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giovedì 8 novembre 2018

Maurizio Blondet - “SOVRANITA’ O BARBARIE” : detto dalla sinistra vera. In esilio.

"SOVRANITA' O BARBARIE" : detto dalla sinistra vera. In esilio.
Socialismo o barbarie”  è uno slogan marxista di vecchia data, Rosa Luxembourg lo attribuisce ad Engels:  se non si passa dal capitalismo al socialismo, la caduta nella barbarie è il destino dell’Occidente.  Adesso un  saggio scritto da due marxisti,  l’italo-inglese Tomas Fazi e William Mitchell,  riecheggia quel  motto celebre ma al contrario: “Sovranismo o Barbarie”.  Abbiamo capito bene: due marxisti, pubblicati da una editrice “rossa”, invocano il ritorno alla sovranità nazionale,  perché  (cito dalla recensione che ne fa Carlo Formenti su Micromega)  “lo stato-nazione  è la sola cornice in cui le classi subalterne possono migliorare le proprie condizioni e allargare gli spazi di democrazia”.
Da marxisti, i due sono convinti che l’ordinamento  dello stato dipende  dall’economia  – la  “struttura” da cui nasce la “sovrastruttura”.  Quindi attribuiscono la felice lunga stagione dal dopoguerra agli anni ’70,  con ” elevati tassi di crescita economica, alti livelli di occupazione, salari e profitti crescenti, un’estensione dei diritti sociali ed economici mai conosciuta nelle ere precedenti, nonché una relativa stabilità finanziaria a livello internazionale” a  “uno specifico regime di accumulazione capitalista – il fordismo – associato a un modo di regolazione politica dell’economia fondato sull’interventismo statale”.
La  “entrata  in crisi” del modello fordista  di accumulazione  capitalistica  sarebbe la causa della “entrata in crisi” della sovrastruttura, l’ideologia  e le  politiche keynesiane  con la loro connotazione “sociale”.  Detto così, può sembrare un fenomeno storico inevitabile, e il passaggio al globalismo con l’evirazione dello  stato nazionale, la perdita  della sovranità monetaria,   e dello stato sociale ,  eventi “oggettivi”.  Inevitabili. Forze storiche contro cui non si vince....

Infatti questo ci ripetono le “sinistre”  salottiere,   stilistiche botuliniche  che parlano da tutti i talk-show televisivi. Le giornaliste botulinate e strapagate perché “progressiste”.  Invece,  il vostro cronista che si è  occupato  (anche) di economia per trent’anni, ha visto e documentato  (in “Schiavi delle Banche”)  come la  “sovrastruttura”  del globalismo che ha distrutto il “keynesismo” (e il benessere e la crescita) siano state  progettate e imposte da  leggi dello Stato, che abolivano le leggi precedenti. Tipicamente,  ciò che era punito come “fuga dei capitali”  quale crimine,  divenne “libera circolazione dei capitali”;  i dazi furono abbassati per legge esponendo  i nostri lavoratori alla concorrenza di messicani, cinesi, romeni. Le borse internazionali furono coordinate apposta per trasformarle  in una borsa mondiale aperta 24 ore su 24,dove quando chiudeva Wall Street aprivano Londra, e poi Tokio. Trucchi della “ingegneria finanziaria” come i derivati, che prima sarebbero stato soggetti ai rigori del codice penale, furono legali.  Le leggi che  su imitazione della Glass-Steagall Act vietavano  alle banche  di giocare nel casinò finanziario i depositi dei risparmiatori, furono abolite in tutti gli Stati occidentali. I mutui concessi dalle banche americane non restarono più nei libri contabili di dette banche, con il loro rischio di insolvenza dei debitori; furono macinati insieme   a migliaia e rivenduti a pezzetti a  fondi-pensione con la promessa che questi oggetti “davano un interesse”. In pratica le banche sbolognarono il rischio che s’erano assunte prestando soldi a ragazze-madri negre con salario precario da 600 dollari a mese, a terzi ignari: roba da codice penale,  una volta. Le norme penali adesso non valevano più.
Insomma il supercapitalismo finanziario terminale non è un fenomeno naturale.  E’ stato progettato, voluto, preparato con  leggi che abolivano le leggi. Apprendo con piacere che anche “per Fazi e Mitchell è sbagliato interpretare tale processo come un “indebolimento dello stato”, occorre al contrario prendere atto che proprio gli stati – a partire dal nostro – hanno scelto autonomamente di subordinare le proprie scelte a vincoli esterni, il che non significa che si sono suicidati, bensì che hanno attuato con successo un progetto radicale di indebolimento delle classi lavoratrici e di svuotamento della democrazia”.
I due hanno la franchezza di  notare che “le sinistre” hanno responsabilità primarie  nell’aver creato  la  nuova ideologia neoliberale diventata Stato:   come  le “ teorie nate negli stessi ambienti di sinistra, come la tesi secondo cui una delle cause fondamentali della crisi era la spirale incontrollata della spesa pubblica”.   Non  dimenticano che “già a partire dagli anni Settanta  Enrico Berlinguer tesserà l’elogio dell’austerità come strumento per rilanciare crescita e occupazione”,  come un  odierno Cottarelli o una tanto de sinistra come la Veronica de Romanis, che si ritiene una economista essendo  moglie del banchiere Bini Smaghi, miliardaria, e autrice dell’aureo libretto “L’austerità fa crescere”
“Dai primi anni Ottanta all’ingresso nell’area dell’euro  – scrive il recensore –  su Micromega   la frana diverrà inarrestabile. I Carli, gli Andreatta, i Ciampi e il grande privatizzatore Prodi avranno mano libera per scandire le tappe di una marcia accelerata verso la de-sovranizzazione, de-politicizzazione e de-democratizzazione dello stato italiano: adesione allo SME, divorzio fra Tesoro e Banca centrale, approvazione del Trattato di Maastricht, fino al colpo di grazia della rinuncia al potere di emissione della moneta e all’integrazione nell’area dell’euro, che imporrà”  l’inserimento obbligatorio del neoliberismo in Costituzione e il divieto di adottare politiche keynesiane”.
Conclusione dei due marxisti:
“Oggi, dopo decenni di smantellamento sistematico, non resta altra alternativa se non riconquistare la sovranità nazionale e popolare come presupposti irrinunciabili per rilanciare quel progetto politico che venne accantonato quarant’anni fa,  a partire dalla sovranità monetaria e dalla conseguente possibilità di finanziare il fabbisogno della spesa pubblica attraverso l’emissione di moneta”.
” Le ragioni dell’esplosione del debito pubblico italiano negli anni ottanta non sono da ricercare in un improvviso aumento della spesa pubblica – che anzi è rimasta in linea con la media europea per tutto il periodo – ma piuttosto nella decisione di far aumentare vertiginosamente i tassi di interesse (funzionale alla partecipazione dell’Italia al Sistema monetario europea (SME), in primis attraverso il “divorzio” tra Banca d’Italia e Tesoro del 1981 (Fazi)

Insomma i  due marxisti arrivano alle stesse conclusioni di Claudio Borghi,  Savona  e Bagnai. Tornare a quegli anni ’70 in cui  “in cui abbiamo fatto ampiamente ricorso alla spesa in deficit –   e il nostro rapporto debito/PIL è rimasto relativamente stabile intorno al 50-60%, grazie soprattutto alla parziale monetizzazione del deficit pubblico e al calmieramento dei tassi di interesse da parte della Banca d’Italia”  (Thomas Fazi).

La “sinistra tv” ha usurpato il loro nome

a destra, Thomas Fazi con Bill Mitchell (coi capelli grigi). Con Stefano Fassina ad un convegno.
Che dire?  E’ evidente che tutte le personalità  che nello spazio pubblico, giornalistico, televisivo e accademico, parteggiano per l’euro  e  fanno il tifo per  lo spread, invocano il ritorno dei “tecnici” e idolatrano Draghi che ci punirà e farà cadere il governo “fascista” e “razzista”  – i Formigli e le Gruber, i Floris e i direttori  di Repubblica – stanno usurpando. Usurpano il nome di “sinistra”  –   l’hanno portato via a Fazi e Michell –  e  usurpano lo spazio pubblico televisivo – politico che  spetterebbe a loro, i marxisti.
A  ben pensarci, la cosa è evidente. Salvo errori, mai Thomas Fazi o Fassina  vengono invitati nel salottino  della Gruber o della Berlinguer. Nei talk show “progressisti” pro-euro invitano sì Diego Fusaro, ma come si mostra in gabbia un animale estinto, pittoresco per il suo linguaggio  antiquato, il “Marxista di un tempo”; avendo cura di tagliarne l’audio al momento giusto e farne svanire il collegamento.  Gli usurpatori del nome Sinistra non danno alcuno spazio a quelli di cui hanno usurpato lo spazio politico, e lo danno alle miliardari-economiste. E i Fazi e  i Fassina sono dei  senza-casa, impossibilitati ad esporre le loro idee di sinistra vera nei media di massa. Esiliati .
Chi può capirli  meglio del vostro cronista. Da  cattolico, constata  e soffre  l’occupazione  del Vaticano della setta sodomitica, che usurpa il nome  di “Chiesa”  per benedire nozze gay, lavare piedi a musulmani, e proclamarla “accoglienza senza limiti”,  facendo passare tutto questo per “misericordia”. Da   vecchio  “conservatore”,  ha  visto usurpare il nome e il concetto dalla potente setta degli ebrei ex trotzkisti americani, definitisi “neocon”, ossia neoconservatori, e compiere sovversioni dall’Ucraina alla Siria ed oltre,  e cercare di distruggere ogni valore di destra e chi lo incarna, come Putin.
E’ un’epoca dove dominano le  contraffazioni in ogni campo, di mascherature e di camuffamenti  dovunque.  In questo politica  “populismo” diventa  “l’anatema da scagliare contro ogni forma di opposizione al pensiero unico liberal liberista”.  Sovranismo,  per accreditare cioè l’associazione automatica fra ogni posizione politica che rivendichi la riconquista della sovranità nazionale e l’uscita dall’Unione europea –   e i nazionalismi di destra”  (Formenti).  Marxisti che siano allo stesso tempo sovranisti, sono in grado di dimostrare e argomentare che  il recupero della sovranità non è una patologia “identitaria” pulsionale  parafascista, ma una necessità  democratica e dello stato di diritto.  Quindi l’esilio  tv.
La contraffazione universale sembra essere  la  necessità conseguente all’usurpazione  generale del potere legittimo, in ogni campo, da parte di poteri indebiti, che si reggono sulla menzogna.

Paolo Becchi risponde con “Italia Sovrana”

Lo dico  perché mentre compulsavo “Sovranismo  o Barbarie”  dei marxisti e veri ed esiliati, mi è giunto “Italia Sovrana” di Paolo Becchi, considerato per un po’  l’ideologo del Movimento5 Stelle, oggi passato a commentatore di Libero e    sostenitore del governo del cambiamento. Il titolo: “Italia Sovrana”, sottotitolo “è ora che nasca uno stato sovrano che difenda gli italiani conto lo strapotere dell’Unione Europea, il ricatto dei mercati, il globalismo  che cancella l’identità dei popoli”.
Anche Becchi, docente di filosofia del diritto, mette il dito sulla grande contraffazione in cui viviamo  e di cui dobbiamo liberarci, perché è il segno dell’usupazione.
“Il globalista per sua essenza è trans: transnazionale e  transessuale, è gender, per lui uomini e donne sono costruzioni sociali”.
Ciò perché “la categoria dei globalisti è quella del desiderio: desiderio di ricchezza, di figli in provetta, di uteri in affitto e matrimoni gay – Al centro, sempre l’individuo astratto, come macchina desiderante e desiderio meccanizzato”.
E qui l’immortale sintesi del professor Becchi, che  da solo vale, con un tratto di pennello , il ritratto dell’Usurpatore collettivo:
“Desiderio di fottere, desiderio di fotterti”.
“Il desiderio è essenzialmente un prodotto della logica del capitale, che lo induce”.
A questo, Becchi oppone il “bisogno: bisogno di poter svolgere un lavoro dignitoso e non marcire in un call center, di avere la possibilità di curarsi, di avere una retribuzione che consenta una vita dignitosa per sé  e la propria famiglia”.
Ora, appunto, l’impero  del Desiderio trans-nazionale e trans-gender  soddisfa i desideri, ma nega la soddisfazione ai bisogni. “Povertà diffusa, crescente. Disagio sociale. Morte eutanasica”. E’ la contraffazione suprema,  la finale Usurpazione della verità dell’uomo. Per cui “il sovranismo deve diventare non solo rivendicazione di identita culturale, nazionale, ma strumento per la soddisfazione dei bisogni della gente”, la rivendicazione politica dei bisogni negati dal potere usupatore. A me sembra che i marxisti veri ed esiliati potrebbero esser d’accordo.---

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