Macron cerca di ottenere il controllo più ampio possibile delle forniture energetiche al nostro paese, un’arma potentissima che Parigi potrà usare contro Roma in qualsiasi futura crisi.
da GeopoliticalCenter.
Esiste un filo rosso che lega tutte le recenti mosse della Francia a guida Macron che interessano il nostro paese? Esiste una strategia che possiamo intravedere nella azioni (e non nelle parole, spesso concilianti e suadenti) del presidente francese? Secondo noi sì.
Secondo la nostra visione Macron sta cercando di ottenere il controllo più ampio possibile delle forniture energetiche al nostro paese, un’arma potentissima che Parigi potrà usare contro Roma in qualsiasi futura crisi diplomatica, disputa sui diritti di pesca, divergenza in sede europea o bilaterale, dopo essere stata l’Italia luogo di shopping per la Francia.
Ma cosa sta facendo Parigi?
In primo luogo sta cercando di diventare il referente europeo della Libia, un referente in grado di garantire contemporaneamente, a differenza dell’Italia, forniture militari, assistenza nel settore petrolifero, interfaccia con le nazioni del Sahel, copertura diplomatica in sede di Nazioni Unite grazie al diritto di veto. La Libia rimane oggi per l’Italia la penultima nazione dove possiamo gestire in maniera diretta vastissimi giacimenti di gas e petrolio...
. La Libia è connessa all’Italia da linee di trasporto delle materie prime energetiche, che senza toccare paesi terzi e totalmente di proprietà nazionale, collegano Tripoli alla Sicilia. Il nuovo governo libico, se filo francese, potrebbe revocare le concessioni ad Eni e nazionalizzare le infrastrutture petrolifere, per poi affidarne la gestione “tecnica” ai francesi. Se così accadesse la Francia, che già è uno dei nostri principali fornitori di energia elettrica, prodotta dalle sue centrali nucleari, diventerebbe nostro fornitore anche per la componente Oil&Gas.
Parigi sta anche agendo in modo tale che l’Italia non possegga armi di “rappresaglia” (economica s’intende) che sono in un certo senso strategiche per lo stato francese. Ci riferiamo alla questione dei cantieri navali di St. Nazaire, acquistati da Fincantieri, cantieri che la Francia non riteneva “strategici” e che infatti erano stati sotto il controllo di un’azienda sud coreana. Oggi però che è l’italiana Fincantieri che si appresta a prenderne il controllo, il governo francese ha dichiarato i cantieri di interesse strategico, e chiede all’Italia di non superare il 50% nella quota di proprietà. Nel caso in cui l’Italia, con Fincantieri, non accettasse di scendere al 50% il governo di Parigi è pronto a “nazionalizzare” i cantieri in oggetto. Come classifichiamo questo comportamento? Lasciamo a voi la definizione migliore.
La Francia ha agito propedeuticamente rispetto a questa decisione ordinando lo stop all’avanzamento dei lavori sul Corridoio 5 delle vie di connessione europee. Il corridoio 5 unisce l’Oceano Atlantico al Mar Nero ed è formato da una ferrovia ininterrotta, che in Italia dovrebbe varcare il confine con la Francia in Val Susa, la famosa Tav, tanto avversata dal comitato piemontese “No Tav”. Macron ha ordinato una revisione dei capitoli di spesa per il corridoio 5, mettendo di fatto in forse il collegamento Italia-Francia. Ma il corridoio 5 non verrebbe interrotto, si sposterebbe solo più a nord e transiterebbe dalla Francia e poi dalla Svizzera, escludendo l’Italia da una via commerciale determinante per lo sviluppo del nostro Paese.
Siamo convinti che questa strategia francese sia indirizzata ad una limitazione della residua indipendenza energetica dell’Italia, che diventerebbe completamente dipendente da Parigi per la sua stessa sopravvivenza.
Ultima nostra speranza di ricevere energia non mediata da Parigi si chiama Zhor, un enorme giacimento in acque egiziane che Eni ha scoperto alcuni anni fa. Sarebbe nostra cura monitorare attentamente le relazioni Francia-Egitto, perché se la nostra visione è corretta il prossimo passo di Macron sarà in Egitto. Speriamo che il nostro ambasciatore in Egitto faccia il suo lavoro in maniera puntuale e mantenga ottimi rapporti con il governo di El Sisi… Come dite? Da otto mesi non abbiamo un ambasciatore in Egitto? Ricordiamo bene la triste vicenda di Giulio Regeni, ma non è tenendo a Roma il nostro ambasciatore o lasciando ai francesi anche il gas di Zhor che otterremo verità per quel povero ragazzo….ma questa è un’altra storia.
Dell’Egitto e dei nostri rapporti con Il Cairo scriveremo in un altro post…
Secondo la nostra visione Macron sta cercando di ottenere il controllo più ampio possibile delle forniture energetiche al nostro paese, un’arma potentissima che Parigi potrà usare contro Roma in qualsiasi futura crisi diplomatica, disputa sui diritti di pesca, divergenza in sede europea o bilaterale, dopo essere stata l’Italia luogo di shopping per la Francia.
Ma cosa sta facendo Parigi?
In primo luogo sta cercando di diventare il referente europeo della Libia, un referente in grado di garantire contemporaneamente, a differenza dell’Italia, forniture militari, assistenza nel settore petrolifero, interfaccia con le nazioni del Sahel, copertura diplomatica in sede di Nazioni Unite grazie al diritto di veto. La Libia rimane oggi per l’Italia la penultima nazione dove possiamo gestire in maniera diretta vastissimi giacimenti di gas e petrolio...
. La Libia è connessa all’Italia da linee di trasporto delle materie prime energetiche, che senza toccare paesi terzi e totalmente di proprietà nazionale, collegano Tripoli alla Sicilia. Il nuovo governo libico, se filo francese, potrebbe revocare le concessioni ad Eni e nazionalizzare le infrastrutture petrolifere, per poi affidarne la gestione “tecnica” ai francesi. Se così accadesse la Francia, che già è uno dei nostri principali fornitori di energia elettrica, prodotta dalle sue centrali nucleari, diventerebbe nostro fornitore anche per la componente Oil&Gas.
Parigi sta anche agendo in modo tale che l’Italia non possegga armi di “rappresaglia” (economica s’intende) che sono in un certo senso strategiche per lo stato francese. Ci riferiamo alla questione dei cantieri navali di St. Nazaire, acquistati da Fincantieri, cantieri che la Francia non riteneva “strategici” e che infatti erano stati sotto il controllo di un’azienda sud coreana. Oggi però che è l’italiana Fincantieri che si appresta a prenderne il controllo, il governo francese ha dichiarato i cantieri di interesse strategico, e chiede all’Italia di non superare il 50% nella quota di proprietà. Nel caso in cui l’Italia, con Fincantieri, non accettasse di scendere al 50% il governo di Parigi è pronto a “nazionalizzare” i cantieri in oggetto. Come classifichiamo questo comportamento? Lasciamo a voi la definizione migliore.
La Francia ha agito propedeuticamente rispetto a questa decisione ordinando lo stop all’avanzamento dei lavori sul Corridoio 5 delle vie di connessione europee. Il corridoio 5 unisce l’Oceano Atlantico al Mar Nero ed è formato da una ferrovia ininterrotta, che in Italia dovrebbe varcare il confine con la Francia in Val Susa, la famosa Tav, tanto avversata dal comitato piemontese “No Tav”. Macron ha ordinato una revisione dei capitoli di spesa per il corridoio 5, mettendo di fatto in forse il collegamento Italia-Francia. Ma il corridoio 5 non verrebbe interrotto, si sposterebbe solo più a nord e transiterebbe dalla Francia e poi dalla Svizzera, escludendo l’Italia da una via commerciale determinante per lo sviluppo del nostro Paese.
Siamo convinti che questa strategia francese sia indirizzata ad una limitazione della residua indipendenza energetica dell’Italia, che diventerebbe completamente dipendente da Parigi per la sua stessa sopravvivenza.
Ultima nostra speranza di ricevere energia non mediata da Parigi si chiama Zhor, un enorme giacimento in acque egiziane che Eni ha scoperto alcuni anni fa. Sarebbe nostra cura monitorare attentamente le relazioni Francia-Egitto, perché se la nostra visione è corretta il prossimo passo di Macron sarà in Egitto. Speriamo che il nostro ambasciatore in Egitto faccia il suo lavoro in maniera puntuale e mantenga ottimi rapporti con il governo di El Sisi… Come dite? Da otto mesi non abbiamo un ambasciatore in Egitto? Ricordiamo bene la triste vicenda di Giulio Regeni, ma non è tenendo a Roma il nostro ambasciatore o lasciando ai francesi anche il gas di Zhor che otterremo verità per quel povero ragazzo….ma questa è un’altra storia.
Dell’Egitto e dei nostri rapporti con Il Cairo scriveremo in un altro post…
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