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martedì 16 gennaio 2018

Bertinotti: «Bisognava essere più cattivi, il conflitto sociale non è un vecchio armamentario del ‘900»

«Da dove è venuta l’idea alla sinistra e al sindacato che accettando la cassa integrazione, una progressiva riduzione degli occupati, del salario, sarebbe potuta arrivare la salvezza dei lavoratori?»

Andrea Rinaldi.
«Forse dovevamo essere più cattivi. Da dove è venuta l’idea alla sinistra e al sindacato che accettando la cassa integrazione, una progressiva riduzione degli occupati, del salario, sarebbe potuta arrivare la salvezza dei lavoratori?». Fausto Bertinotti non è nuovo ad abiure, ma questa forse farà più male sindacalisti del nuovo millennio che a lui. Che di battaglie ne ha fatte tante, da politico e da sindacalista. Una su tutte quella dei picchetti a Mirafiori, da sindacalista Cgil, nel 1980, contro 15mila licenziamenti da parte di Fiat che culminarono nella marcia dei 40mila. 
Bertinotti, oggi alla Embraco come allora alla Fiat il picchetto si è rivelato un’arma spuntata. 
«No, allora non sarebbe stata un’arma vecchia. Potrebbe valere per oggi, ma non per ieri. Siamo di fronte alla rivincita del mercato sul lavoro e alla Embraco senza il presidio i licenziamenti sono convinto sarebbero arrivati anche prima, ma il picchetto rappresenta una domanda a cui non viene data risposta, un interrogativo rivolto a sindacati, forze politiche e istituzioni. 
Vuole la mia opinione?»...
Prego.
«In questo quarto di secolo si è consentita la desertificazione di tutti gli strumenti pubblici di difesa dell’occupazione. Noi abbiamo avuto una legislazione del lavoro che ha progressivamente liberalizzato l’occupazione. La cassa integrazione nasce non per dare un soldo ai lavoratori, ma per mantenere un vincolo con l’impresa in ristrutturazione affinché l’impresa medesima e l’intervento pubblico possano consentire politiche di sviluppo e di ricollocamento».
Scusi Bertinotti, ma com’è che politici e sindacalisti danno sempre la colpa dalla legislazione? Il sindacato cosa fa? 
«Lo dico con sofferenza: il sindacato è parte del problema. Ha accettato, di fronte a un mutamento anche sconvolgente dei rapporti sociali, di scambiare l’accettazione di questo suo ruolo periferico nel conflitto sociale con il riconoscimento di un ruolo istituzionale. È dunque parte rilevante id questa crisi».
Qualcuno tra i lavoratori fuori dai cancelli a Riva di Chieri sosteneva che sarebbero dovuti essere più «cattivi».
«Ma sicuramente. Quando il sindacato era un’istituzione sociale di classe sa cosa accadeva di fronte a un caso come questo? Dopo l’annuncio dei licenziamenti scattava lo sciopero generale di zona, dopo due mesi lo sciopero provinciale e c’erano grandi manifestazioni che coinvolgevano le istituzioni senza consentire loro una via di fuga. Il conflitto sociale non è un vecchio armamentario del ‘900. Nelle realtà meno previste, quando si riscopre il conflitto, si riapre il dialogo, pensi a quello che è successo ad Amazon o negli altri poli della logistica, luoghi che per le caratteristiche precarie dei loro lavoratori sembravano preclusi al conflitto sociale e invece rinascono. La politica ha abbandonato il campo di cui stiamo parlando».
E allora qual è la giusta strategia di lotta oggi?
«Difficile rispondere, ogni situazione ha una sua peculiarità. Ma intanto tu sindacato e tu sinistra dove avete maturato l’idea che accettando la cassa integrazione, la progressiva riduzione del salario e degli stipendi potesse arrivare la salvezza? È un’idea insensata. Posso capire il lavoratore ricattato, ma gli altri? Come ti viene in mente di accettare una cosa così priva di senso e mai verificata? In questo modo ti consegni alla logica dell’imprenditore rapinatore. Allora sei morto».
A decidere i 497 licenziamenti è stata Embraco, controllata brasiliana di Whirlpool. Un caso di straniero che viene a investire in Italia, riceve anche denaro pubblico e poi prende decisioni drastiche. Non sarebbe ora di meditare un attimo prima di gioire per la venuta, ogni volta, di imprenditori stranieri?
«Ma certo! Ci vorrebbe un’entità pubblica che un tempo chiamavano di programmazione: il Germania il Land funziona. Perché Volkswagen ha una partecipazione azionaria nel Land? Perché garantisce un rapporto con il territorio. Gli strumenti sono tanti, ma la politica non ha affrontato queste cose, la politica si è suicidata affidandosi al mercato. C’è una causa generale che spiega questo laisseiz-fare nei confronti dell’imprenditore rapinatore. C’è un’adesione ideologica alla causa del mercato. E poi noi italiani non abbiamo un’idea dello stato».
Resta il fatto che 497 persone a Riva di Chieri non avranno più un lavoro.
«Sono profondamente arrabbiato per questi licenziamenti. È una cosa insopportabile rispetto a un’idea di società giusta. Ma questa vicenda è lo specchio di qualcosa che inizia negli anni ‘80, quando l’occupazione comincia a essere considerata non più un obiettivo da perseguire, anzi viene abbandonato e viene assunto il paradigma del licenziamento come elemento salvifico per l’impresa. Il resto ha fatto seguito».

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