Quella grande commemorazione di popolo per la ritrovata indipendenza polacca l’11 novembre a Varsavia, decisamente è stata deplorevole: “Slogan che rinnegano di fatto i valori democratici, liberal, europeisti e di tolleranza e non violenza”, ha scritto Repubblica. Uno “slogan era “Europa bianca di nazioni fraterne”, un chiaro no sia ai migranti – la Polonia rifiuta le quote di ripartizione decise dall´Unione europea, e non ospita praticamente nessun migrante nordafricano o arabo”.
Decisamente da correre ai ripari. Forse è questo il motivo per cui il partito di potere e di governo “Diritto e Giustizia” (PiS) ha cambiato primo ministro? Fuori Beata Maria Szydło, al suo posto è stato messo Mateusz Morawiecki. Un rimpasto. Beata Szydło, 53 anni, è cattolica, ha un figlio prete, va alla messa antica in latino; Morawiecki, 49 anni, è ebreo, banchiere-squalo (persino suo padre ha detto di lui: è un bankster), sionista militante. Non è nemmeno del partito PiS, anzi è stato braccio destro di Donald Tusk, il gran nemico della “destra” nazionale polacca oggi al potere. Morawiecki, capo di una banca del gruppo Santander, che ha introdotto JP Morgan negli affari della Polonia, si è iscritto al partito di potere due anni fa quando, essendo Tusk battuto sonoramente alle elezioni, la nuova maggioranza gli ha chiesto di diventare suo ministro per lo sviluppo economico, cui ha aggiunto la poltrona di ministro delle finanze un anno fa....
Uno dei più contenti di questa nomina è Jonny Daniels: un personaggio nato a Londra, ex parà nella Israeli Defense Force (reparto 890), già consigliere del ministro della Difesa israeliano Danny Danon “e di altri politici in Israele, Unione Europea ed Usa”; è frequentemente intervistato da CNN, Fox News e BBC come “esperto di olocausto”. In Polonia è di casa appunto in tale veste: indaga e scava le memorie delle vittime ebraiche in Polonia. A questo scopo ha fondato un’organizzazione chiamata “From the Depth” (Dal profondo)
Daniels ha chiesto con forza (preteso? Ordinato?) che la festa patriottica che ogni anno si organizza in Polonia l’11 Novembre sia dichiarata illegale.
Questo personaggio, lui sì di estrema destra (ma ebraica, quindi kosher ) ha altissime entrature nel governo: organizza a casa propria a Varsavia “pranzi del shabbat” con ministri polacchi e ministri israeliani
- Qui al tavolo con un ministro sionista, Ayub Kra (telecomunicazioni) e tre ministri polacchi: lo stesso Morawiecki oggi fatto premier, Piotr Gliński (Ministro polacco della Cultura e del Retaggio), Adam Bielan( vicepresidente del Senato e deputato europeo), Jan Dziedziczak (segreteria di Stato), tutti in yarmulka.
- E’ invitato in pompa magna dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda (d’accordo, sposato con una Agata Kornhauser, of Jewish descent..).
- Ma soprattutto viene ricevuto dal vero padre e padrone del PiS, che ha co-fondato e che governa dietro le quinte Jarosław Kaczyński
Jarosław Kaczyński di solito non riceve…
Gemello monozigote di Lech, il presidente della repubblica morto in una tragedia aerea il 10 aprile 2010 mentre stava per atterrare a Smolensk in Russia (andava ad una cerimonia di commemorazione delle vittime polacche di Katyn, sterminate dai sovietici), si è convinto che sono stati i servizi di Putin ad uccidergli il fratello: il che non ha fatto nulla per attenuare il suo anti-russismo.
Estremamente prudente e riservato, “la sua porta è perennemente sbarrata”, e “si sa che non si deve bussare senza permesso previo”. Non al telefono, perché “il suo ufficio non risponde”: Egli parla solo a quattr’occhi . “Usa il telefono fisso con la parsimonia di un avaro. Non possiede nemmeno un cellulare, ovviamente. Al massimo, un conto corrente su cui far depositare lo stipendio, che fa prelevare a contanti. Ha una cultura molte tacche sopra la norma”.
E’ lui che governa la Polonia da uno sgangherato edificio nel centro di Varsavia, dove ha l’ufficio al primo piano. Non direttamente ma attraverso il PiS e le sue creature nel partito. Riunisce pochi intimi e fidati, “li ascolta tutti e infine decide: s’intende che queste decisioni sono definitive”, scrisse un anno fa la rivista americana Politico, dopo aver tentato (invano) di intervistarlo.
Naturalmente è lui che ha dato al governo la linea anti-EU ed anti-immigrati, non di rado portandolo allo scontro con Bruxelles: che lo ha accusato di avere ridotto “l’indipendenza della magistratura” (i giudici della corte costituzionale saranno nominati dal presidente della repubblica) e “limitato libertà di stampa”:
«Jarosław Kaczyński è totalmente imbevuto del retaggio religioso, storico, culturale e sociale della Polonia e dell’occidente Cristiano. È religioso, e si comporta da persona religiosa. È cattolico, e si comporta da persona cattolica. È polacco, e si comporta da polacco.»
Sicuramente è stato lui a scegliere come prima ministra Beata Szlydo; ed ora, pochi dubbi che sia stato lui a scegliere di sostituirla col bankster ebreo poliglotta, ben accetto all’Europa e ben noto negli ambienti internazionali e globali che contano – il che significa che ha scelto Morawiecki anche per guidare il partito alle prossime elezioni generali, l’anno prossimo.
Quando gli ebrei, in “Polin”, comandavano
Che dire? Di questi tempi la Polonia sembra controllata molto da vicino. Ma non è in fondo nemmeno una novità. La “narrativa” ebraica di un “antisemitismo polacco” virulento, ignora la realtà storica: che nella Polonia monarchico-nobiliare, gli ebrei avevano una completa autonomia. Non obbedivano alle leggi del Paese, ma al proprio “governo”; che si chiamava Comitato delle Quattro Terre, e in cui i rabbini potevano comminar la pena capitale contro gli ebrei disubbidienti, spesso perché “informatori” presso i goym , ossia denunciatori delle loro angherie (per esempio applicavano una tassa sulla carne macellata kosher, che loro stessi intascavano). Lo storico israeliano Rami Rosen ha smentito la “narrativa” dei poveri ebrei di Polonia, perseguitati e pacifici:
“Una scorsa ai fatti della storiografia (ebraica) degli ultimi 1500 anni mostra una storia diversa da quella che ci viene mostrata. Compresi massacri di cristiani in derisorie ripetizioni della crocifissione durante Purim; liquidazione di informatori, spesso comminate da tribunali segreti rabbinici […] che incaricavano esecutori segreti; assassini di adultere nelle sinagoghe o taglio del loro naso su ordine dei rabbini”.
“Nella Polonia del sedicesimo secolo il rabbino Shlomo Luria discute [in uno dei suoi testi “dottrinali”,ndr.] che “è meglio ucciderli [gli informatori] piuttosto che mutilarli, per esempio tagliando loro la lingua”, perché “è quasi certo che un ebreo [mutilato] si converta e, per vendicarsi, vada dicendo cose scorrette sugli ebrei. Io stesso ho visto che a limitarsi a mutilarli, gli [altri] ebrei hanno grandemente sofferto”.
Come ha scritto il compianto amico Israel Shahak, che era polacco ed aveva partecipato alla sollevazione anti-nazista del Ghetto di Varsavia,”Nel sedicesimo secolo, con il declino della monarchia polacca, gli ebrei polacchi assunsero un notevole potere sociale e politico. In quel periodo ottennero i più grandi privilegi […] I nobili [fannulloni e assenteisti] mettevano i loro clientes ebrei a gestire le loro proprietà urbane; normalmente gli ebrei l’avevano vinta sulle autorità comunali, che non potevano né cacciarli né sottometterli, grazie alla protezione che ricevevano dai nobili, di cui facevano gli interessi. Gli ebrei come tali erano esenti dai dazi e dai balzelli che gravavano pesantemente sulla piccola borghesia nazionale”. Secondo Shahak, è per questo che in Polonia non nacque una forte borghesia mercantile e politica, come avvenne nella vicina Germania.
Quanto al potere che i feudatari polacchi lasciarono agli ebrei sui loro latifondi di campagna, ecco: “Molti ebrei venivano usati come sorveglianti oppressori dei contadini[..] come esattori di specifici monopoli feudali quali i mulini, la distillazione della vodka, il controllo delle osterie; con diritto di perquisizione armata nelle case dei contadini per scoprire la distillazione illegale oppure i forni”. Agli ebrei, i nobili affidarono persino le chiavi delle chiese dei villaggi: per un battesimo, matrimonio o funerale, i contadini dovevano pagare all’ebreo loro sorvegliante.
Chi parla di “antisemitismo” persistente nella campagne polacche dovrebbe ricordare che nella classe miserabile dei contadini resta il ricordo di questi individui che irrompevano nelle misere isbe e spaccavano la storta per distillare la vodka clandestina, o i forni per maltizzare il grano, armati e parlanti una lingua incomprensibile. Perché, spiega ancora Shahak,”gli ebrei polacchi, unici nella storia ebraica, costituivano una enorme comunità che non si curò di imparare la lingua della nazione fra cui viveva”. Urlavano in yiddish ai contadini puntando loro alla gola le armi. E nonostante ciò, la Polonia è il solo paese est-europeo che, nella storia, non ha mai compiuto un’espulsione di massa di ebrei. Ed anzi, i contadini ne hanno protetto e nascosto migliaia dai nazisti nelle campagne.
Uno dei salvati fu lo scrittore noto in Usa, e specie ad Hollywood, come Jerzy Kosinzski (1933-1991: vero nome Lewinkopf); i genitori, prima di fuggire in URSS, lo affidarono bambino a una famiglia del villaggio di Dibrowa Gornicza, la famiglia Warchol. Lo hanno nascosto, protetto e nutrito. I Warchol erano cattolici e impegnati nella resistenza anti-comunista al Terzo Reich. Il padre di Kosinski invece (Mieczslaw) era comunista: quando tornò in Polonia sui cingolati dell’Armata Rossa, si affrettò a denunciare i salvatori del figlioletto come anticomunisti al governo marxista (ebraico) insediato a Varsavia. Adulto ed americano di successo (era amico di Roman Polanski, sceneggiatore, accompagnatore del cardinal Wojtyla quando questo questi viaggiava in Usa) Kosinski figlio scrisse un libro di successo, l’Uccello Dipinto, dove rievoca i mesi passati coi Warchol in campagna, dipingendosi come un bambino ebreo tormentato e terrorizzato dai questi contadini brutali, che facevano sesso con il bestiame, gettavano altri bambini nei cessi o li davano in pasto ai cani.
(James Parker Sloan, Jerzy Kosinski, a Biography, Dutton 1996. Si veda anche Maurizio Blondet, Cronache dell’Anticristo, Effedieffe 2011).
Ora, molti ebrei di origine polacca tornano volentieri a questa terra che li ha tanto perseguitati. Il governo PiS concede facilmente loro, si dice, migliaia di passaporti. Molti chiedono ed ottengono “riparazioni” per le persecuzioni e i sequestri di beni che hanno sofferto quando la Polonia era sotto i nazisti.
Con molta discrezione il governo protegge l’identità di un numero imprecisato di “agenti girati”, ossia persone dei servizi comunisti passsati agli americani o ad altri servizi. Molti hanno posizioni importanti in Polonia, si sospetta. Sia Kaczynski sia Duda, che avevano promesso di farne i nomi prima delle elezioni, adesso si rifiutano.
Il PiS del resto sta facendo molto come ausiliare del golpe filo-americanoa Kiev: grossi prestiti a fondo perduto all’Ucraina, combattenti ucraini curati negli ospedali, università gratis e stipendi per gli studenti ucraini – senza contare i 2 milioni di ucraini che sono ospitati e trovano lavoro in Polonia. Hanno già i loro “immigrati”. E vale la pena di non dimenicare che il regime di Kiev si ispira esplicitamente al movimento banderista, quei collaboratori dei nazisti che intrapresero una orrenda pulizia etnica in Volinia: non solo massacrando un numero enorme di cattolici polacchi (si dice mezzo milione), ma torturandoli in modi inenarrabili, donne e bambini compresi. Ancor oggi la ferita è viva.
I rapporti con Israele erano strettissimi già anche quando era premier la signora Szlydo: che ha compiuto almeno tre visite riservate in Sion ( i polacchi l’hanno saputo solo perché la delegazione ha avuto un incidente d’auto durante la trasferta)
Come mai tanta devozione e sottomissione non è bastata? Ora c’è un controllo più diretto: in funzione anti-Mosca? Perché la manifestazione patriottica di fine novembre ha allarmato? Domande.
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