Medici e infermieri in sciopero: preparano la «fucilazione» del ministro Lorenzin
(di RENATO FARINA – Libero) – Siamo contro gli scioperi. E anche contro le fucilazioni, persino quelle tra virgolette. Ma ci tocca registrare i fatti. Lo sciopero generale, generalissimo, di tutti dipendenti degli ospedali pubblici, medici e infermieri, indetto sotto elezioni, precisamente il 23 febbraio, è qualcosa che somiglia a una scarica di fucileria, o – per restare in materia – a un lancio di bisturi contro i palazzi ministeriali. Esprime, per modalità e tempistica, la volontà di liquidazione politica dell’attuale ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e con lei del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, oltre che del loro capo Paolo Gentiloni, il cui governo ha sistemato, con un contratto succulento, i dipendenti pubblici per accalappiarsi i voti dei tre milioni e mezzo di famiglie beneficiate....
DIMENTICATI
Ma poi la sinistra, in coerenza con il disinteresse e l’incompetenza mostrata in questi ultimi cinque anni a proposito di ospedali pubblici e zone limitrofe, si è dimenticata a bella posta dei camici bianchi. In fondo sono una percentuale residuale rispetto a fattorini, autisti, impiegati del catasto, scaldasedie ministeriali, esperti di cappuccini con il cornetto. I medici sono circa 103mila, gli infermieri 260mila: meno del 10 per cento, in fondo troppo colti e preparati per orientarsi verso la causa del loro deprezzamento.
Come ha segnalato il leghista Massimo Garavaglia, assessore lombardo, che è pure presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità, «si sono dimenticati di mettere a bilancio 800milioni di euro, evidentemente per il governo e il Parlamento la sanità non è una priorità».
Dà ragione alle proteste, e assicura che si farà di tutto per trovare una soluzione per arrivare al nuovo contratto a medici e infermieri, nonché tecnici di laboratorio, dopo sei anni di blocco. Ma lui non è mica il ministro. Intanto, nelle corsie manca personale, la paga per i giovani medici è bassissima, il precariato permanente: sono malattie endemiche. La cura ci sarebbe, di natura fisiologica: cambiare governo.
Com’è stata possibile una simile sciagurata trascurataggine verso i professionisti che hanno in mano la nostra vita? Libero si è occupato lunedì scorso di questo stato orribile della sanità pubblica dal punto di vista dei pazienti. Abbiamo dato questo titolo a tutta prima pagina: «Stai male? Aspetta e crepa». Un dato è emerso, davvero impressionante. Sono quasi dodici milioni gli italiani che, dopo aver cercato di farsi assistere dal servizio sanitario nazionale, e avendo constatato che sarebbero stati seppelliti prima di eseguire un esame, hanno rinunciato, non avendo i denari per rivolgersi al privato. Questo – diciamolo – accade molto più raramente nelle regioni del nord, specie la Lombardia, dove esistono convenzioni tali da garantire la libera scelta, senza oneri per i pazienti, ma al sud si organizzano pellegrinaggi nei santuari ospedalieri di Milano e Brescia, oltre che in Emilia e Veneto.
Se queste penose vicissitudini sono a carico dei malati, neppure chi lavora nei nosocomi sta tanto bene. Specie nel settentrione, a causa appunto di questi traslochi dei pazienti verso lidi migliori, i medici locali sono costretti a performance dell’altro mondo, con il rischio che spediscano qualcuno all’altro mondo, non per inettitudine, ma per il ritmo di lavoro insostenibile e mal pagato.
C’inchiniamo alla bravura stupefacente dei nostri clinici. Ogni giorno le cronache scientifiche sono costrette a segnalare un intervento mirabile mai prima realizzato, o una terapia innovativa introdotta con successo da equipe mediche italiane, in grado di salvare molte vite. A Terni, Torino, Napoli. L’ultima, che raccontiamo in queste pagine, è la meravigliosa cura praticata con successo al Bambin Gesù: roba da Nobel. Gente così è costretta a scioperare per salvaguardare noialtri.
PER IL BENE DI TUTTI
Lo sciopero non fa certo piacere a chi ha bisogno della diagnosi dello specialista e della carezza competente dell’infermiera. Ce ne rendiamo conto. Se però questo sacrificio di 24 ore serve a confortare chirurghi e caposala, ne deriverà un bene anche per gli utenti. Medici e infermieri sono i custodi della nostra salute, e perciò siamo più tranquilli tutti noi, se li sappiamo sereni. Vederli furiosi ci preoccupa. E ci intimorisce alquanto osservare che chi dovrebbe eliminare le ragioni della loro esasperazione, negli ultimi mesi si è occupato di una questione che c’entra poco con la nostra salute. Il ministro Lorenzin si è affannata in effetti con grande determinazione a risolvere un problema di sopravvivenza: la sua. Ci è riuscita magnificamente. Si è fatta paracadutare al collegio ospedaliero di Modena. Posto letto, anzi seggio, sicuro. Per questo viaggio della speranza ha dovuto escogitare, dopo riunioni più stressanti di un’operazione a cuore aperto, il trasloco del Nuovo centrodestra nel petto della sinistra. Un’eccellenza della paraculaggine italica. Nemmeno Loris Verdini, che nell’arte politica del trapianto è un Barnard, ci è riuscito. La Lorenzin invece ce l’ha fatta alla grande, dimostrando che se si desse da fare con la stessa alacrità per la sopravvivenza del comparto della sanità, anche dalla Svizzera correrebbero a farsi una trasfusione in Calabria.----
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