L’ex governatore: "Non ci sono più le condizioni. C’è spazio per fare tanta politica". Seguirà Bersani.
"Sì, se le cose non cambiano vado via. E sabato pomeriggio spiegherò perché a Ravenna, nella mia sezione, com’è giusto che sia". Le cose non cambieranno da qui a sabato. Lo sa anche Vasco Errani, che usa quella formula dubitativa per pudore, o forse per far fronte alla sua stessa incredulità nello spiegare che lascerà il Pd. Che il suo destino fosse legato a quello di Pierluigi Bersani, lo si sa da sempre. Che i due dovessero seguire lo stesso percorso politico, pure. Ma che Errani avesse deciso di agire con questa tempistica — cioè immediatamente dopo l’uscita di Bersani — , è stata in qualche modo una sorpresa. Non solo e non tanto in virtù della natura moderata e mediatrice dell’ex governatore, ma anche perché da quando è stato nominato dal governo commissario straordinario per il terremoto, le sue uscite politiche erano state pari allo zero.
Invece no, invece Errani se ne va, lascia "il partito", fa un passo che non più tardi di un anno fa sarebbe stato quasi impensabile. E per la storia politica di questa regione, è un passo che fa e farà molto rumore. "Non ci sono più le condizioni, vado a cercarle altrove, ci vorrà un po’ di tempo ma ci arriveremo". La vecchia guardia, da tempo ribattezzata la "ditta", non tornerà indietro, come ha fatto ieri pomeriggio Emiliano, governatore della Puglia. Renzi per loro è sempre stato un’altra cosa, un’altra politica, un’altra visione. Finché hanno resistito, ci hanno fatto i conti, quasi sempre a malincuore. Ora è finita....
Non è servito nemmeno l’appello di Prodi all’unità, quel fantasma del rischio di un "suicidio" evocato dal Professore in un’intervista a "Repubblica", a far rientrare Errani, che pure col Professore ci parla spesso e volentieri. "Ci siamo sentiti, certo, sempre in questi anni ci siamo sentiti. Anche quando lui decise di non iscriversi più al Pd ci sentimmo, perché è da tre anni che Prodi non prende più la tessera del Pd, se non sbaglio".
Non è servito nemmeno l’appello di Prodi all’unità, quel fantasma del rischio di un "suicidio" evocato dal Professore in un’intervista a "Repubblica", a far rientrare Errani, che pure col Professore ci parla spesso e volentieri. "Ci siamo sentiti, certo, sempre in questi anni ci siamo sentiti. Anche quando lui decise di non iscriversi più al Pd ci sentimmo, perché è da tre anni che Prodi non prende più la tessera del Pd, se non sbaglio".
No, non sbaglia, è proprio così. Le parole di Prodi arrivano da un padre separato, in effetti. Del Pd il Professore padre lo è stato a tutti gli effetti, ricoprendo anche la carica di primo presidente del partito. E separato lo è da tre anni, da quando disse che di tessere in tasca non ne voleva più sapere. Ma Prodi è una cosa, Errani un’altra. Errani è stato a lungo l’uomo più emblematico dell’Emilia rossa, governatore di lunghissimo corso e primo referente anche agli occhi stesso Renzi, come l’ex premier ha sempre tenuto a sottolineare. Ora sappiamo che non lo sarà più, anche se ancora non sappiamo cosa sarà. "Ci sarà modo per spiegare bene, c’è spazio per fare molta politica, sabato lo spiegherò a Ravenna. Qualcosa bisognava pur fare...". Errani una cosa l’ha fatta, ha deciso di andarsene, al fianco di Bersani. La "ditta" questa volta ha traslocato.---
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