La prima ipotesi è quella di una redistribuzione immediata dei 450 migranti con altri partner europei. Ma si valuta anche un rientro sulle coste libiche e la permanenza a bordo per l'identificazione. Ma la gestione è comunque cambiata. Provando a evitare gli strappi del caso Diciotti.
di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA. Stavolta Giuseppe Conte guida la partita in prima persona. Per il caso dei migranti che stazionano sulle navi al largo di Lampedusa, dopo il trasbordo dal barcone su cui erano partiti, la strategia è cambiata. La vicenda della Diciotti conclusa solo grazie all'intervento di Sergio Mattarella e la piena collaborazione del premier, ha cambiato gli equilibri nella gestione degli sbarchi. Questa è la partita più importante, l'Italia deve creare in corso d'opera una soluzione che valga per l'oggi e per domani. Finora, nelle varie crisi di questo ultimo mese ogni volta è stata adottata una politica diversa: una nave è andata in Spagna, una a Pozzallo, una a Malta, una a Trapani. Anche nella telefonata tra Palazzo Chigi e Quirinale di tre giorni fa si era discusso di questa non strategia, di questo quadro impazzito che creava solo un clima di emergenza continua. Emergenza istituzionale, non migratoria. Non possiamo andare avanti così, è stata la conclusione condivisa da Conte e Mattarella...
Se il problema è europeo, se la via d'uscita dev'essere condivisa, solo il presidente del Consiglio ha il potere di tirare i fili. Tanto più dopo il fallimento del vertice di Innsbruck con i ministri degli Interni. Tante parole nessuna idea. Matteo Salvini e Conte lavorano insieme, ma il titolare del Viminale è costretto stavolta a fare un passo indietro. Brucia ancora il pasticcio della nave Diciotti, gli sconfinamenti di potere di Salvini. In più la soluzione per i 450 migranti a bordo delle navi di Guardia di Finanza e Frontex, l'Italia spera diventi un precedente e quindi un protocollo per il futuro in modo che gli sbarchi non coinvolgano solo le nostre coste. La posta in gioco perciò è altissima. Palazzo Chigi fa sapere quindi che sono tre le ipotesi prese in condiderazione: una redistribuzione immediata dei 450 con altri partner europei; contatti con Libia per il loro eventuale rientro sulle coste libiche, da dove sono partiti; la permanenza a bordo delle navi dove fare riconoscimenti. Ma l'Unione europea è dunque la strada principale da seguire. È il momento delle lettere a Juncker e Tusk, dei contatti tra le Cancellerie. Non delle dirette Facebook, che finora non hanno risolto il problema.
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