Un gruppo di “consulenti per crisi” è stato precipitato alla scuola elementare di Denver “Joe Shoemaker”, per consolare gli scolari dopo che uno di loro, Jamel Myles di 9 anni, si è suicidato. L’ha fatto il 23 agosto, a casa. Il 20 s’era presentato a scuola (il rientro dopo le vacanze) e davanti ai coetanei aveva fatto “acting out”, annunciando di essere gay.
La mamma, Leia Pierce: “Il mio bambino è morto perché vittima di bullismo”. Alcuni compagni gli avevano detto: se sei gay, meglio che ti ammazzi, l’hanno canzonato e schernito.
Il team di psico-gestori del dolore, mandati dalla direzione distrettuale, “hanno creato uno spazio per studenti in modo che condividano come si sentono ed elaborino le loro emozioni dopo aver saputo”,raccontano i media locali. “Gli insegnanti informano gli studenti che gli esperti del gruppo di gestione della crisi è a disposizione per accogliere i loro bisogni socio-emozionali”. La direttrice, Christine Fleming, ha scritto a tutte le famiglie della tragedia.
(Poi ci si stupisce che spesso qualcuno in quelle scuole entri e spari all’impazzata. Tanta inondazione di bontà e attenzione alle emozioni, alla fine, chiama irresistibilmente il cattivo).
La mamma ha raccontato: “Mi diceva: mamma, voglio diventare una star di YouTube e così ti compro una nuova casa. Amava le scarpe coi tacchi alti”....
Come è che un ragazzino di nove anni si scopre gay? La mamma: me l’ha detto quest’estate, mentre era accoccolato nel sedile posteriore della nostra auto. “Aveva paura perché era un maschio, e per i maschi è più difficile quando fanno coming-out. Gli ho sorriso e gli ho detto: io ti voglio ancora bene”…insomma risulta che è stata la mammina a incoraggiarlo a dire ai suoi coetanei che si sentiva omosessuale, perché era suo diritto farsi riconoscere nella sua “nuova” identità sessuale, perché l’amore è l’amore, le vite dei neri contano, il cambio di clima è reale, gli immigrati fanno grande l’America, i diritti delle donne sono diritti umani….
Direte: che cosa c’entra questa tiritera. C’entra. Sono le frasi che compaiono sulla t-shirt che la mammina indossava l’estate scorsa, abbracciata teneramente al suo bambino. Come ha scoperto lo scrittore Joe Quinn, la maglietta si compra su Amazon e viene indossata come manifesto ideologico progressista e sfida (a Trump e a tutto ciò che incarna).
Ciò spiega, dice Quinn, come, “In una realtà dove ogni persona sensata sa che mostrarsi “diverso” a scuola è il miglior modo di attrarre le derisioni, una madre possa spingere il proprio bambino pre-pubere a comunicare la propria identità sessuale ai compagni di scuola, perché fa parte dei suoi diritti e Love is Love”.
Il piccolo viveva con la mamma sola, dormivano nello stesso letto – i figli delle famiglie “monoparentali” (come dicono nel loro gergo gli assistenti sociali) sono i più soggetti a bassa autostima, con sintomi di ansietà, senso di solitudine, e sono i più vulnerabili alle tendenze suicide.
Ho la sensazione che tutto ciò abbia a che fare con la notizia letta in questi giorni:_
Bambini trans in UK in aumento del 4.400%. Perché?
«Il ministro delle Pari Opportunità, Penny Mordaunt, ha incaricato dei funzionari governativi di avviare un’indagine per capire il motivo per cui un numero impressionante di bambini ed adolescenti manifesta il desiderio di cambiare il proprio sesso biologico. Secondo un rapporto del Ministero della Salute, infatti, rispetto a dieci anni fa, si è registrato un aumento del 4.400 per cento».
Ad essere coinvolte sono soprattutto le femmine: nel biennio 2009-10 erano 40 quelle che chiedevano di cambiare sesso, mentre nel biennio 2017-18 sono diventate 1.806. Una fonte dell’Ufficio per le pari opportunità citata dal Times ha dichiarato che “c’è stato un sostanziale aumento nel numero di persone nate femmine che si sono rivolte al Servizio sanitario nazionale” per cambiare sesso.
La dott.ssa Joanna Williams, editorialista per diverse testate britanniche e americane, è dell’avviso che il gender nelle scuole “stia incoraggiando anche i bambini più piccoli a chiedersi se sono maschi o femmine”. Alcuni di questi piccoli finiscono nelle cliniche. Fin dal 2014, d’altronde, il Servizio sanitario britannico ha aperto alla somministrazione di farmaci per ritardare la pubertà a bambini che soffrono di “disforia di genere”
lo psichiatra Rober Lefever, però, ricorda che “le diagnosi psicologiche sono questioni d’opinione” e dunque che “dobbiamo essere sicuri che stiamo trattando il bambino e non un problema psicologico di un genitore invadente”. Di qui la sua domanda se il disturbo di genere non sia diventato “di moda”.
L’attuale ministro dell’Istruzione britannico, Damian Hinds, avrebbe puntato l’indice verso i precedenti governi laburisti, colpevoli di aver inserito gli “studi gender” tra le materie destinate ai più piccoli, i quali sarebbero per loro “fonte di disorientamento”.
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