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mercoledì 20 settembre 2017

MAURIZIO BLONDET - SUICIDIO DEMOGRAFICO DELL’EUROPA. ED E’ VIETATO PIANGERLA.


Niente figli. Né Angela Merkel né Teresa May, né Macron  né Gentiloni hanno figli. E non basta: sono senza  figli anche il primo ministro svedese, olandese, irlandese, del Lussemburgo.  Senza figli Christine Lagarde, governatrice del Fondo Monetario Internazionale.  Solo lo spagnolo Mariano Rajoy e il belga Charles Michel ne hanno due ciascuno. E’ la prima volta nella storia che questo avviene, dice Charles Gave, economista e pensatore: “E chi non ha figli non ha la stessa visione del futuro di chi  ne ha. Il futuro, per  loro, si ferma alla prossima elezione o alla propria morte”.
In Germania il 30% delle donne di più di 45 anni, e il 40% di quelle con diploma universitario, non hanno  figli. E’ lo stesso quasi dappertutto nel resto d’Europa, dove il tasso di fecondità (numero di figli per donna)  delle popolazioni locali (senza tener conto degli immigrati)  è di 1,4 : sotto il tasso di sostituzione.
Gave spiega: “In Italia e Grecia,  100 nonni hanno 42 nipoti. La piramide demografica è rovesciata, poggia sulla punta invece che sulla base. E tutti sanno che se una piramide poggia sulla punta,ha la deplorevole tendenza a crollare” . E’ già possibile indicare le crepe:...

“Nonni e genitori hanno emesso un debito pubblico gigantesco quando erano 100. Pensare che i nipoti  saranno in grado di rimborsare quel debito quando saranno 42,  appartiene all’ottimismo più beato.
“I  100 nonni sono tutti alloggiati, spesso  molto bene. L’immobiliare crescerà quando non ci saranno che 42 compratori per cento venditori? E lo stesso vale per le auto, le stanze d’albergo, i posti di professore o di ostetrico…”. Ma niente paura: i nostri governanti  senza figli  riempiono i nostri paesi di immigrati dall’Africa e dal Medio Oriente: saranno loro che compreranno i  begli appartamenti dei nonni, sosterranno la domanda di auto e di ostetriche,   sono quelli che pagheranno le nostre pensioni.
Allora Charles Gave indossa le  mezze maniche  di attuariale, e fa un po’ di  conti: politicamente  scorretti, avverto.  Abbiamo visto che la popolazione locale ha un  tasso di fecondità di 1,3, 1,4 figli per donna.  Mentre la popolazione di recente immigrazione (che significa, da noi, musulmana)  ha 3,4 o 4 figli per donna. Poniamo che questa popolazione  sia “solo” il 10% della popolazione totale. Entro 40  anni, avverrà il rovesciamento: i nipoti generati dal 90 per cento pareggeranno i nipoti generati  da quel  10, poi li supereranno. Oltre la metà della popolazione “francese” sarà ineluttabilmente d’origine musulmana. Lo stesso avverrà in Germania e Italia,  in Spagna ed Austria,  in  Belgio e Olanda.
“Attenzione: le mie non sono predizioni; sono calcoli. E non tengo nemmeno conto  del  continuo arrivo di nuovi migranti”,che in Italia sono centinaia di migliaia l’anno e avvicinano nel tempo il momento in cui la popolazione “italiana” sarà musulmana: ben prima di 40 anni, facciamo 20. A Bruxelles, capitale della UE, il 25% delle nascite sono di musulmani, in Galles e Scozia, il nome più frequente dei nuove nati è Mohammed.  Le classi elementari sono già oggi riempite di bambini musulmani; fra 15 anni, ad entrare nel mercato del lavoro saranno loro.  Non si dice che sia un male o un bene; è un dato di fatto, che avrà conseguenze sul sistema politico e il livello di civiltà vigenti.
Per la Francia le cose vanno un po’ meglio, apparentemente: grazie a politiche nataliste, il tasso di fertilità delle francesi è di quasi 2 figli per donna, sufficiente ad assicurarla sostituzione. Ma, avverte Gave: per ragioni ovvie, è vietato in Francia censire le popolazioni per credenze religiose. E dunque nessuno sa il tasso di fertilità “delle francesi arrivate recentemente, come si usa chiamarle. Quasi certamente sono queste francesi “recenti” ad alzare la media della natalità, mentre le francesi “di nascita”sono al livello delle altre europee, 1,4.
“Temo che sia la fine della nostra estate demografica, durata dal 1968 al 2010 circa”, conclude Gave, “e non ci sarà autunno, si entrerà direttamente in un inverno demografico che non sarà seguito,  temo, da alcuna primavera.  La nostra estate sarà veramente terminata quando la demografia si rovescerà e saremo diventati minoritari nel nostro stesso paese, e la maggioranza non farà alcuna attenzione alle geremiadi dei sessantottardi, che saranno allora pensionati o morti, ossia insignificanti”.

Fatto significativo, questo articolo di Gave ha meritato uno sprezzante e furente attacco da Libération (la gauche caviar, proprietà Rotschild) che si sforza di smentire i dati riportati dall’economista: la fecondità delle figlie delle musulmane  cala ed si avvicina a quella delle francesi,  alla terza  generazione i nipoti degli immigrati musulmani si sentono meno islamici, eccetera. Ma soprattutto si denuncia di Gave “il sottotesto razzista, più precisamente islamofobo”.
Malafede sinistroide, vedere nell’avversario solo motivi abietti  e criminosi.  Ma Gave ha espresso invece un nobile dolore: “L’immensa nuova dei prossimi 30 o 40 anni sarà  la scomparsa delle  popolazioni europee, i cui antenati hanno creato il mondo  moderno. E con le  popolazioni spariranno le nazioni europee, così diverse e così complementari, che hanno fatto l’immenso successo del vecchio continente  da cinque secoli almeno. Diceva Toynbee: le civiltà non muoiono assassinate, muoiono perché si suicidano.  Questo, come ogni suicidio, è  un rifiuto della vita.  Nel fondo, l’Europa muore perché ha rifiutato la vita preferendo le culture della morte. Non è né bene né male. Semplicemente, “è”.
Sembra proprio che, mentre siamo obbligati a riconoscere  i diritti dei musulmani fra noi alla loro “cultura”,  la specificità della loro mentalità  e la dignità dei loro costumi e credenze   – a noi siamo vietato anche piangere la fine della nostra impareggiabile cultura  di tremila anni; ci vien rimproverato  di  sentire come una perdita  la  fine della nostra propria civiltà, che non vogliamo difendere più.  Ma   sarà permesso provare dolore all’idea che gli “europei” per jus soli   del prossimo secolo vivranno   indifferenti sotto il Pantheon   e  il barocco di cui non sapranno nulla, come oggi i fellah sotto le  piramidi; che Dante non sarà più letto,  che Caravaggio e Brueghel saranno distrutti  come orrori peccaminosi, o buttati come estranee stranezze;  che non si rileggeranno Thomas  Mann e Santa Teresa;   che il sangue e il fragore delle Termopili , Lepanto e El Alamein, della Beresina e  di Verdun non saranno onorati,  e i grandi nomi di Magellano, Vasco da Gama  e Pilsudski sepolti nel nulla,   che le biblioteche, i musei, le scienze,   le tombe dei santi e dei re, la “biodiversità”  culturale dei popoli europei così  vicini eppure così diversi e vari  – almeno fino all’omologazione mortale e terminale  – tutto ciò non avrà più senso.
(la grande scimmia in Vaticano)
Proprio questo divieto orwelliano di  piangere la propria civiltà indica che  gli europei aspirano al proprio suicidio, in realtà non vogliono più essere. Forse ha ragione l’amico Nicolas  Bonnal: “Noi spariremo per ragioni politiche, finanziarie o demografiche. Ma la perdita, per parlare  come Flaubert, non sarà grande: non abbiamo più niente da proporre”.

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