Pagine

lunedì 4 dicembre 2017

Maurizio Blondet - Trump ha colluso sì, ma con Israele! La “devastante” confessione di Flynn:

Il tripudio dei media e politici anti-Trump nelle due rive dell’Atlantico per la ammissione di colpa del generale Flynn è tale, che tutti hanno strillato: ecco la prova del Russiagate! Non hanno capito o stanno facendo finta? “Chi” ha messo nei guai davvero Flynn,l’ex capo della DIA? Ricapitoliamo:
Mentre lavorava per la campagna di Trump, il generale  Flynn faceva anche il lobbista per vari clienti esteri, mettendo a frutto le sue alte relazioni guadagnate nel vecchio mestiere. Fra l’altro   ha presenziato alla celebrazione dell’anniversario di Russia Today a Mosca, dove ha tenuto un discorsetto per il quale è stato pagato 40 mila dollari.  L’appena eletto presidente Trump lo ha voluto accanto a sé come National Scurity Advisor; 24 giorni dopo lo ha licenziato.    Il generale era  stato tanto ingenuo da  lasciar capire che avrebbe riformato la CIA e le altre agenzie. E’ ovvio che quelle si sono mobilitate per   abbatterlo...

Flynn ha incastrato Kushner? 
Adesso,  l’FBI è riuscito a dimostrare che Flynn aveva mentito allo FBI sorvolando su alcuni contatti diplomatici che aveva avuto con l’ambasciatore  russo Sergei Kyslyak  durante la “transition” di Trump, su richiesta della amministrazione Trump stessa.  Attenzione: non c’è nulla di illegale in questi contatti con   gli ambasciatori   stranieri da  parte di un’amministrazione entrante; oltretutto, da vecchio uomo dei servizi militari, Flynn non poteva non sapere che CIA e NSA   stavano intercettando  durante quelle conversazioni.   Quindi, di  cosa Flynn è stato trovato colpevole e si è confessato tale?  Di   aver  mentito all’Fbi su  uno di quei contatti:  “mentire ai  federali” è di per sé un reato piuttosto grave:  fino a 5 anni di galera. Dunque Flynn, per farsi ridurre la pena,   si è detto  pronto a collaborare con lo  special prosecutor  che vuol raccogliere prove sulla collusione fra Trump e Putin,  quel Muller dell’FBI.
Su quale  argomento  Flynn, su mandato dell’amministrazione non ancora del tutto insediata, ha contattato l’ambasciatore russo?  Per ottenere   un favore, ebbene sì.  Ma quale?
Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU,  in quei giorni di fine 2016,  si profilava un voto di condanna di Israele per gli insediamenti illegali sui terreni palestinesi.  L’amministrazione Obama era decisa a non opporre, stavolta, il veto americano;   e l’amministrazione Trump non era ancora in grado di rovesciare quel che aveva fatto Obama, non essendo  ancora pienamente in funzione.  Quindi, come   si legge sul New York  Times, “il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu chiese al transition team di Trump di fare lobby presso altri paesi per aiutare Israele”.  Paesi con diritto di voto al Consiglio di Sicurezza, ovviamente: quindi Flynn contattò il suo buon amico dell’ambasciata russa  per fare lobby a favore di “Bibi”.   Di più: “gli inquirenti” scrive il NYT, “hanno appurato  che   mr. Flynn e   il genero nonché “senior adviser” di Trump, Jared Kushner, hanno preso la guida di questo sforzo”  per scongiurare la condanna di Israele all’ONU.
Il voto al   Consiglio di Sicurezza s’è tenuto il 23  dicembre 2016. I russi hanno forse accontentato il loro grande amico Flynn? No.  Non hanno posto il veto, come Jared sperava  e voleva e Israele s’è beccato la condanna.
Per quel che vale,  direte voi.  Ma quel che vediamo in questo caso è “una influenza di Israele sulla amministrazione Trump  che è riuscita,  ed  un tentativo  da parte dell’amministrazione Trump di influenzare il voto russo al Consiglio di Sicurezza,  che non è riuscito”. In ogni caso,non è stato “Putin a influenzare Trump”, ma al contrario, “Trump”  (o i suoi fidati) a cercare di influenzare “Putin”. Inoltre, nulla  di questi contatti riguarda  una qualunque ingerenza di “Putin” sulle elezioni USA,perché erano già avvenute.
C’è un secondo tema che Flynn ha nascosto all’FBI.  Obama, in uno dei suoi ultimi atti, aggravò le sanzioni e le ritorsioni contro Mosca.  “Mr. Flynn chiese all’ambasciatore Kyslyak che Mosca si astenesse dal rispondere con nuove  contro-sanzioni”, rendendo ancor più tesa una relazione  con la Russia che Trump  – e l’ha detto apertamente in campagna – voleva migliorare, non peggiorare. Stavolta, la richiesta ebbe successo:  “Il giorno seguente, Putin dichiarò che Mosca non avrebbe risposto con ritorsione”,  e  Trump emise uno dei suoi tweet: “Bella  mossa! Ho sempre saputo che [Putin] è intelligente!”.
Non solo: ma dalle inchieste dell’FBI   risulta chiaro che queste azioni di Flynn verso  l’ambasciata russa,  l’ex generale le ha fatte “su richiesta di un  esponente molto in alto del transition   team di Trump” che altri non è e non può essere che Jared Kushner. Il quale, divorato dallo zelo per la casa d’Israele, non   pare abbia riferito le sue mosse né al suocero né al resto del gruppo di transizione, nè il ministro degli Esteri  delle politiche che ha cercato di attuare (diastrosamnte) per Netanyahu.  Il vero e  pericoloso complottatore ed  agente di influenza  – ma pro-Israele, non pro-Russia – alla Casa Bianca appare ogni giorno di più proprio il  genero fanaticamente giudeo centrico, che Trump ama moltissimo   e del cui consiglio unicamente si fida. Tanto che lo ha insignito di titoli altisonanti almeno quanto quelli del re saudita  al figlio: Senior Advisor to the President, Deputy National Security Advisor for Strategy,  Special Representative for International Negotiations.

Jared ha   cucinato le “dimissioni di Hariri”, all’insaputa di   Tillerson

Sbagliando, naturalmente. Perché il bel Jared è  una vera scheggia impazzita: per esempio è stato lui  a cucinare, in accordo con  il suo  amicone impulsivo Mohamed ben Salman saudita  (MbS), le dimissioni del premier   libanese   sunnita  Hariri, con lo scopo   di provocare la spaccatura in Libano fra sunniti e sciiti, come   vuole Netanyahu per avere un pretesto di fare guerra a Hezbollah.
Come tutte le pensate di  MbS e di Jared, l’operazione è stata fatta così male che ha ottenuto  il risultato  –  senza precedenti –   non di spaccare, ma di unire  le componenti  del  Libano:   quella sunnita  che avrebbe dovuto scendere in campo contro Hezbollah,  non ha bevuto nemmeno per un momento   la storia che Hariri ha raccontato, con la faccia tristissima e gli occhi sfuggenti, da Ryad dove   ha detto di essersi dimesso perché l’Iran attentava alla sua vita;   il  presidente Michel Aoun (cristiano) ha detto che avrebbe accettato le dimissioni di Hariri solo   quando questi   le avesse presentata lui personalmente a Beirut, perché temeva che i  sauditi lo avessero “sequestrato” (il che era evidente).  Sono apparsi cartelli nella capitale: “Rivogliamo il nostro primo ministro”, sciiti e sunniti hanno partecipato ad una maratona urbana , “Corsa per Hariri”. Quando infine MbS ha dovuto rimandare Hariri a Beirut (su richiesta di Macron),  costui, incredulo e felice di essere liberato ed  applaudito da tutte le fazioni , è stato ben contento di seguire il consiglio del presidente cristiano Aoun, di”soprassedere” alle sue dimissioni. Accolto come un eroe  o un martire, Hariri soprassiede ancora.
Al centro Saad Hariri, il premier libanese forzato a dare le dimissioni dal saudita.  
Il punto è che Jared  ha messo a punto   col suo coetaneo saudita un piano così cervellotico, e così ridicolmente fallito , senza avvertire il capo del Dipartimento di Stato. Ossia  il ministro degli Esteri.
Rex Tillerson stava accompagnando Trump nel viaggio ufficiale in India ed era all’oscuro di tutto.  Avuta notizia delle dimissioni di Hariri dalle agenzie, Tillerson ha raccolto qualche informazione dai suoi diplomatici; ha sollevato di peso (in una  “long and pointed discussion”    il ministro degli esteri saudita Adel al-Jubeir ; ha dettato un comunicato in cui esprimeva  “rispetto per il primo ministro Said Al-Hariri come forte partner degli Stati Uniti”  “messa in guardia   rivolta ad ogni parte, dentro  o fuori il Libano, di usare il Libano come uno strumento  per conflitti per interpose parti  o in qualunque modo contribuire alla instabilità del paese”; dopodiché  ha dato le  dimissioni a Trump.

C’è  Jared anche dietro le folli sanzioni al Qatar


Anche perché non è la prima volta che Jared gli ha rubato il mestiere, facendo il ministro degli esteri al suo posto  e alle sue spalle: lo scorso giugno, è stato Jared a cucinare, sempre con l’amicone saudita e suo pari figlio-di-papà, la messa sotto accusa del Qatar da parte di  Ryad e dei satelliti emiri, uniti nel Gulf Cooperation Council, con un ultimatum e immediate sanzioni per ridurre  il Qatar alla fame, accusandone l’emiro Al-Thani  –   grande finanziatore dei terroristi  wahabiti in Siria – di colludere con l’Iran: operazione che ha avuto il solito successo  delle pensate dei due figli di  papà, quello  di  avvicinare il Qatar   all’Iran, da cui, dopo le sanzioni saudite, riceve  i rifornimenti alimentari.  Tutto questo pastrocchio ha rovinato  lo sforzo di Tillerson di saldare  un fronte unito  sunnita anti-Iran. Senza il Qatar, impossibile.
Le dimissioni di Tillerson sembrano per   il momento congelate.
Il problema è  che Trump non trae vantaggio dalle “confessioni” di Flynn scaricando le responsabilità su chi le ha davvero, Jared, perché stravede per  lui e condivide appassionatamente il suo genere di “politica estera” rovinosa per la sicurezza  nazionale  e nel solo vantaggio di Israele (o più precisamente nell’esclusivo vantaggio di Netanyahu).   In questo molto simile al monarca saudita che stravede per il suo impulsivo;  quanto ai due figli di papà, si somigliano davvero caratterialmente come due gemelli. Insieme hanno   architettato l’arresto delle decine di ricchi principi della corte saudita, con l’idea di far cacciar fuori loro, per  la loro  liberazione,  i miliardi di dollari (tremila, giurava Jared, probabilmente sventolando rapporti della Cia);  Bin Salman sperava di scucire ai parenti almeno 800. Non pare ne abbia ottenuti nemmeno 100, non abbastanza  per coprire gli immani buchi nel bilancio del regno aperti dalla guerra allo Yemen –  la quale si sta concludendo, come dubitarne?  con una sconfitta saudita.

Intanto in Yemen,  l’ambasciata russa  ha mediato un accordo…

Un cessate il fuoco si sta concludendo con la mediazione dei russi, che (incredibile) hanno tenuto l’ambasciata aperta in tutti questi anni, sotto le bombe, mantenendo i contatti con tutte le parti combattenti –  gli Houti e il dittatore  Ali Abdullah Saleh, “presidente” da 34 anni,  che il re saudita ha voluto detronizzare per metterci un suo fantoccio, Hadi.  Riuscendo anche questa volta, il clown prince,   nell’impossibile: unire gli Houti montanari sciiti (da decenni in lotta contro gli indottrinamenti wahabiti) a Saleh, prima loro nemico, e alle sue forze armate  rimastegli fedeli, sunnite.
In questi ultimi mesi però l’alleanza   fra Houti e Saleh (col suo esercito) si stava sfaldando.  Prima che le cose finissero con una vera guerra e carneficina fra le due parti, l’11 ottobre corso, i russi  hanno spedito in volo un gruppo chirurgico a Sanah, con il permesso di Ryad che controlla lo spazio aereo; i chirurghi hanno operato il 74 enne Saleh, non si sa bene di cosa, ma forse delle ferite e ustioni di un attentato mezzo fallito; l’intervento chirurgico è avvenuto nella stessa   sede dell’ambasciata di Mosca.
Fatto sta che sabato 2 dicembre, Saleh riappare in salute e annuncia di essere pronto per  “una  nuova pagina”  nei  rapporti con la coalizione saudita che attacca il paese, se mette fine alla guerra.  I sauditi hanno subito ufficialmente dichiarato il loro accordo e riconosciuto (di nuovo) come legittimo dittatore Saleh. Sempre meglio che avere a che  fare con gli irriducibili Houti, almeno è  un sunnita. E’ chiaro che MbS  l’impulsivo non aspettava che una scusa per smettere una guerra che gli costa 800 milioni di dollari al giorno (deve pagare mercenari assunti perfino in Sudamerica); è ancora  più chiaro  che di questo accordo, l’artefice e mediatore è stata la diplomazia russa.
Gli Houti appaiono essere i perdenti,  e lo sono. Ma qui hanno perso tutti, a cominciare da Ryad e dagli Stati Uniti che hanno fornito armi e bombardieri per  questa guerra allo Yemen, ed hanno perso la faccia  in tutto il mondo arabo. “I veri vincitori sono i russi:   hanno dimostrato di  esser capaci di creare pace laddove gli Usa creano solo caos e guerre”.

il pericoloso dominio di Jared sul suocero

 
Pace dunque, finalmente? No purtroppo. Mentre  con Tillerson se ne va una dose di ragionevolezza, i due figli di papà sono sempre al loro posto (anche se il generale Mattis ha imposto a Trump di rimandare Jared e Ivanka a New York), e  sono i grandi creatori della alleanza fra Israele e l’Arabia Saudita in funzione anti-Iran.  Israele è infatti il  gran perdente  – ora si trova Hezbollah e Iran  quasi ai confini, mentre sperava di distruggerli per interposto ISIS e USA, e il suo delirio di onnipotenza non le permette di adeguarsi.  Netanyahu, con Jared e MbS, stanno cercando  di alzare la posta.
Per questo gli israeliani hanno bombardato, il 1 dicembre,  in Siria non lontano da Damasco, una installazione  che loro sostengono essere “una base militare che l’Iran stava costruendo”, più probabilmente postazioni di Hezbollah. Il nuovo progetto pare essere quello di trascinare   le forze armate iraniane a rispondere alle loro provocazioni, magari con un colpo all’Arabia Saudita  – e poi di fare sì, con la propaganda sulla”aggressione” dell’Iran,  di  trascinare il Senato Usa alla  guerra contro l’Iran.
Può succedere.
La follia nei circoli  di Washington è a un livello tale, che tutti i media fanno finta di credere che le “confessioni di Flynn” incastrino Trump e dimostrino la sua collusione con Mosca, mentre invece dimostrano la collusione di Jared con Israele.
Il parossismo della  demenza l’ha raggiunto un anchorman della ABC, Brian Ross ,  in carriera da vent’anni,   che ha  detto di conoscere in anticipo il contenuto della confessione di Flynn (da “una fonte anonima”) e che questo,appunto, incastrava Trump che avrebbe ordinato a Flynn di contattare l’ambasciata russa “durante” la campagna elettorale, mentre i contatti sono avvenuti “dopo”  a  campagna elettorale  finita (a dicembre 2016) e   – come abbiamo illustrato –   non era illegale; inoltre  quei contatti  non hanno  nulla   per rafforzare il teorema del Russiagate.   La voglia di nuocere a Trump porta questi giornalisti in uno stato di allucinazione. Ross   è stato sospeso dalla ABC e Trump s’è rallegrato  che la “fake news” sia stata smascherata.  Ma   lui ha la follia in casa,  se non si libera di Jared.  Il genero di Trump, oltre che giovanotto viziato, ha aderito alla setta fanatica degli Habad Lubawitcher,  cultori di un allucinato messianismo per cui devono accelerare la venuta del Messia anche con una guerra mondiale; Ivanka  lo segue in questo fanatismo (mandano i loro  figli alle scuole Lubawitcher)  con la foga della neo-convertita che si sa non pienamente accetta dai fanatici (resta pur sempre una goy, e i suoi figli, per il Talmud, non sono veri ebrei).   E si sa   che Donald subisce totalmente l’influsso della figlia.  Ci sarebbe persino da  immaginare che Flynn si sia “sacrificato” astutamente, per allontanare l’influsso di Jared sul suocero…..naturalmente è un’ipotesi che comporterebbe immaginare in Flynn una intelligenza superiore, di cui ha dato finora poche prove.  Ma anche se è così, il “sacrificio” di Flynn è inutile.
Senior Advisor to the President, Deputy National Security Advisor for Strategy, Special Representative for International Negotiations.

Nessun commento:

Posta un commento