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lunedì 11 giugno 2018

Franco Bechis - Giorgetti, un mediatore per tutte le stagioni


 

(Franco Bechis per Libero Quotidiano) – 
L’incarico che gli hanno dato lo veste proprio a pennello. Giancarlo Giorgetti non poteva che essere il Gianni Letta del governo che continuano tutti a chiamare gialloverde, ma è gialloblu perché Matteo Salvini ha cambiato da tempo il colore simbolo della Lega. E d’altra parte non c’era bisogno di inserirlo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio per farne un Letta, e cioé il gran ciambellano di tutte le stagioni del Carroccio. Ruolo che non considera affatto una diminuzione.
Quando venne a fare un forum in Umbria durante l’ultima campagna elettorale, gli chiesi se non gli scocciava un po’ essere sempre definito, prima con Umberto Bossi, poi con Roberto Maroni e ora con Matteo Salvini “il numero due della Lega”. Lui sorrise (non lo fa spesso), e rispose: «Già, hai notato? I numeri uno passano…».
Infatti i numeri due restano, e in momenti come questi sono anche più preziosi, perché sono l’anello di congiunzione fra il vecchio e nuovo mondo. Quello leghista, certo. Ma soprattutto l’altro mondo, quello parallelo del potere meno visibile in Italia, che ha vissuto la stessa parabola di Giorgetti: tutto cambia, cambiano i numeri uno e loro sono sempre lì....

VITA PARALLELA
Grazie a questa vita parallela e a una certa inesperienza su tutto dei leader che svettano in questo governo (i diarchi Salvini e Di Maio, e lo stesso premier Giuseppe Conte) Giorgetti è il solo che può contare su una rete di conoscenze utili a supportare il governo. Lo si è visto nei primi giorni, lo si vedrà ancora di più nelle prossime settimane quando in agenda ci sarà da trovare uomini giusti da mettere nei posti giusti.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio conosce gran parte della rete dei grand commis di Stato: dagli alti papaveri nei ministeri ai manager pubblici e privati incontrati nella già lunga esperienza romana, dove spesso ha rivestito incarichi centrali sempre in Parlamento (ha guidato ad esempio la commissione Bilancio, e quindi conosce bene ogni trucco per fare passare una legge e avere l’ok della ragioneria generale).
Anche se nei giorni della campagna elettorale e in quelli difficili della trattativa per formare il governo si è dovuto concedere un po’ di più ai riflettori dei media, l’ha sicuramente fatto controvoglia: la sua natura è riservata, e quando ha avuto incarichi delicati fuggiva con orrore la stampa che lo rincorreva in cerca di qualche dichiarazione e magari di uno scoop.
Come Letta senior non ne ha mai regalato alcuno, a differenza del suo predecessore non perdeva tempo in questi casi a regalare affabilità e buone maniere, facendo uso talvolta di una certa ruvidezza. Mai così però negli incontri riservati, con interlocutori anche importanti che sicuramente avrebbero protetto i contenuti dei suoi colloqui.
È così ad esempio che ha costruito pazientemente un ottimo rapporto con l’attuale presidente della Bce, Mario Draghi. Ed è proprio un colloquio avuto con il Governatore della banca centrale europea, ad avere fatto rompere ogni indecisione sulla formazione dell’esecutivo del cambiamento mentre le aste dei titoli di Stato italiane sembravano andare deserte e lo spread schizzava come in altri tempi che non si vorrebbe più vivere.
Come con Draghi in tutti questi anni Giorgetti ha costruito rapporti solidi con altri, in politica e in economia grazie a cui è riuscito a trovare soluzioni di compromesso anche in vicende arroventate e delicate. Sa parlare con tutti e piace a tutti quelli che contano (perfino a Giorgio Napolitano che lo volle fra i suoi saggi nel 2013 che dovevano accompagnare la nascita di un governo emergenziale, quello di Enrico Letta). Ora però la vita è un po’ cambiata, e il riserbo e l’anonimato a cui tiene un po’ più difficili da preservare.
GLI INCONTRI
L’hanno visto in tv più volte dopo il 4 marzo, e c’è chi lo riconosce per strada o magari nei ristoranti dove si attovaglia per colloqui che vorrebbe fare restare privati. Gli è andata male quando ha scelto come commensale (insieme ad altri) nel ristorante Grano dietro il Pantheon Massimo Sarmi, ex amministratore delegato delle Poste all’epoca in cui governava il centrodestra (lo nominò Maurizio Gasparri, poi però strinse un rapporto assai saldo sia con Gianfranco Fini che con Angelino Alfano, di cui assunse il fratello).
Pizzicato a quella tavolata, Sarmi è entrato da lì in poi nel totonomine per qualsiasi poltrona, e la più accreditata è quella da amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti. Giorgetti d’altra parte bada sempre al sodo, e assai meno alla forma o all’immagine non proprio positiva dei suoi interlocutori.
In famiglia aveva un banchiere – suo cugino- che ha fatto più che discutere, come Massimo Ponzellini. Ma in altra epoca aveva costruito un rapporto molto stretto pure con Gianpiero Fiorani, l’uomo che cavalcò come una tigre la Popolare di Lodi....
E ancora più stretto con l’allora Governatore della Banca di Italia, Antonio Fazio. Ma di amici potenti ne ha avuti in ogni stagione: cambiano anche quelli, come i numeri uno della Lega.
Direte: uno così, come può andare d’accordo con quella ruspa umana e politica che è Salvini? Beh, ci va d’accordissimo. Perché gli è complementare: dopo che passa la ruspa, ci vuole sempre un Giorgetti a ricostruire.

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