Nicolas Bonnal
(MB. Questo articolo dell’amico Nicolas Bonnal, saggista e cercatore squisito di verità nascoste, merita il posto d’onore)
Ogni volta “Lo stesso tema, la stessa constatazione : le cose, i problemi non cambiano da due secoli o quasi. Leggete la conclusione delle Memorie d’Oltretomba di Chateaubriand (1849) e siete già nel nostro mondo. Mondo unificato, mondo imbruttito, mondo anti-artistico, mondo decivilizzato, mondo di controllo, di denaro, di quantità. […]
I problemi dell’Italia sono vecchi e datano dalla sua unificazione « mancata » da una cricca corrotta, quella che la assoggetta via via all’Inghilterra (liberali, senatori, massoni), alla Germania, all’America e poi all’Europa.
Nel 1869 l’anarchico Bakunin già rileva questo magro bilancio :
« In nessun luogo come in Italia si può meglio studiare il nulla del vecchio principio della rivoluzione esclusivamente politica, e della decadenza della borghesia, questa rappresentante esclusiva delle idee dell’89 e del ’93 e di ciò che si chiama ancor oggi patriottismo rivoluzionario...
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« Uscita da una rivoluzione nazionale vittoriosa, ringiovanita, trionfante, avendo la fortuna tanto rara di possedere un eroe e un grand’uomo, Garibaldi e Mazzini, l’Italia, questa patria dell’intelligenza e della bontà, pareva dovesse superare in pochi anni tutte le altre nazioni in prosperità e grandezza. Le ha superate in miseria. »
E constata tristemente Bakunin :
« Meno di cinque anni di indipendenza sono bastati a rovinare le sue finanze, affondare il paese in una situazione economica senza uscita, per uccidere la sua industria, il suo commercio, e quel che è peggio, per distruggere nella gioventù borghese quello spirito di eroica devozione che aveva servito per oltre trent’anni come leva potente a Mazzini ».
Paese nato morto, come la nostra Europa della Fine dei Tempi (regna un’atmosfera da Kali Yuga, evoliana, nel testo del gran Bakunin) o come la nostra Francia repubblicana, la borghesia mondializzata segò il ramo del Risorgimento :
« Il trionfo della causa nazionale, invece di ravvivare, aveva schiacciato tutto. Non solo la prosperità materiale, lo spirito stesso era morto ; e si restava stupefatti a vedere questa gioventù di un paese politicamente rinascente, vecchia di non so quanti secoli e che, non avendo dimenticato nulla, non aveva alcuna cura di imparare qualcosa ».
C’è già la sete di poltrone che si è vista con la loro Europa :
« Non si può nemmeno immaginare – scrive Bakunin – quale immensa libidine di posizioni sociali e di « posti » è stata risvegliata in seno alla borghesia italiana . E’ così che è nata la famosa Consorteria [in italiano nel testo , ndr], questa cricca borghese che, essendosi impadronita di tutti i posti lucrativi, malmena, saccheggia, disonora oggi l’Italia, e che, dopo aver trascinato la patria italiana in tutte le pozze di fango possibili, l’ha fatta concludere ai disastri di Custoza, di Lissa e di Mentana ».
Gli stessi problemi (denatalità, declino culturale, militarismo, statalismo) si pongono nel 1890. Lo scienziato francese Gustave Le Bon annota :
« Il principio di nazionalità, così caro agli uomini di stato e di cui facevano il fondamento della loro politica, forse ancora citato fra le idee direttrici di cui bisogna subire la pericolosa influenza. La sua realizzazione ha condotto l’Europa alle guerre più disastrose, l’ha messa sotto le armi e condurra tutti gli stati moderni alla rovina e all’anarchia. Il solo motivo apparente che si poteva invocare per difendere questo principio era che i paesi più grandi e popolosi sono i meno minacciati. Segretamente, si pensava che erano i più adatti alle conquiste ».
[..] L’abilissimo Le Bon [1841-1931] fa l’elogio di Small is beautiful :
« Oggi risulta che sono precisamente gli stati più piccoli e meno popolati : Portogallo, Grecia, Svizzera, il Belgio, la Svezia, i meno minacciati. L’idea dell’unità ha rovinato l’Italia, prima così prospera, al punto che oggi essa è sull’orlo di una rivoluzione e di una bancarotta. Il bilancio annuo di tutti gli stati italiani, che prima della unificazione d’Italia toccava i 550 milioni, oggi raggiunge i 2 miliardi ».
E Le Bon sottolinea anche la debolezza dei paesi latini, corrotti da lustri, secondo lui, dal verbalismo, il socialismo, l’anarchia e il cesarismo ! Ma è più complicato di così. Perché questo secolo dell’unificazione è stato quello del regno della quantità nel senso guénoniano, e si può dire che la bella Germania,quella della musica e della filosofia, della poesia e del romanticismo, è finita con la sua unità – che sboccò nell’industrialismo, il socialismo e il bellicismo che sappiamo.
Ancora Gustave Le Bon, come avesse previsto il nazismo :
« La Germania moderna, nonostante le ingannevoli apparenze di prosperità, ne sarà indubbiamente la prima vitima, a giudicare dal successo delle diverse sette che vi pullulano. Il socialismo che la rovinerà sarà senza dubbio rivestito di formule scientifiche rigide, buone per una società ideale che l’umanità non produrrà mai, ma questo ultimo figlio della ragion pura sarà il più intollerante e il più temibile di tutti i suoi fratelli maggiori. Nessun paese è tanto pronto a subirla quanto la Germania. Nessuno ha più perduto oggi iniziativa, indipendenza e abitudine a governarsi » (1894).
Fonti
Nicolas Bonnal – Chroniques sur la Fin de l’Histoire (Kindle)
Le Bon- Lois psychologiques de l’évolution des peuples
Leopold Kohr- the Breakdown of nations
Bakounine_ Lettre aux rédacteurs du Réveil, à Paris, octobre 1869 (inédit)
RISORGIMENTO, LA “FAKE NEWS” PRIMALE
M.B.
L’anarchico Mikhail Bakunin (1814-1876) visse a Napoli dal 1865, dove fondò il giornale Libertà e Giustizia e aprì la sezione della Lega Internazionale dei Lavoratori.
Sicuramente, quindi, ha visto di persona la riduzione del prima prospero Meridione alla miseria. E’ impressionante vedere come l’Italia che descrive, saccheggiata, malmenata e disonorata da una oligarchia occupante tutti i « posti » lucrosi, somigli alla nostra di oggi. « Meno di cinque anni di indipendenza sono bastati a rovinare le sue finanze, affondare il paese in una situazione economica senza uscita, per uccidere la sua industria, il suo commercio… ».
Impressionante constatare come, nonostante i pregiudizi progressisti su Garibaldi e Mazzini – essi non fanno velo a Bakunin nel giudizio, durissimo, sulla Consorteria che ha non « liberato », ma preso l’Italia come una terra che ha spogliato, riducendone in rovina le finanze e lo spirito stesso.
Ancor più m’impresssiona constatare che questa verità, che già appariva in tutta la sua aberrazione agli occhi di uno straniero intelligente, sia stata nascosta a noi italiani – dalla storiografia ufficiale o piuttosto propaganda di regime che è stata insegnata nelle scuole del regno e poi della repubblica.
Per sapere la degradante verità, noi abbiamo dovuto attendere un secolo e mezzo, gli scavi originali negli archivi di una generazione di storiche animose – di Angela Pellicciari (Risorgimento da riscrivere, 1998) di Elena Bianchini Braglia (Risorgimento ; le radici della vergogna, La storia esemplare della Brigata Estense – e soprattutto il memoriale del poliziotto Filippo Curletti, l’uomo di mano del Cavour e del Farini La verità sugli uomini e le cose del Regno d’Italia, 2005, assolutamente da leggere) ; nonché la pubblicazione di La Rivoluzione Italiana (2000) dello storico e parlamentare irlandese Patrick O’Clery, testimone oculare a Porta Pia, e da ultimo i libri di Pino Aprile.
E ancor oggi, questi libri che hanno rivelato come il Risorgimento sia stato un fatto di opportunismo cinico di una classe dirigente ingorda quanto incapace, di manipolazione del consenso e brogli elettorali, di ruberie senza limiti de denaro pubblico di partiti fin da subito contigui e ammanicati alle cosche malavitose, di dipendenza servile allo straniero, di repressioni militari disumane – non sono entrati ancora nella coscienza comune. L’0ligarchia (la Consorteria) ha ancora cura di bollare la Pellicciari come « revisionista » (poco meno che “negazionista”), la Bianchini Braglia è definita « pasionaria » dai media mainstream ; le loro opere, semi-censurate (basta non recensirle su Repubblica e il Corriere, non citarle mai nei salotti progressisti), sono note solo a pochi.
Dobbiamo constatare quindi che vige ancora la Menzogna Primaria sull’Italia, che Bakunin identificò. Il regime oligarchico – permanente da monarchia savoiarda a repubblica della resistenza, da liberista a progressista – si regge tuttora, diciamo, sulla « fake news » originaria. Che fino a che non sarà dissipata, nessuna speranza di rinascita è possibile.
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