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giovedì 9 marzo 2017

Zagrebelsky: “Renzi vittima di viltà: un patto con Berlusconi non è per forza inciucio”



Il giurista: «L’ex premier sfibrato e isolato mi fa simpatia. Il M5S si apra alle alleanze per non perdersi nella protesta».
TORINO
Dieci anni fa Gustavo Zagrebelsky era al Lingotto ad ascoltare Walter Veltroni. Ora, dopo la campagna per il No al referendum, il presidente emerito della Corte Costituzionale osserva da lontano mentre lavora alla quinta edizione di Biennale Democrazia, intitolata «Uscite d’emergenza». «L’emergenza è il pericolo incombente che si affronta con lo stato d’eccezione per non naufragare - dice -. Ma emergenza è anche la vita nuova che si affaccia e chiede d’essere riconosciuta. La prima è figlia della disperazione; la seconda, della speranza». 
 L’Europa a quale emergenza appartiene: naufraga nel populismo o spera in una vita nuova?  
«Quando il pensiero s’inaridisce, pullulano gli slogan. Oggi trionfa il populismo. Fino a qualche tempo fa, l’antipolitica di cui si parla sempre meno, perché quelli che usavano questa parola accusatrice hanno dimostrato di avere essi stessi poco a che fare con la politica». 
 Considera anche il populismo solo uno slogan?  
«Ma chi è il populista? Populisti erano i socialisti russi della seconda metà dell’800 che si battevano per l’abolizione della servitù della gleba; Simón Bolívar che lottava per il riscatto delle plebi in America Latina; Perón e suoi descamisados; ma anche Napoleone I e III con i loro plebisciti; Hitler è stato detto populista da papa Francesco e la stessa parola è stata usata per Obama, Clinton e ora Trump. Da noi Berlusconi e Renzi non sono populisti, così come Grillo, ciascuno a modo suo? Finiamola con le etichette»...
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