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lunedì 21 maggio 2018

Alessandro De Angelis – huffingtonpost.it - La frenata di Mattarella...

(Alessandro De Angelis – huffingtonpost.it) – 
Andando al punto: è evidente che se non ci fossero stati ancora problemi o nodi da sciogliere, Sergio Mattarella avrebbe convocato, già per la giornata di domani, il professor Giuseppe Conte per il conferimento dell’incarico. E invece il capo dello Stato, prima di dare l’incarico, ha deciso di ascoltare i presidenti di Camera e Senato, per una “riflessione” sul passaggio finale di questa lunga e delicata crisi.
Una mossa, in controtendenza rispetto ai toni trionfalistici dei due partner del governo carioca che già alla Vetrata hanno dato per scontato ciò che scontato non è e spingendosi, come nel caso di Di Maio, ad incoronare il nuovo premier in una conferenza stampa on the road all’uscita dal Quirinale. È una frenata quella di Mattarella perché, appunto, ci sono ancora nodi sostanziali da sciogliere.
Detta in modo un po’ tranchant: può anche non esserci un veto sul professor Conte, come effettivamente non c’è, ma la questione non è riducibile a un nome, presentato come un esecutore di una linea e di un programma stabilito dai due leader di partito. Il tema di fondo è il governo: la sua credibilità, la sua forza, la sua collocazione internazionale. E c’è un motivo se, nel corso dei colloqui, il capo dello Stato ha fatto presenti alle delegazioni le sue preoccupazioni per i conti pubblici, ora che è ripresa l’effervescenza dei mercati. E se ha ricordato ai due ruggenti leader l’articolo 95 della Costituzione: “Il presidente del consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”. Non un esecutore di un contratto extraparlamentare ma il responsabile, sulla base di un programma votato dal Parlamento, del governo, della sua maggioranza, della collegialità dei ministri. Ha cioè un ruolo di direzione politica, non di obbedienza ai leader che lo hanno scelto...

Non è un mistero che, per una figura del genere, fosse auspicata una soluzione politica, che avrebbe avuto la forza della legittimazione, in mancanza di una “credibilità” e di uno “standing internazionale” già acquisiti. In assenza di entrambi i requisiti – standing e legittimazione – si rischia dare al mondo l’impressione ricavata a caldo da Financial Times, che così ha bollato il nome del nuovo possibile premier italiano: “Un principiante”. E si rischia di darla se un premier debole non è affiancato da una squadra che abbia un profilo autorevole e definito, in relazione agli asset fondamentali, dalla collocazione internazionale alle garanzie sulla gestione dei conti pubblici.
E si capisce cosa ci sia dietro quell’invito di Mattarella alla responsabilità sul tema dell’Economia. Perché qualche danno è stato già prodotto. I mercati, che non sono uno strumento nelle mani di quattro complottardi, hanno già cominciato a “prezzare il rischio Italia”, perché – come avvenuto nella Grecia di Tsipras – non occorre aspettare i provvedimenti, ma bastano l’euforia degli annunci a incrinare il rapporto di fiducia: un contratto di governo che, a fronte di ingenti parametri di spesi certi offre coperture incerte, un nome del premier che, appena circolato, non ha contribuito a rasserenare mercati e investitori, da ultimo indiscrezioni di nomi di ministri che annunciano tensione con l’Europa proprio sul tema della tenuta dei conti pubblici.
Ecco il punto. Di ministri se ne parlerà ufficialmente col presidente incaricato, ma è già ipotizzabile che se in quella lista dovesse comparire il nome di Paolo Savona, che in queste ore circola con sempre maggiore insistenza, è inevitabile che qualche problema si potrebbe porre, perché l’economista, una volta di provata fede ciampiana, è diventato un alfiere delle posizioni anti-europeiste e delle teorie dello sforamento del deficit. È questo il vero punto di tensione che si registra, parlando con fonti dei partiti se, ancora prima di salire al Colle, Matteo Salvini affidava ai suoi questo ragionamento: se Mattarella non fa passare Paolo Savona, si può anche far saltare tutto e tornare al voto, perché non possiamo farci imporre il ministro dell’Economia.
Ecco il punto politicamente rilevante, in un governo in cui il premier assomiglia a un “re travicello”, che regna ma non governa. E dove governano i due leader di partito, nelle vesti di due ingombranti sub-premier. L’uno, Salvini a capo di quel ministero dell’Interno che, come accaduto con Minniti, è diventato, nei fatti e nella percezione, un super-ministero che sulla sicurezza e sui migranti condiziona anche Esteri e Giustizia. L’altro, Di Maio, a capo di un super-ministero formato da Welfare e Sviluppo che si configura come un grande polo di spesa da cui passano i principali punti del contratto che ha fatto impennare lo spread. Il ministero dell’Economia è il vero cuore pulsante, da cui dipende l’intera operazione, perché è chiaro che un rigorista attento al tema delle coperture renderebbe esangue sia la retorica antieuropeista di Salvini sia il programma di spesa di Di Maio. E più in generale definisce il profilo del governo lì dove la sbiadita figura del titolare dell’azione del governo non aiuta a farlo, nel rapporto con l’Europa e sul tema delle coperture. La “riflessione”, e con essa la frenata impressa da Mattarella, è tutta qui. Siamo al dunque. Al tema dell’interesse nazionale, che il custode della Costituzione deve garantire.---

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