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mercoledì 26 aprile 2017

Il coraggio di dire "NO" - “Meglio commesso al supermarket che assistente di volo umiliato”


PS: Un grande plauso e una speranza che trovianote un nuovo posto di lavoro. Un "grazie" per aver dimostrato che in Italia ci sono tantissime persone che hanno il coraggio di guardarti negli occhi e tenere dritta la schiena. Vi auguro con tutto il cuore di trovare la migliore soluzione che cercate. Grazie da un pensionato che parecchie volte ha fatto come voi adesso...se si ha il coraggio( il Vostro oggi) di aspettare che passi il brutto tempo...spunterà ancora il sole. Sarà più limpido e scalderà di più!
umberto marabese
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Fra i dipendenti demoralizzati parte la corsa a riciclarsi: “Faccio le pulizie, qui non c’è più speranza, le farò altrove". 
FIUMICINO
Mentre ancora non si spegne la speranza di un salvataggio in extremis dell’Alitalia da parte del governo, con la nazionalizzazione, tra i dipendenti a Fiumicino spunta la tentazione di «riciclarsi», di rimettersi in gioco sul mercato. Anche in settori diversi da quello del trasporto aereo.  

Marco, 47 anni, assistente di volo, due figli di 8 e 14 anni, una moglie che svolge la sua stessa professione, non ha dubbi: «Può sembrare strano, ma preferisco andare a fare il magazziniere in un supermercato a 1200 euro al mese rispetto ai 2800 che guadagno oggi come assistente di volo, piuttosto che accettare un piano di tagli che mi umilia e mi avvelena la vita»....
È già successo a un suo collega, il quale dopo la crisi del 2008 non è stato reintegrato dalla cassa integrazione. «È stato costretto a vendere la casa e ha trovato posto in un supermarket, io sono pronto a fare altrettanto perché non mi posso certo permettere di rimanere a spasso con due bambini da mantenere e la moglie che si trova nelle mie stesse condizioni. Ma mi creda non siamo pentiti di aver votato “No” al referendum perché ormai non ne potevamo più. Da quasi dieci anni è uno stillicidio di crisi, inciuci e tagli che non hanno portato niente di buono. Credo sia arrivato il momento di guardare la vita con maggiore realismo: il management che si è succeduto negli anni ha fallito, i nostri diritti sono stati calpestati e non era più tollerabile che ci piegassimo a scelte industriali inconcludenti. Basta essere presi in giro».... 

Insiste molto sull’importanza di «essere rispettati» anche Andrea, 51 anni, pilota da 24, padre di due figli di 17 e 21 anni. «Dal 2008 sono stato demansionato due volte, ho anche accettato sedi periferiche, a Milano e Palermo. E che cosa ho concluso? Ho speso più soldi di quelli che ho guadagnato pur di essere in qualche modo vicino alla mia famiglia. Tutti ci considerano una classe di privilegiati, pensano che facciamo la bella vita sempre in viaggio, ma non immaginano i sacrifici che dobbiamo sostenere per conciliare lavoro e famiglia».  

Andrea rivela anche disagi e difficoltà di carattere psicologico: «Per riprendermi dal demansionamento professionale sono persino finito in psicoterapia. Sinceramente ho meno paura del commissariamento che del programma industriale dell’azienda: meglio un futuro incerto ma chiaro, piuttosto che un papocchio com’era l’accordo appena bocciato dal referendum. Nel lavoro, come nella vita, si deve scendere a compromessi, ma c’è un limite a tutto: sotto un certo livello non si può scendere. E in Italia lo abbiamo già fatto troppe volte. Noi piloti avremo probabilmente più opportunità degli altri dipendenti a ricollocarci presso altre compagnie, ma penso ancora all’Alitalia come a una grande famiglia e confido nella possibilità di buone opportunità anche per gli altri lavoratori». 

L’ansia sul futuro non riguarda solo i dipendenti Alitalia ma anche quelli dell’indotto, le stime raccontano di un rapporto uno a quattro: a fronte dei 12.500 lavoratori della compagnia aerea ce ne sono altri 40 mila collaterali. Come Angelica, 53 anni, da 20 addetta alle pulizie uffici Alitalia per conto di un’impresa esterna. «Noi non abbiamo votato, ma se avessimo potuto avrei scelto il “No”. Tanto questa dirigenza, come le precedenti, non ha dimostrato di essere in grado di risolvere i problemi. Io dopo il 2008 sono stata in cassa integrazione due anni e mezzo e mio figlio, che ha 33 anni e fa le pulizie a bordo degli aerei Alitalia, è appena finito in solidarietà. Sono tempi duri e non si profila niente di buono. Se non ho paura di perdere il posto? Certo che ce l’ho, ma è talmente oscillante che tanto vale ricominciare da capo. Sa qual è il vero problema degli amministratori di Alitalia? Guardano solo al proprio tornaconto senza cambiare nulla: la musica è sempre la stessa, cambiano solo i cantanti». ---

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