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mercoledì 3 agosto 2016

Maurizio Blondet - UE ha un (altro) problema. Risorge l’imperialismo polacco

Intermarium, il sogno egemonico polacco
In Polonia,  mi scrive un lettore, piovono cartoline-precetto: il  governo mobilita. E riarma alla grande,   acquistando a man bassa armamenti americani.  Contro la Russia, naturalmente. Per la NATO, più che ovviamente. Ma (forse meno intuitivamente) anche contro la UE e l’egemonia tedesca.
Un altro sbrego si apre  nella UE,   stavolta ad Est.   L’ungherese Victor Orban è stato esplicito e limpido, anche se poco gentile, verso la Cancelliera e la ‘sua’ Bruxelles, nonché la sua accoglienza di profughi che ha portato al terrorismo in Germania.  “E’ incapace di proteggere i suoi cittadini. E’ incapace di proteggere i confini esteri. E’ incapace  di risolvere la questione ucraina. E’ incapace di tenere unita la comunità, visto che il Regno Unito se n’è andato. L’economia europea è stagnante. Che cosa occorre ancora  per dichiarare che la ledersi politica europea è fallita? Non è capace  di conseguire uno solo dei suoi scopi”.  Ed anche: “Il nostro problema non è la Mecca, è Bruxelles”.....


Jaroslav Kaczynski e la sua creatura, Jaroslav Kaczynski e la sua creatura, BeateBeate
Il problema è  che
Gli stessi concetti  li ha rincarati, con  sarcasmo che è segno di supremo disprezzo,  Jarosław Kaczyński, il superstite dei due gemelli omozigoti (l’altro, Lech, è morto in uno strano incidente aereo a Smolensk nel 2010): ex primo ministro senza più alcuna carica, ma tutti sanno che è il capo vero del governo polacco, essendo la prima ministra Beate Szidlo una sua creatura, anzi una sua devota adepta che nulla fa’ senza suo consiglio. Ora, Kaczyński   ha concesso alla rivista Bild (tedesca)  una intervista rovente. Del tutto deliberata. Il personaggio non risponde al telefono (fisso), non ha il cellulare, non ha computer e non naviga su internet. Parla solo a quattr’occhi, con chi vuole lui, e dimostra allora una cultura e  conoscenze che lasciano  esterrefatto l’interlocutore.  Chi bussa alla porta del suo ufficio  deve averne avuto il suo permesso previo.  Non si occupa dei media, che disprezza. Il periodico americano Politico, che ci ha provato, ha riferito: “Il suo ufficio non risponde a richieste di intervista per questo articolo”. Cattolico praticante, non è sposato. Se ne infischia del denaro.  Ha un conto corrente solo dal 2009, quando dovette aprirlo come primo ministro per farvi  depositare lo stipendio –  e ritira contanti.

Ebbene, che cosa ha detto simile personaggio alla Bild, ossia alla Cancelliera? Provo a ricavare il succo che mi lascia il traduttore automatico. Kaczynski   “Ha invitato la Germania a una interazione equa e di cooperazione coi  suoi vicini; vogliamo il diritto allo sviluppo in un mercato equo”, dove anche agli altri sia consentito raggiungere “la Germania nella prosperità e forza economica”. Insomma ha detto quello che   le avrebbero dovuto dire Monti, Bersani, Renzi, ma anche Draghi,  Hollande e Rajoy.
Ma è solo l’inizio. La Commissione europea  ha aperto contro Varsavia una  vertenza per la riforma della Corte Costituzionale, che giudica   infranga la famosa indipendenza della magistratura. Che ne pensa?  “Mi  diverte. Dato che questa critica non ha nulla a che vedere con lo stato attuale del nostro Paese “.
E della porta aperta  alle ondate di immigrati? “Mi piacerebbe   sentire la signora Cancelliera, cosa stava pensando quando ha aperto i confini. Per quanto io possa dirigere la mia immaginazione verso il basso, non riesco a immaginare una situazione  in cui si possa decidere una cosa simile”.   Sarcasmo.
Tutta l’Europa parla dell’egemonia tedesca sulla UE. Ma a differenza per esempio degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, la Germania non è stata all’altezza del ruolo  di “egemonia soft”, come gli Usa  “allora ed oggi”.
Tanto più, ha aggiunto  il capo del partito PiS a al governo,  ricordando l’attacco della Germania nazista alla Polonia nel 1939,  che “la nostra storia ci separa più che unirci. La   Polonia e i tedeschi sono strettamente collegati da intensi rapporti commerciali,  ma le ferite hanno bisogno di tempo per guarire”.  Contrarissimo a “più Europa”; il gemello ha ricordato che nei trattati europei è scritto chiaro che la UE è una unione di stati sovrani.
Tutto ciò “non può che essere descritto che come un processo di profonda alienazione”  di Varsavia “  dall’Unione Europea”,  ha scritto Deutsche Wirtschaft Nachrichten: “Dopo Turchia, Russia (sic) e Gran Bretagna, la Germania rischia di perdere un altro importante alleato in Europa”.  E’ il meno che si possa dire. L’uscita della Gran Bretagna ha accelerato il distacco di Varsavia:   con il Brexit, la Polonia ha perso il più filo-americano dei suoi partner ‘europei’, quello che meglio  conteneva le velleità  di “autonomia” dagli Usa che covano (vanamente) in certi angoli della Commissione, e la (vana) tensione al riavvicinamento con Mosca   che i paesi del Sud Europa manifestano (inefficacemente) quando si tratta di discutere se prolungare o no le sanzioni anti-Putin. Si tenga presente che Varsavia ha messo il veto sul raddoppio del NorthStream nel Baltico, dove Gazprom ha il 50%, bollandolo come un atto strategicamente ostile ai suoi interessi nazionali.
La Polonia, diventa chiaro, è entrata nella UE  solo per entrare nella NATO in funzione antirussa (e anti-tedesca). Adesso vuole essere solo nella NATO. Il ministro degli esteri Witold Waszczykowski  l’ha dichiarato chiaro in una  colonna che ha pubblicato sul New York Times il 16  febbraio scorso, dal titolo inequivocabile: Why Poland Needs American Support.

IntermIntermarium, il sogno egemonico polaccoarium, il sogno egemonico polacco
“Polonia e Stati Uniti sono più che semplici partner strategici: sono amici e alleati con una storia e  valori comuni  (sic). Dopo gli attentati dell’11 Settembre ha inviato i suoi soldati in Irak. La Polonia ha inviato uno dei più grandi contingenti militari della missione NATO in Afghanistan ed i nostri consiglieri militari continuano ad aiutare a formare truppe afghane “.  Dopodiché,  Waszczykowski   ha sottolineato  come inefficace sia l’UE  bloccata da una crisi economica e davanti alla “aggressione russa”  contro  l’Ucraina.  Il Partito PiS (legge e giustizia, quello fondato dal gemello) è determinato a rispondere alle sfide internazionali. Ma non possiamo farlo da soli.  Abbiamo bisogno del sostegno del loro alleati della NATO e degli Stati Uniti. La Polonia prende i suoi obblighi NATO sul serio. ”
Contrariamente agli altri europei, è sottinteso.   Quando Obama è venuto   al recente vertice NATO a Varsavia  a dire che, davanti alla “aggressione russa”,  gli europei devono aumentare le spese militari fino al 2 per cento del Pil da spendere in armamento americano, la Polonia non ha avuto bisogno di farselo ordinare.  Già dall’aprile del 2015 il governo del PiS  ha firmato un contratto con la Raytheon del valore di oltre cinque miliardi di dollari per  otto sistemi Patriot, da spargere nel paese  –  ciò che accorcia i tempi di reazione della Russia a un attacco. Le  prime due batterie Patriot saranno consegnate entro il 2018 e il resto entro il 2025. Evidentemente non c’è tutta questa fretta a contrastare la “aggressione” di Putin.   E’ invece urgente che la Raytheon ottenga le commesse.   Che le ottenga Lockheed Martin, a cui Varsavia ha ordinato fin dal dicembre 2014 40 missili da crociera AGM-158 , più  l’ammodernamento dei suoi F-16. La forza aerea polacca dispone infatti, apprendiamo, di 48 F-16 C7D, oltre che di 32 MiG-29 e Su-33 della vecchia fase sovietica. Anche la Boeing avrà la  sua fetta dai soldi dei contribuenti polacchi:  Varsavia intende comprarle 24 elicotteri heavy-lift  CH-47 e Sikorski CH-53.  Il peggio è  che il business è andato a scapito della AIRBUS: la Polonia  s’era impegnata a comprare  50 elicotteri Caracal dalla Casa europea, per 3 miliardi di dollari; invece ha cambiato idea e adesso prende i Sikorsky – al chiaro scopo di integrarsi meglio con gli americani e convincerli a mandare più truppe sul suo territorio.
Varsavia è il più armato alleato   su cui le fanatiche neocon del Dipartimento di Stato (e Hillary Clinton, se entra alla Casa Bianca) possono contare  nei loro piani anti-russi.
Come aveva già ‘previsto’ su Stratfor il noto George Friedman in una analisi del 2012, per  proteggere e i suoi veri interessi, la Polonia deve stringere un’alleanza con una potenza extra-europea, che “non può essere che gli Stati Uniti.  La Polonia non potrebbe essere in grado di difendersi in modo permanente.  Non sopravviverebbe a un attacco congiunto russo-tedesco, e questi attacchi sui due fronti non sono infrequenti nella storia polacca (…)  I polacchi sanno che la Germania e la Russia possono cambiare  di regime e   di strategie con velocità spaventosa.Una strategia   di auto-conservazione  richiede un rapporto bilaterale con gli Stati Uniti “.

Insomma Friedman (sempre a metter pace fra i popoli, questi ebrei) ha raccomandato ai polacchi di mettersi sotto l’ombrello militare  Usa   per contrastare un’alleanza tra Germania e Russia…Ma non è la sola offerta che  l’America  fa’ all’alleato:    promette di  fare della Polonia la base del potere ‘occidentale’  in Europa dell’Est. La guida,  la forza egemone  di un sistema di alleanze che si estenda dal Baltico al Mar Nero,  con i baltici,  l’Ucraina golpista, Romania e Bulgaria,e la Turchia (questo progetto  era stato ventilato prima   del fallito golpe anti-Erdogan)  allo scopo di sbarrare a Mosca non solo il contatto con l’Europa ,   annullando una volta per tutte il “destino manifesto” che doveva integrare Russia ed Europa;  ma anche chiudendo i due soli sbocchi al mare della Russia, il Baltico  e il Mar Nero.
Friedman evoca esplicitamente  il progetto chiamato in PoloniaMiędzymorze, e  in latino  “Intermarium” –    il sogno del dominio polacco fra i due mari, che il maresciallo  Piłsudski   – appena schiacciata l’armata bolscevica sulla Vistola,agosto 1920  concepì e provò immediatamente a realizzare:  attaccando l’Ucraina per impadronirsi della Galizia, con la motivazione che lì si parla polacco; con la Lituania per insediarvi un governo-fantoccio   filo-polacco; e un’altra guerricciola  contro la Cecoslovacchia. Senza contare pezzi di Bielorussia e  di Ucraina che Varsavia si annesse spartendoseli con i bolscevichi   appena sconfitti.   Tutto tra il 1919 e il 1920. E’ un sogno ricorrente dell’imperialismo polacco – perché, come si vede, esiste un imperialismo polacco, che si risveglia ogni volta che “chi deve comandare”  non comanda più su quelle vaghe e vaste pianure che furono dell’impero absburgico e dello Zar: anche allora Pilsudski –  genio militare e”uomo forte”  dittatoriale –    approfittò della dissoluzione dei due imperi per inglobare con   le armi   gli staterelli  appena  nati, appunto, da quella doppia dissoluzione.
Polonia contro il BolscevPolonia contro i bolscevichiismo (manifesto 1920)
L’Intermarium fallì, allora, soprattutto “per l’ostilità delle entità etniche (lituani, bielorussi e ucraini) che ne avrebbero dovuto far parte e che videro la Polonia non come liberatore ma come un nuovo occupante” (Wiki).   Fallirà  probabilmente anche domani per gli stessi motivi, ma non senza aver provocato ulteriori  destabilizzazioni e conflitti e fratture sanguinose  in questa vasta  pianura granaria tremendamente multi-etnica  alle porte della Russia, groviglio di irredentismi sanguinari,  già disastrata dal golpe pagato dagli Usa in Ucraina, dall’occupazione da parte della NATO dei territori  prima del Patto di Varsavia, dallo sgretolamento della UE sotto egemonia tedesca (bottegaia e   miope) e dalle trame americane  che istigano i baltici e la stessa Polonia a regolare gli  antichi conti con Mosca.
Il mIl maresciallo Pilsudskiaresciallo Pilsudski
Perché non c’è dubbio che Jarosław Kaczyński  ritenterà a realizzare l’Intermarium.  L’imperialismo polacco  esiste eccome  –  è ricorrente nella storia. AI tempi di Jan Sobieski (1674-1695), re e “uomo forte”  dell’epoca,  la Polonia era molto più vasta di oggi,   comprendendo appunto Lituania, Bielorussia e Ucraina, e il Sobieski si esaurì in battaglie per difendere quei titanici confini.  Kaczyński,  ha scritto Sandro Mela, “è totalmente imbevuto del retaggio religioso, storico, culturale e sociale della Polonia e dell’occidente Cristiano. Kaczyński prosegue la strada segnata dai Re di Polonia”.  Sicuramente     si sente vicino  Pilsudski , e ne conosce a fondo   il colpo di Stato con cui prese il potere nel 1926  come “risanatore della democrazia” disordinata,   e la nuova Costituzione che varò Pilsudski nel 1935, chiamandola “democrazia articolata”, e che   aboliva (non senza ragione) il sistema parlamentare.   Come lui  ha grandi qualità, è indifferente al denaro, è schivo e  segreto, nascosto alle folle, imbevuto completamente del patriottismo polacco.  “Ha per obbiettivo principale la difesa della Polonia e delle ‘particolarità specifiche’ della Polonia contro ‘i nemici interni ed esterni’,; e in più, è convinto che siano stati i russi ad ammazzargli il gemello a Smolensk,   ha  detto di lui il giornalista austriaco Eric Frey,   profetizzando:  “sarà un problema maggiore per la UE”.


Oggi, la UE   in  disgregazione ha  aperto una ridicola “procedura” contro la riforma   della Corte costituzionale  polacca, accusando Varsavia di minare lo stato di diritto (abbondantemente scavalcato dalla stessa UE, vedi trattamento inflitto alla Grecia e la violazione continua della Germania che mantiene un surplus che i Trattati non concedono) ;  Kaczynski ha avuto buon gioco a deriderla, ma è ovvio che la riforma   somiglia alquanto al  “risanamento” della democrazia  che volle Pilsudski.   Non c’è dubbio che la Polonia ha il suo nuovo e ricorrente  “uomo forte”, prontissimo d abbandonare la UE per l’ombrello militare Usa.   E ciò, mentre    nel fianco Sud  l’altro “uomo forte”  Erdogan   ha lacerato l’alleanza.
Che dire? E’ la storia,  è la politica vera – con la sua carica di violenza, che da “ultima ratio” emerge a diventare prima ratio.  – che si riprende lo spazio occupato per mezzo secolo dalle “convenzioni europee”, e ciò non può che rallegrare se ci libererà dalle Mogherini e  dalle Merkel, dalle sacerdotesse del politicamente corretto e dal tormentone donnesco  “Ci vuole più Europa”.     Con la coscienza, però, che entriamo in tempi  mobili e  pericolosi.

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