L’ex segretario di Stato americano agli europei: il Cremlino non ha una politica di conquista. Ed esorta alla cautela con Trump: guardare alla sostanza.
«Putin non è Hitler. Negoziare con lui, a condizioni precise, è nell’interesse di tutti». È il consiglio che Henry Kissinger lancia con il suo intervento all’incontro annuale della Trilateral Commission, avvenuto a Washington durante il fine settimana. L’ex segretario di Stato aggiunge di essere contrario ad un intervento unilaterale americano in Corea del Nord, dove la soluzione è un accordo complessivo con la Cina per la sicurezza dell’intera regione, mentre agli europei offre questo suggerimento per gestire il rapporto con l’amministrazione Trump: «Non date troppo peso alle dichiarazioni estemporanee, ma concentratevi sulla sostanza, perché il totale fallimento di un Presidente americano non conviene neppure a voi».
Kissinger ha un lungo rapporto di amicizia con Donald Trump, e nelle settimane scorse ha lavorato per facilitare il dialogo tra Washington e Mosca, dove tra pochi giorni andrà in visita il segretario di Stato Tillerson, per valutare le possibilità di negoziare e presumibilmente sondare il terreno per un vertice tra il capo della Casa Bianca e quello del Cremlino....
È da questo punto, quindi, che lo stratega dell’apertura alla Cina durante l’amministrazione Nixon comincia la sua riflessione: «Sulla Russia credo ci sia una certa incomprensione. Putin non è la replica di Hitler, e non intende lanciare una politica di conquista. Il suo obiettivo è ripristinare la dignità del proprio Paese, da San Pietroburgo a Vladivostok, come è sempre stato. Ciò risponde ad un antico nazionalismo, ma anche ad una storia diversa dalla nostra. Considerare Mosca come un potenziale membro della Nato è sbagliato». Quindi «dipingere Putin come il super cattivo globale è un errore di prospettiva e di sostanza».
L’ex segretario di Stato ritiene anche che ci sia una dose di esagerazione nella minaccia posta dal Cremlino: «Sul piano militare, la Russia non è in grado di batterci. Ha un’economia più piccola di quelle di tutti i Paesi europei del G7 presi singolarmente, e il suo peso non è paragonabile a quello della nostra rivalità strategica con la Cina». Nello stesso tempo, anche se l’Occidente fosse in condizione di provocare la disintegrazione della Russia, «questo non dovrebbe essere il nostro obiettivo», perché creerebbe una situazione di instabilità che non giova a nessuno.
Tutto ciò spinge Kissinger a favorire il dialogo, perché «l’alternativa sarebbe uno scontro dannoso per tutti, anche se Mosca non è in grado di sconfiggerci sul piano militare». La ripresa della mediazione diplomatica, però, va ancorata ad alcune condizioni ben precise: «L’Ucraina deve restare indipendente, ma senza entrare nella Nato», mentre il destino della Crimea può fare parte del negoziato. Quanto alla Siria - dove Putin si è preoccupato di puntellare Assad più che combattere l’Isis - e all’intera regione, bisogna stabilire con chiarezza che «la Russia non ha diritto a stare in Medio Oriente». Partendo da questi punti, sarebbe possibile avviare un dialogo finalizzato a neutralizzare la minaccia di Mosca, in cambio della sua reintegrazione dignitosa nella comunità internazionale responsabile.
Kissinger suggerisce un simile approccio realista anche al problema della Corea del Nord, e quindi della Cina: «Sono contrario - dice con fermezza - ad un intervento militare unilaterale americano contro le strutture nucleari di Pyongyang». La soluzione, secondo lui, sta invece in «un negoziato diretto tra Washington e Pechino, per raggiungere un accordo complessivo sulla sicurezza dell’intera regione. In altre parole, non possiamo discutere delle atomiche della Corea del Nord, senza accennare a quelle esistenti nel Sud e alla presenza militare americana». Il suggerimento implicito è che gli Usa potrebbero rinunciare ad alcune posizioni in Estremo Oriente, se la Repubblica popolare si impegnasse non solo a neutralizzare il programma nucleare di Pyongyang, ma anche a dare garanzie di sicurezza agli altri alleati come Tokyo, Seul, e tutti i Paesi coinvolti nella disputa sulle isole del Mar Cinese Meridionale.
Quanto all’Europa, Kissinger la esorta ad avere pazienza: «Il fallimento totale di un Presidente americano non conviene neppure a voi. Quindi non guardate troppo alle dichiarazioni estemporanee, ma concentratevi sulla sostanza del rapporto transatlantico». Alcune prese di posizione di Trump hanno messo in discussione proprio le due colonne storiche di tale rapporto, cioè la Nato e la Ue, ma secondo il suo consigliere anche questo potrebbe essere trasformato in uno spunto per migliorare le relazioni: «Io ero contrario alla Brexit, ma ora che è avvenuta penso possa diventare un’occasione per ridiscutere il futuro dell’Unione, che non può avere solo una dimensione burocratica». Come quello della Nato, che «resta essenziale, ma è anche giusto rivedere i suoi strumenti e i suoi obiettivi nel corso del tempo».
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