Si discutono mozioni di sfiducia nei confronti del governo Renzi promosse da quasi tutte le opposizioni. Ma qual è il suo futuro dopo il referendum?
di Giulietto Chiesa.
Si
discuteranno e probabilmente si voteranno domani le mozioni di sfiducia
nei confronti del governo Renzi promosse da quasi tutte le opposizioni.
Sarebbe
stata comunque una questione formale, senza alcuna conseguenza pratica
per la tenuta del governo. Lo è a maggior ragione dopo il trionfo
personale e politico di Matteo Renzi a seguito del fallito referendum di
domenica contro le trivellazioni petrolifere e gasifere nel mare
Adriatico.
Il mancato
raggiungimento del quorum (che lo rende invalido secondo la legge) di
fatto rafforza governo e premier, che avevano fatto di tutto proprio per
raggiungere quell'obiettivo. Gli elettori, per ignavia o per
convinzione, sono - come si usa dire in questi casi - "andati al mare"
invece che andare a votare. Naturalmente su questa scelta ha influito
non poco l'invito dello stesso Renzi, esplicito, all'astensione,
doppiato da quello parallelo dell'ex presidente della Repubblica e
senatore Giorgio Napolitano. Perfino il presidente in carica, Sergio
Mattarella, ha deciso di andare a votare, quasi alla chetichella, solo
in serata, dando un segnale di disinteresse che parte dell'elettorato a
certamente notato...
Le
opposizioni, soprattutto il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord, avevano
chiesto insistentemente che il voto "anti-petrolio" fosse associato alle
prossime elezioni amministrative parziali. E avrebbero voluto discutere
le mozioni di sfiducia prima del referendum. Il calcolo era semplice:
attirare il massimo possibile di clamore attorno al referendum e
spingere al voto almeno 23 milioni di elettori. Ma Renzi ha fatto
orecchio da mercante silenziando stampa e televisioni e boicottando il
voto.
Il
risultato di domenica premia la sua manovra ma, soprattutto, conferma
la sua spavalda dichiarazione, ripetuta ieri, sulla propria,
incontestata superiorità tattica e numerica. In realtà, anche sommando
tutte le opposizioni (5Stelle, Lega Nord, Forza Italia e altre
formazioni minori) non c'è nessuna speranza di scalzare Renzi e il
Partito Democratico, che dispongono di una maggioranza blindata.
Questa
vittoria, solo apparentemente minore, mette un'altra ipoteca sull'esito
della battaglia, molto importante, anzi decisiva, che il paese dovrà
affrontare dopo che questa settimana la Camera dei deputati voterà
l'affossamento definitivo della Costituzione nata dalla Resistenza nel
1948.
Il vero
scontro sarà il referendum d'autunno, che dovrà decidere se abrogarne, o
meno le cosiddette "riforme costituzionali" che sono state il cavallo
di battaglia di Renzi in questi due anni di governo.
l
premier, commentando a caldo il risultato del referendum anti-trivelle,
lo ha esplicitato forte e chiaro. "Vinceremo anche quello". Anzi - ha
aggiunto - "lo vinceremo con il 60% dei consensi. Prendete nota di
questa mia previsione".
Non
c'è dubbio che tutti prenderanno nota. L'importanza del referendum
d'autunno è tale che Renzi - come si vede, grande giocatore d'azzardo si
è spinto a dichiarare che, in caso di un "no" contro di lui, se ne
andrebbe.
Difficile
credergli, ma una sconfitta su quel tema sarebbe una tale, clamorosa
delegittimazione per lui da rendergli estremamente difficile "restare".
Inoltre è
in ballo, insieme al referendum costituzionale, anche la nuova legge
elettorale. Anche questa fortemente voluta da Renzi, che gli
consentirebbe - nelle attuali condizioni dei rapporti di forza - di
conquistare il 55% dei seggi nell'unica Camera rimasta (dopo
l'abolizione del senato elettivo prevista dalla sua "riforma") anche
soltanto conquistando una striminzita maggioranza relativa di "un solo
voto in più rispetto al secondo avversario in lizza.
Il che
significherebbe il governo di un solo partito, totalmente controllato da
un solo uomo - lui - per un periodo di tempo indefinito.
Insomma nel
2016 si deciderà il futuro della democrazia in Italia. E nei pochi mesi
che restano prima del voto d'autunno non è visibile all'orizzonte
nessuna possibilità di una riscossa delle opposizioni. Che sono divise
in modo inconciliabile. Comunque lontane l'una dall'altra e nemmeno
desiderose di avvicinarsi. E' vero che Matteo Renzi ha anche
un'opposizione interna, dentro il Partito Democratico, ma quest'ultima
ha da tempo rinunciato a farsi valere ed esce sconfitta anch'essa dal
"piccolo referendum" contro le trivellazioni.
I giochi
sembrano fatti in favore di Matteo Renzi, asso pigliatutto, a meno che
la situazione internazionale lo costringa a fare passi - come
l'intervento militare italiano in Libia - che potrebbero incrinare il
rapporto di fiducia con gli elettori, del quale sembra godere.
Fonte: http://it.sputniknews.com/italia/20160418/2505374/matteo-renzi-dictator.html.
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=125708&typeb=0&matteo-renzi-dictator-
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