La Francia metterà in comune con la Germania la sua forza di dissuasione nucleare? Potrà essere questa la sorpresa che Macron farà a Berlino il prossimo 22 gennaio 2019, quando i due stati firmeranno un nuovo “Trattato dell’Eliseo”, sul modello di quello stipulato fra De Gaulle ed Adenauer 55 anni fa. Una forma decisiva di “collaborazione bilaterale” che tende a diventare “fusione” tra i due stati, per iniziativa de macroniani sempre più disperati di legare la Germania ad una “vera” Unione Europea, monetaria e federale, insomma “Più Europa”.
Mesi fa, qualche deputato macroniano aveva addirittura proposto di fondere i due parlamenti, tedesco e francese: una velleità che è appunto un segno di disperazione, Macron vedendo finire nel nulla il Progetto per cui è stato piazzato all’Eliseo da Rotschild e Attali – per la resistenza, passiva ma invincibile, della Germania.
L’offerta di condividere il bottone rosso della Bomba è certo una tentazione per precisi ambienti a Berlino. “Una Germania potenza nucleare rinforzerebbe la potenza dell’Occidente”, ha scritto il professore di scienze politiche Christian Hacke l’agosto scorso, in un articolo sul domenicale di Die Welt dal titolo: “Abbiamo bisogno della Bomba?”.
Per Hacke, che ha insegnato nell’università della Bundeswehr, la risposta è sì. Dopo l’elezione di Trump, spiegava, “per la prima volta dal 1949 la Germania non è più sotto l’ombrello atomico americano”; l’idea di costruire una dissuasione nucleare europea la giudicava “illusoria”.
E’ un discorso che fa capolino nei migliori ambienti germanici. Berthold Kohler, editorialista del Frankfurter Allgemeine, il politologo Maximilian Terhalle, il deputato CDU Roderich Kiewesetter, legato al complesso militare-industriale nazionale, si sono pronunciati a favore della Bomba tedesca. Consapevoli tuttavia che si tratta di una posizione molto minoritaria nel Paese, costoro possono guardare all’offerta di Macron con interesse: un condominio sulla Bomba che il generale De Gaulle volle per segnare la sua autonomia dagli Usa e dalla NATO, può essere un buon compromesso fra i desideri e la realtà.
Da parte francese,fonti politiche anonime sentite da L’Opinion confermano: “E’ un dibattito molto serio”. Anche se indicano gli ostacoli: “Bisogna tener conto dell’opinione pubblica tedesca, di tradizione pacifista” specie “a sinistra, SPD compreso”. “Non si devono dare segnali negativi agli americani”, tanto più che Trump è tentato di liberarsi della NATO.
Quanto all’opinione pubblica francese, a giudicare dai commenti all’articolo de L’Opinion, sono del tipo: “Si è fucilato per meno di questo”. La Bomba viene vissuta come l’estrema risorsa di indipendenza, per risponder a una “necessità vitale”, protezione di ultima istanza del territorio nazionale. Condividere la Bomba significa anche i vettori balistici, la strategia di teatro, uno specifico avanzamento tecnologico mantenuto segretissimo: “Con i crucchi? E perché non rendergli l’Alsazia-Lorena?”.
Vedremo. Ciò che rende preoccupante questa prospettiva, non è che si uniscono sotto l’atomica due stati forti europeisti. E’ il problema contrario: la deliquescenza sociale e lo sgretolamento politico che insidiano sia Macron, sia la Merkel.
Francia, il macronismo è imploso
Macron, non so se sapete, non riesce a trovare ministri con cui sostituire i sette dimissionari, primo fra i quali quello degli Interni. Il rimpasto non riesce, evidentemente perché nessuno che ha una reputazione politica vuole rischiarla a favore dell’insopportabile e perdente “Jupiter”, come lo chiamano i satiristi.
“La tragedia per i pro-europeisti è che Macron, il loro campione, è risultato essere un politico senza fiuto”, commenta Walter Munchau del Financial Times.
Ma:
“Il macronismo è di fatto imploso”, dice l’economista e politologo Renaud Bouchard, “non lasciando su piazza nient’altro che un duro desiderio di durare occupando il più possibile di spazio continuamente liberato, tentando di riempire il vuoto con una produzione di “riforme” a getto continuo”.
Somiglia al giudizio sull’ultimo governo Renzi-Gentiloni.
Bouchard rincara infatti: i media turiferari parleranno di governo “rinsaldato”, di “nuovo inizio”, di governo “all’ascolto dei francesi”, di “previsione di crescita”, “debito”, “Progetto europeo”, mantra che nessuno ascolta perché tutti capiscono che le cose serie sono cominciate in Italia e che in Francia, tra pensioni e disoccupazione, continua la vendita tra mercato delle pulci e spoliazione: privatizzazioni degli Aeroporti di Parigi, delle dighe idrauliche della EDF (la società pubblica elettrica) …”
Se questa è la situazione di Macron, quella della Merkel in Germania non è migliore. Lì, si parla di “weimerizzazione”, di frammentazione patologica del panorama politico che rende impossibile continuare la Grosse Koalition democristo-socialista; il sistema passa da bipolare (e governabile) a multipolare. Come la repubblica di Weimar, ingovernabile.
I sondaggi lo confermano:
CDU/CSU: 26%
Verdi: 17%
AfD: 16%
SPD: 15%
Linke: 10%
FDP: 10%
I partiti della GroKo sono passati dal 70% di uun decennio fa al 56%, e hanno perso ancora 3 punti da settembre, in un mese. I Verdi sono i vincenti. La AfD è in stallo.
Germania: “weimerizzazione” in corso
C’è chi teme o spera che la Merkel non sarà più cancelliera dopo le elezioni di domenica in Baviera : la CSU alleata di CDU rischia di perdere la maggioranza assoluta e dover governare coi Verdi, suoi avversari ideologici. Il 28 ottobre si vota in Assia, altro bastione della CDU. Angela Merkel non è riuscita nemmeno a far eleggere come presidente del suo gruppo parlamentare il suo preferito, dal suo stesso partito, che gli ha scelto piuttosto uno sconosciuto. Anche il progetto (quale? Deflazione e d esportazione?) della Merkel pare esausto e al capolinea.
Ma in quale direzione andrà una Germania senza Merkel? Si deve a un francese che abita in Germania da 18 anni, federalista e socialdemocratico, Mathieu Pouydesseau, un quadro allarmato dei gruppuscoli della “fascio-sfera” che si agitano specie, ma non solo, nell’Est del malessere sociale.
Esistono persino “I Reichsbuerger, o Cittadini dell’Impero: gente convinta che l’impero del Kaiser non è stato disciolto in modo legale nel 1918, e quindi rifiuta ogni legittimità alla Repubblica federale. Battono la loro moneta, innalzano la loro bandiera, rifiutano di pagare le tasse e di riconoscere la polizia. Folklore? Ma sono 50 mila, sono armati e si dice abbiano ucciso alcuni poliziotti”.
E non sarebbero i soli. La polizia ha scoperto nel 2011 che una serie di attentati contro commercianti etnici attribuiti alla “mafia turca”, erano di fatto opera della NSU, una formazione terroristica che filmava le sue azioni e le diffondeva tra le reti clandestine dell’estrema destra. Aveva ammazzato otto commercianti medio-orientali e una poliziotta e, secondo Pouydesseau, i servizi tedeschi hanno immediatamente distrutto gli archivi in loro possesso sui membri di questo gruppo.
Dopo i disordini d i Chemnitz a fine agosto, quando un extracomunitario ha ucciso un tedesco durante la festa, e migliaia sono scesi in piazza a protestare (subito bollati come neonazisti), la Procura federale ha annunciato lo smantellamento di una cellula clandestina che “ha utilizzato le manifestazioni di Chemnitz per provare le sue modalità operative in vista di prelevare e assassinare degli immigrati”: ecco la superiore organizzazione tedesca. La cellula aveva in progetto anche di uccidere esponenti politici di sinistra.
Attenzione: bisogna fare la tara alla narrazione su un risorgere del nazismo in Germania – Dimitri Orlov sostiene che si tratta di propaganda dei servizi merkeliani: “Hanno arrestato un gruppo di cospiratori e accusati di pogrom contro i riofugiati siriani usando la standard di non-prova dell'”altamente probabile”, ed hanno licenziati i funzionari degli interni che conestavano questa storia”, allo scopo di demonizzare l’affermazione dell’AfD con il grido: “C’è uncomplotto perr rovesciare la bella democrazia tedesca!”. Sarebbe il bis dell’incendio del Reichstag, stavolta appiccato da Merkel per sopravvivere.
Che dire? “E’ la crisi sociale”, dice il francese, “una società che vanta la sua crescita, l’export, il pieno impiego ma è incapace di spiegare al 40% della sua popolazione come mai il suo potere d’acquisto è inferiore al 1996, perché il 17% dei tedeschi vivono sotto la soglia di povertà, perché le ineguaglianze di patrimoni hanno ritrovato i livelli del – 1910”.
Sembra proprio la replica attenuata della politica di deflazione e austerità salariale con cui il cancelliere Bruening esasperò i tedeschi facendoli votare in massa per lo NDSAP. E’ in fondo inevitabile che il “populismo”, risposta democratica in Italia dell’austerità eurocratico-tedesca, in Germania assuma le forme che sono proprie a quella società e che le tragga dalla propria memoria storica.
Ho detto Germania?
“L’emergere di un partito di estrema destra sorprende la Spagna”, titola Le Monde il 10 ottobre. Si chiama Vox, è stato fondato nel 2013 da fuoriusciti del Partido Popular, e domenica 7 ottobre ha riempito- a sorpresa – le gradinate del Vistalegre a Madrid di 10 mila persone che chiedono : “la ricentralizzazione dello Stato, la dissoluzione delle regioni autonome, il divieto dei partiti indipendentisti, la cancellazione della legge che vieta di elogiare il franchismo, l’espulsione degli immigrati irregolari, la costruzione di muri a Ceuta e Melilla, il ritiro dallo spazio Schengen e l’allineamento col Gruppo di Visegrad”. E’ un partitino, si rassicura Le Monde: nel 2014 ha preso 1,5. Per le europee, però, potrebbe raccogliere 4,6% dei voti.
Imporre le stesse cause ed aspettarsi effetti diversi, è incredibilmente sciocco. Invece diranno che ha stato Putin. O Salvini.
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