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Ci sono bambini che a Natale ricevono regali improbabili, telefonini, tablet, droni, abiti alla moda, bambole eppure sembra non siano mai contenti, questi sono bambini abituati ad avere tutto quello che vogliono, a vivere agiatamente… Poi ci sono i bambini che desiderano un regalo tutto l’anno e aspettano solo Natale per riceverlo e sono felici, anche questi bambini sono abituati a ricevere quello che vogliono e non è un male, sono tutti bambini comunque fortunati che vivono in una casa, dormono in un letto, si lavano in un bagno e hanno vestiti puliti e dignitosi. Ci sono però dei bambini che queste “fortune”, che per altri non sono altro che la normalità, non le hanno, sono i bambini del Bangladesh che per pochi centesimi passano le loro giornate a cucire i jeans che gli “altri” sono abituati ad indossare.....
Sono bambini che lavorano 18 ore al giorno, vivono e dormono in un solo locale, quello in cui lavorano, le fabbriche dei vestiti, sono locali disastrati, sporchi, senza la minima igiene o comodità.
Sono fabbriche clandestine, ignorate da tutti tranne dalle aziende occidentali che ne traggono profitto, non vengono ispezionate, non sono registrate e le misure di sicurezza sono praticamente inesistenti tanto da mettere a rischio la vita di questi bambini. A Rana Plaza, l’edificio-fabbrica di Savar, alla periferia di Dhaka in Bangladesh, nel 2013 ci fu un incendio che colpì una di queste fabbriche, i morti furono circa 1.100 e in due anni nulla è stato fatto per migliorare queste condizioni di lavoro le condizioni di sicurezza nel settore sono a dir poco inesistenti, come da tempo denunciano molte Organizzazioni Non Governative di tutto il mondo.
Qualcosa però si è mosso nelle coscienze delle persone e quest’anno si festeggia il secondo anniversario del Bangladesh Fire And Building Safety Agreement Signatories, un accordo firmato il 15 maggio 2013, giuridicamente vincolante per cinque anni tra i brand e i rivenditori a livello globale e le organizzazioni sindacali, volto a realizzare un ambiente di lavoro sicuro nel settore del industria in Bangladesh.
La manodopera costa molto poco: lo stipendio minimo mensile è di 37 dollari al mese (circa 28 euro), meno dei 61 dollari della Cambogia e dei 150 dollari della Cina, i diritti dei lavoratori sono praticamente inesistenti, lo scopo dell’accordo è quello di consentire un ambiente di lavoro in cui nessun lavoratore deve temere incendi, crolli o altri incidenti che potrebbero essere evitati con misure di salute e sicurezza ragionevoli.
Il business che ruota intorno a questo mercato varia dai 25 ai 29 miliardi di dollari, sono le grandi multinazionali dei marchi internazionali che subappaltano le produzioni dei vestiti e rendono irrintracciabile la vera provenienza del prodotto; questo business è la principale fonte di guadagno del paese e conta per circa l’80 per cento delle esportazioni totali ma a quale prezzo?
Inoltre le aziende clandestine che sfruttano i bambini sono moltissime e a fotografare le condizioni di lavoro di questi piccoli uomini è stato Claudio Montesano Casillas in un reportage da brividi.
E’ stato proprio il fotografo a commentare così le sue foto:
“Il secondo giorno in Bangladesh ho visitato accidentalmente una fabbrica clandestina per la prima volta. Stavo facendo un “giro turistico” nella vecchia Dhaka e non sapevo dell’esistenza di queste fabbriche.
Le fabbriche che ho visto non corrispondevano alla mia idea di una fabbrica – un luogo ben organizzato lucido con la produzione su larga scala. Da allora sono diventato curioso di saperne di più su questo mondo sotterraneo e ho cercato di ritrarre il mondo oltre l’etichetta.
Una camera con 15 macchine da cucire potrebbe essere considerato una fabbrica clandestina, in Bangladesh. In queste fabbriche la maggioranza dei lavoratori sono ragazzi e uomini. Le donne non possono fare gli stessi orari di lavoro a causa delle loro responsabilità a casa e non sono autorizzate a dormire accanto ad un uomo che non sia un parente. Inoltre viaggiare di notte è pericoloso per loro.”
Ma le parole non rendono bene l’idea, guardatevi la gallery delle foto e quando indossate un abito chiedetevi chi lo ha cucito e se il prezzo che lo avete pagato è servito solo ad arricchire una multinazionale oppure a sfamare un bambino in Bangladesh… anche se è più probabile che sia solo servito ad affamare e sfruttare quel bambino.
Valeria Bonora
image: http://www.eticamente.net/wp-content/uploads/2015/12/Bambini-del-Bangladesh-7.jpg
PS: controllate quali brand hanno firmato l’accordo vincolante prima di acquistare un capo, in questo modo potrete scegliere consapevolmente e non alimenterete questo traffico di piccole vite innocenti.
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