Renzi ha la maggioranza relativa dei simpatizzanti, ma la maggioranza
assoluta degli odiatori. Ecco come fargli perdere il referendum
costituzionale [Aldo Giannuli].
di Aldo Giannuli.
Questo
articolo potrebbe ridursi a pochissime parole: Renzi ha la maggioranza
relativa dei simpatizzanti, ma la maggioranza assoluta degli odiatori.
Non c'è dubbio che, fra i politici attualmente in corsa, Renzi sia
quello che conta il maggior numero di simpatizzanti, magari non più il
mitico 41% delle europee di due anni fa, ma, comunque, è al di là del
30%, un livello che non raggiunge nessun altro esponente politico
attuale. Però è anche molto odiato da tutti gli altri.
Dai
sostenitori del M5s a quelli della Lega, da quelli di Sel e Rifondazione
a quelli di Forza Italia e raccoglie una nutrita schiera di
antipatizzanti anche nell'area di chi non vota. Detto così potrebbe
essere un' affermazione ovvia: ogni uomo politico raccoglie il maggior
numero dei suoi simpatizzanti fra gli elettori del suo partito, mentre
ha più numerosi antipatizzanti fra quelli che votano per gli altri
partiti.
Ma non si
tratta di questo: Renzi è un caso particolare, come lo fu Berlusconi
(quando ancora era vivo). Il fiorentino non suscita solo ovvi dissensi,
freddezza o semplici antipatie come qualsiasi altro politico, lui
accende ostilità feroci. Fra gli elettori di altri partiti, uno come
Veltroni, Bersani, Franceschini può attirare antipatie, ma anche molta
indifferenza, freddezza, forse anche una vaga commiserazione, mentre
Renzi non risulta mai indifferente: è detestato. Neppure D'Alema è mai
riuscito a riscuotere tanta avversione......
A rendere
il fiorentino tanto inviso sono la sua arroganza, rozzezza,
maleducazione, la sua incapacità di trattare in modo civile con chi non è
un suo fan, la cialtroneria nel vantare successi inesistenti o non
suoi, lo stile da telepromozioni commerciali dei suoi discorsi, la sua
andatura pavoneggiante, ma, più di tutto, il suo sfrenato narcisismo.
Renzi si sente bravo, è convinto di essere meglio di Napoleone, Cavour e
De Gaulle messi insieme. E questo può costargli molto.
In qualche
modo è quello che spiega la "maledizione del secondo turno" per il il
Pd: di solito, vince quando vince al primo turno, mentre al secondo
spesso perde anche con avversari che partono da 20 o 25 punti in meno.
Il segreto è questo: gli elettori della sinistra preferiscono astenersi o
votare M5s piuttosto che votare Pd. Gli elettori della destra
preferiscono il M5s o l'astensione ma non votano mai per il Pd. Quello
del M5s preferiscono l'astensione, più raramente la destra e quasi mai
il Pd. Al secondo turno l'elettorato dei partiti che non sono arrivati
al ballottaggio non votano per qualcuno, ma contro l'altro, quello più
odiato. Ed il Pd, con l'immagine di Renzi è il più odiato. La cosa
divertente è che il doppio turno è sempre stato il sistema preferito ad
Pci-Psd-Pd sino all'Italicum.
Dicevamo
che questo può costare molto a Renzi e c'è già un'occasione in cui
verificarlo: il referendum di ottobre sulla riforma istituzionale. Sul
merito del referendum scriveremo ad hoc, qui ci limitiamo ad
affermate che Renzi parte in forte vantaggio: stante il tasso di
spoliticizzazione della gente, il sentire comune degli elettori è dalla
parte sua perché la gente capisce solo che Renzi vuol tagliare le spese
per la politica ed, in qualche modo, dare un ceffone alla casta e questo
suscita simpatie.
Stare a
spiegare il progetto autoritario che c'è dietro per il combinato
disposto con l'infame legge elettorale (la Boschi-Acerbo) è cosa
complicata e da specialisti, per cui affrontare il referendum su quel
fianco (come propongono gli ottuagenari costituzionalisti della
sinistra) significa perderlo con sicurezza. E sai che novità: l'unica
cosa che la sinistra sa fare con stile e competenza è perdere.
Dunque, per
il Presidente del Consiglio potrebbe essere una partita di tutto
riposo, da affrontare in scioltezza, ma il "fiorentino spirito buzzurro"
ha vellicato il suo imbattibile narcisismo suggerendogli di trasformare
il referendum in un plebiscito sulla sua augusta persona, in modo che
la vittoria lo incoroni Re d'Italia a vita. Dopo pochi mesi andremmo a
votare e, con un successo referendario alle spalle, per lui sarebbe un
gioco da ragazzi: la destra sarebbe impreparata (e temo lo sarebbe anche
il M5s che sarebbe comunque dalla parte degli sconfitti ai referendum
anche lui), nel partito nessuno oserebbe fare un bliz e lui potrebbe
massacrare la sinistra uomo per uomo (e questo sarebbe l'unico dato
positivo) e poi andare a vincere le elezioni in tutta tranquillità. Per
di più, se si votasse nel 2017 si scanserebbe anche il giudizio della
Corte Costituzionale sull'Italicum.
Il punto è
che fare il referendum non sulla riforma ma su Renzi è, per il valente
statista, l'unico modo serio di rischiare di perdere. La sua sfida va
raccolta e nel referendum bisogna parlare poco del merito della riforma e
molto dei disastri combinati da questo governo, delle sue mirabolanti
promesse e dei sui desolanti risultati, delle figuracce internazionali,
ecc. Ai giovano precari ed ai lavoratori bisogna parlare del job act,
agli insegnanti ed agli studenti della legge sulla buona scuola, ai
risparmiatori ed ai piccoli azionisti delle banche degli scandali
bancari e delle strane riforme sulle popolari e le Bcc, e così via.
Poi gli eruditi giuristi della sinistra intrattengano pure le signore
bene, all'ora del the, con le loro dotte disquisizioni: va bene, servono
anche quei quattro voti.
Dobbiamo
accontentalo: Renzi deve essere il centro della campagna referendaria.
Slogan centrale: "Renzi ha detto che se perde se ne va: un'occasione da
non perdere!".
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=125560&typeb=0&il-referendum-di-ottobre-il-punto-debole-di-renzi
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