Alla conquista dell'Africa. Di nuovo...?
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di Pierluigi Fagan.
PIATTO RICCO MI CI FICCO. Espressione non so quanto diffusa, tipica dei maccheronici giocatori di poker, sta a significare “non posso esimermi dal partecipare a questa mano dato che il piatto è così invitante”. Il piatto è l’Africa.
Il recente vertice di Parigi ratifica il drastico cambiamento della strategia europea sui migranti.
Abbiamo più volte segnalato che l’Africa è al contempo:
1) l’ultima terra relativamente intatta in termini di risorse e relativo sfruttamento (sebbene saccheggiata già da un paio di secoli);
2) in prospettiva 2050, sarà un quarto della popolazione mondiale (mentre Europa+Nord America+Oceania faranno assieme solo il 12% del mondo);
3) la somma dei primi due punti fa “prospettive di crescita”.
L’Africa è la più brillante promessa per tutti e quattro i fattori fondamentali: cibo, energia, materie prime, forza-lavoro. Poiché il moderno sistema economico - che chiamiamo "capitalismo" - funziona solo nella misura in cui sfrutta una differenza tra aree con i quattro fattori fondamentali in cui i valori sono asimmetrici, l’Africa è l’ultima Thule...
Al tavolo di gioco sono quasi tutti presenti.
Il Regno Unito laggiù e di casa ed ancora oggi è il primo paese al mondo per “aiuti”, la Cina è presente in forze con forti investimenti strategici, maestranze, infrastrutture e anche una prima base militare a Gibuti, l’India è presente con una diffusa diaspora, gli USA hanno basi militari ufficiali ma molte più ufficiose o addirittura non pubblicamente note. Gli USA però scontano sia la lontananza, sia la minor esuberanza del loro capitalismo sempre più finanziarizzato e introflesso, sia la storica incapacità di gestire situazioni diplomatiche complesse, sia l'impegnativa attenzione alla Russia e sopratutto alla Cina. Se ci saranno guerre, ne approfitteranno, ma i tempi dei Piani Marshall sono finiti. Oltre alla Cina forte sul lato sud-orientale, c’è il mondo petro-islamico forte sul lato centro-nord-orientale e l’euro-Francia forte su quello centro-nord-occidentale.
La penetrazione petro-islamica è foriera di vari problemi tra cui la presenza incrementale di varie formazioni armate di credo wahhabita e mitra a fondo perduto.
Questa presenza con mire egemoniche crea due problemi tra gli altri:
a) insidia le élite locali che rischiano di essere travolte da altrettante rivoluzioni islamiste;
b) inasprisce i conflitti, alimentati - tra l’altro - da un fondo di antiche partizioni tribali tipiche del luogo, partizioni compresse a forza nel formato della stato-nazione (ma senza appunto nazione, anzi con più "nazioni" appiccicate assieme a forza in uno “Stato” che molti africani non hanno ancora ben capito a cosa serve).
Di contro, offre una cornice di immagine di mondo realmente priva di pregiudizi etnici (il grande successo storico dell’Islam nel mondo solo a volte si è affidato alla spada, molto spesso si è trattato di spontanee conversioni promosse da singoli commercianti), e naturalmente offre sfogo e gloria ai tanti giovani testosteronici e arrabbiati che nella demo-sociologia africana abbondano.
Questa penetrazione dell’Islam radicale griffato by petro-monarchie, è una delle componenti che agitano i quadri locali, agitazione che aiuta a produrre migranti.
Chi scrive, crede fermamente e sulla base di inferenze forse sbagliate ma comunque fondate, che l’espressione “organizzazioni criminali” quali gestori del traffico umano da lì a qui, sia fuorviante. Difficile ridurre il fenomeno a una presunta spontaneità locale e non pensare ad una precisa volontà geopolitica da parte delle petro-monarchie, la stessa di cui solo oggi si sono improvvisamente accorti i media mainstream appena hanno indagato un minimo sul complesso delle moschee/scuole islamiche/imam di casa nostra a seguito dell'ennesima strage a Barcellona.
Chi scrive, crede fermamente e sulla base di inferenze forse sbagliate ma comunque fondate, che l’espressione “organizzazioni criminali” quali gestori del traffico umano da lì a qui, sia fuorviante. Difficile ridurre il fenomeno a una presunta spontaneità locale e non pensare ad una precisa volontà geopolitica da parte delle petro-monarchie, la stessa di cui solo oggi si sono improvvisamente accorti i media mainstream appena hanno indagato un minimo sul complesso delle moschee/scuole islamiche/imam di casa nostra a seguito dell'ennesima strage a Barcellona.
Ecco allora riassunto il quadro per seguire l'“aiutiamoli a casa loro” di cui all’articolo che linkiamo qui di seguito:
http://www.huffingtonpost.it/2017/08/28/il-vertice-di-parigi-ratifica-il-drastico-cambiamento-della-strategia-europea-sui-migranti_a_23188422/?utm_hp_ref=it-homepage.
Unisco due ulteriori differenti punti di vista.
Uno è quello di Bill Mitchell (economista post-keynesiano – MMT), per chi è interessato ad approfondire questo complesso tavolo del gioco di tutti i giochi:
https://www.sinistrainrete.info/…/10431-bill-mitchell-l-ue-… + http://bilbo.economicoutlook.net/blog/?p=36261.
Un po’ più leggero e di colore ma utile per ricordare il fondo delle relazioni euro-africane, questo articolo di Alessandro Gilioli:
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/…/qui-e-l…/
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