In punta di piedi, se ne andrà, tra quindici giorni, il Tribunale penale internazionale dell’Aia per i crimini commessi nella ex Jugoslavia. Ha operato — la Corte dell’Aia — per ventiquattro anni, nel corso dei quali sono stati portati alla sbarra 161 imputati: 90 hanno poi ricevuto una sentenza di condanna. L’ultima immagine di questo dibattimento giudiziario destinata a rimanere impressa è quella di fine novembre: il settantaduenne generale croato-bosniaco Slobodan Praljak che, appreso di dover stare in prigione vent’anni (due terzi dei quali, già scontati), si è suicidato ingerendo, davanti alle telecamere, una fiala di veleno...
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PS: << Ho speso tante energie, con il partito radicale, con «Non c’è Pace Senza Giustizia», per contribuire all’istituzione prima del tribunale ad hoc per la ex Jugoslavia, poi della Corte Penale Internazionale. Continuo a credere di aver fatto la cosa giusta>>....e un tribunale contro gli USA, Francesi, Gran Bretagna, Canadà, Italia...per tutte le guerre di invasioni dal 1990 e che continuano ancora oggi in tutto il mondo?...quello no, vero? toccare i potenti non è nel suo modo di fare.
umberto marabese
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Caro direttore, nell editoriale «Giustizia che punisce solo i vinti» (Corriere, 14 dicembre 2017) Paolo Mieli ha criticato il bilancio del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Icty), a pochi giorni dalla cessazione delle sue attività, perché, a suo dire, ha solo indagato e perseguito i crimini commessi dalla parte perdente. La giustizia dei vincitori insomma, come successe con i processi di Norimberga e di Tokio dopo la seconda guerra mondiale. Questo è vero solo in parte...
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