarli con sé nell’eventuale nuovo partito alla Macron (idea geniale, visti i tempi). Qualche malato di mente aveva pensato a Rosato, che però aveva già dato abbastanza alle destre e al M5S con la legge elettorale e non è parso il caso di dargli un’altra chance. Altri casi psichiatrici avevano lanciato la Bellanova o Guerini, subito subissati da un coro di “E chi minchia sono?”. Così si è optato per il liberi tutti. Ora molti renziani si aggrappano a Martina, l’ex autoreggente, che già fatica ad aggrapparsi a se stesso, con l’aggravante della zavorra dell’ex candidato ex-neo-post-renziano Richetti, che ora è un pelo della sua barba. Però esiste pure una sottospecie di renziani, roba pulviscolare, che detesta Martina (o che Martina detesta, non sottilizziamo). Dopo un’affollata e animata assemblea nello sgabuzzino delle scope, costoro han partorito l’ultima svolta epocale: la candidatura di Bobo Giachetti e Anna Ascani.
I quali, visibilmente provati, hanno dato vita (si fa per dire) a una diretta video su Facebook dal divano per annunciare che puntano alla segreteria. Tutti e due insieme, “in perfetta parità”. Se ne desume che il Pd, dopo aver dimezzato i voti, potrebbe in compenso raddoppiare i segretari. O che, in alternativa, Bobo e Anna si scanneranno per chi dei due lo farà. Si ignora al momento chi abbia curato la scenografia e la sceneggiatura dei video, anche se i sospetti oscillano fra al Qaeda, l’Isis, le Br, l’Anonima Sequestri e Dolce e Gabbana, di cui già si intravedeva lo zampino nel triste filmato di un altro duo: la Morani e la Ascani riprese in pieno giorno con una finestra alle spalle che le oscurava del tutto, a cura dell’Istituto Controluce. Ora la Ascani avverte subito che ha fretta perché “tra poco c’è Inter-Psv”, insomma ha ben altro da fare. Giachetti supercazzoleggia a base di “noi che crediamo da sempre nel progetto iniziale di Matteo Renzi”, “portare avanti alcune convinzioni”, “una discussione molto franca”, “un’altra opzione a disposizione del variegato mondo renziano”, “condividere queste sensazioni e questa voglia”. Anna chiama l’autocandidatura condominiale “questa cosa qui” e si rivolge a misteriose entità denominate “voi che ci seguite”, “i tanti che mi avete scritto”, “le sollecitazioni che mi sono giunte in queste ore”, “gente che ha bisogno di una casa”, manco fosse Immobiliare.it per chiedere 1500 firme in meno di 24 ore.
Non male per una deputata che appena tre mesi fa smentiva l’indiscrezione del Foglio sulla sua candidatura alla segreteria Pd (“Non pensavo che la deriva delle fake news avesse contagiato anche voi”), a sua volta smentita dal quotidiano del rag. Cerasa (“Ce l’hai detto tu, abbiamo i messaggi”). Mancano solo la tappezzeria damascata e le scuse alla Cina per replicare il celebre autodafé di D&G, ma in versione più triste. Anche perché il rimbombo delle voci nell’ufficio sottolinea ferocemente il vuoto attorno ai due noti frequentatori di se stessi. Ma chi pensa che questo sia l’acme della mestizia non ha ancora visto il video del fidanzato dell’Ascani, l’on. Luciano Nobili, nientemeno che “membro della Direzione Nazionale”. Il pover’uomo, in evidente sovrappeso, vi compare per 15 secondi netti appoggiato a un incolpevole monopattino elettrico: “Cari Zoro e Makkox, amici di Propaganda Live, avete visto? Facciamo dei piccoli passi avanti sulla forma. Microfono professionale, riprese di un certo livello, esterno… Che dite (indica il monopattino, ndr)? Un mezzo bellissimo di mobilità sostenibile, quando volete venite a fare un giro”. Commento impietoso appena sotto: “Alla forma devi ancora lavorarci, sembri Spadolini”. Massima solidarietà al monopattino. A questo proposito, restano ancora ignote le intenzioni precongressuali di Carlo Calenda: l’avevamo lasciato che s’era iscritto al Pd per poi proporre di scioglierlo, aveva pubblicato l’autobiografia Orizzonti selvaggi sulla sua vita avventurosa fra la Confindustria, la Ferrari, Montezemolo e Monti, stava tentando di organizzare una cena e poi più nulla. Ecco: non può lasciarci così in sospeso proprio sul più bello.
“Istituto Controluce”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 13 dicembre 2018
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