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mercoledì 4 aprile 2018

“Il sequestro di MartinaPD”: editoriale di Marco Travaglio



(di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano del 4 Aprile 2018) – 
Noi vorremmo qui esprimere la nostra più sentita solidarietà all’autoreggente del Pd Maurizio Martina che non tutti lo sanno, ma è stato vilmente sequestrato dopo la strage del 4 marzo dalle Brigate Renziane, che da un mese lo tengono proditoriamente in ostaggio nella prigione del popolo di Largo del Nazareno. Qui il prigioniero politico viene vilmente torturato giorno e notte con trattamenti disumani, proibiti dalle convenzioni di Ginevra, tipo la filodiffusione a tutto volume di discorsi e audiolibri di Renzi. E interrogato ogni mattina dai suoi carcerieri, ansiosi di sapere: a) se per caso gli passino per la testa idee originali, cioè deviazioniste rispetto alla linea ufficiale del partito; b) chi gliele abbia inculcate; c) quali altri traditori e apostati le condividano. Lui, al momento, nega tutto: “Ma che dite, come potrei mai mettermi contro il nostro leader, il nostro faro, la nostra guida, la nostra stella cometa, il nostro unico sole?”. Quelli però insistono: “Ci è giunta voce che qualcuno intorno a te accarezza tentazioni collaborazioniste con il Simp, lo Stato Imperialista del Movimento Pentastellato: sputa il rospo, fuori i nomi e i cognomi e sarai libero!”....

Ma lui niente, resiste tetragono persino alla più terribile delle minacce: trascorrere un’intera notte ad ascoltare un comizio della Boschi a palla, per giunta in lingua tedesca. Ieri mattina, la svolta: grazie a un cellulare dimenticato nella stanza dai sequestratori, il prigioniero è riuscito a mettersi in contatto con Massimo Giannini, che ha raccolto il suo grido di dolore nel programma Circo Massimo su Radio Capital. Purtroppo l’ostaggio appariva psicologicamente provato dal lungo stato di cattività e le sue parole vanno in parte interpretate, in parte decrittate. Impresa non facile, subito affidata a una squadra di esperti in codici cifrati, anche con l’ausilio di sedute spiritiche. “Non auspico il ritorno alle urne e non tifo per un voto anticipato”, ha detto il pover’uomo con un fil di voce, lasciando intendere di voler scongiurare lo scioglimento delle Camere e agevolare la nascita di un governo coi voti del suo partito che, per quanto malconcio, è pur sempre il secondo più votato dopo il M5S. Tutto sarebbe stato più chiaro se, a ciò che non auspica e per cui non tifa, egli avrebbe potuto aggiungere cosa auspica e per cosa tifa. Che so: “Siamo disponibili a sostenere un governo su un programma che ci convinca, com’è naturale in un sistema proporzionale che noi stessi abbiamo voluto con il Rosatellum”. Ma il fresco ricordo delle sevizie subite per mano delle Brigate Renziane l’ha dissuaso dal dire di più.
Però, con la stessa tecnica subliminale del non auspicio, ha proseguito: “Non auspico un governo formato dai 5Stelle e dalla Lega: per i contenuti e per il merito delle scelte, mi preoccupa. Non faccio i salti di gioia”. Anche lì, sarebbe stato molto più semplice spiegare come intendesse scongiurare la da lui non auspicata e per lui non gioiosa alleanza dimaian-salviniana: se i 5Stelle non devono parlare con la Lega e non vogliono parlare con Berlusconi, non c’è nessun altro con cui possano parlare salvo il Pd. Ergo Martina avrebbe potuto almeno dirsi disponibile – in caso di rilascio, è ovvio – a un incontro con i 5Stelle, che finora sono riusciti a parlare con tutti fuorché col Pd. Ma evidentemente lo choc per il sequestro era tale da suggerirgli di restare sulle negazioni anziché passare alle affermazioni. Poi, spaventato dal suo stesso non-auspicio, lo ha attenuato con il giuramento che il Pd starà comunque all’opposizione, anche se non sa ancora contro quale governo. Giuramento che tuttavia gli è parso eccessivo, infatti l’ha edulcorato con un “ascolteremo le indicazioni del Quirinale”.
La domanda sorgeva spontanea: ammesso e non concesso che il Quirinale, inteso come palazzo, parli e fornisca indicazioni, oppure – ipotesi ancor più remota – che a parlare e a fornire indicazioni sia Mattarella, al Pd sarebbe indifferente appoggiare un governo col centrodestra o uno con i 5Stelle? Pur nel suo stato di evidente soggezione, l’ostaggio ha lasciato trapelare alla sua maniera un sottilissimo distinguo fra le due ipotesi: “Non c’è possibilità per il Pd di dialogare con la destra e Salvini, perché ci sono punti sostanziali di merito che fanno la differenza e non vedo punti in comune nel confronto sui temi”; invece un governo con i 5Stelle “è un percorso difficile, perché non mi pare affatto che il M5S abbia oggi quelle intenzioni. E poi conta il merito… Ci sono scelte di merito che ci differenziano”. Quindi, par di capire, ci sono anche scelte di merito che non differenziano Pd e M5S: “Noi rappresentiamo l’alternativa al centrodestra e anche a diverse proposte dei 5Stelle”. A quel punto, sulle ali dell’entusiasmo, il recluso s’è abbandonato a una dichiarazione decisamente sbarazzina, quasi border line: “Non penso che dobbiamo isolarci o metterci nel freezer, dobbiamo lavorare per ricostruire il nostro rapporto con il Paese e certamente dare battaglia in Parlamento. Se ci sarà la possibilità di costruire su alcuni punti fondamentali di proposta nostra intese o avanzamenti certo non dobbiamo sottrarci”. Mancava solo che dicesse a chi proporre i punti d’intesa, e forse stava proprio per dirlo. Ma d’improvviso la voce gli si è incrinata ed è scattata la repentina retromarcia, causata con ogni probabilità dall’irruzione dei carcerieri nella stanza e dal gelo della canna del fucile puntata alla tempia: “Confermo la linea dell’opposizione decisa dalla Direzione del partito”. Parole comprensibili da chiunque, noi per primi, abbia a cuore l’incolumità di Martina. Casomai domani salisse al Colle scortato da Orfini, Delrio e Marcucci, i corazzieri sono pregati di disarmarli.---

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