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giovedì 18 febbraio 2016

Piotr - Il pozzo e il pendolo

 
Puntare a un mondo de-imperializzato e non ostaggio dell'accumulazione infinita: i prezzi da pagare, per noi Occidentali, saranno comunque minori [Piotr] Puntare a un mondo de-imperializzato e non ostaggio dell'accumulazione infinita: i prezzi da pagare, per noi Occidentali, saranno comunque minori
di Piotr.

Fulvio Scaglione e Raffaele Sciortino nei loro ultimi articoli hanno sintetizzato cause ed effetti della crisi sistemica che sta vivendo uno showdown drammatico.
Gli effetti, come dice Scaglione, sono una maionese impazzita di azioni devastanti e caotiche da parte dell'Impero, che non è certo quello che Michael Hardt e Toni Negri descrivevano in un libro proprio alla vigilia dell'11/9, un libro che è stato tanto famoso quanto capace di appannare la già scarsa visione della sinistra.

L'Impero, cioè il dominio imperiale globale, sono gli Usa e i suoi strumenti, tra cui la Nato. Punto. Così come durante la precedente crisi sistemica l'Impero era quello britannico. Tutti gli altri contendenti erano, appunto, contendenti, non imperi mondiali, anche se si fregiavano di titoli imperiali.....

Da quel famigerato 11/9 la macchina della guerra si è mossa senza posa. Il perché ce lo dice Sciortino: il mancato rilancio dei profitti a seguito di un'inondazione di soldi, ha aggravato la crisi e ora obbliga i suoi gestori a cercare in tutti i modi di scaricarla il più possibile sugli altri.
Per dirla in maniera figurata, Sciortino ci avvisa che con le armi l'Impero sta cercando di imporre al resto del mondo di diventare una pattumiera di capitali.
Un resto del mondo che scorre per li rami delle gerarchie imperiali: prima il Regno Unito, poi il Giappone, poi la Germania, poi la Francia e così via. Gli ultimi sarebbero, nei piani, i paesi fuori storicamente dall'area Occidentale.
Perché c'è bisogno di un'enorme pattumiera di capitali? A causa della loro immensa sovraccumulazione dovuta all'ennesimo rallentamento fin sotto i "limiti tollerabili" del profitto industriale e commerciale che ha seguito una fase espansiva senza precedenti, cioè quella del "ventennio d'oro" seguito alla Seconda Guerra Mondiale, da cui è iniziata la sovraccumulazione. Quella crisi di sovraccumulazione persiste e si è aggravata in modo fenomenale.
Sovraccumulazione vuol dire che il processo di accumulazione del capitale ha generato troppi capitali in relazione alla possibilità di investimento profittevole. Quei capitali allora hanno due strade davanti:
a) Vengono "macellati", come diceva Marx, cioè svalorizzati, diventano carta straccia. E' ciò a cui oggi si è obtorto collo arrivati dopo che per decenni si è cercato di evitare perseguendo l'opzione successiva.
b) Vengono investiti in manovre speculative, cioè in ricerca di rendite, in ricerca di interessi che non hanno più nessun rapporto col profitto reale, cioè industriale e commerciale (cosa destinata per forza di cose a creare un circolo vizioso). Speculazioni sui cambi, le prime ad apparire e sempre in auge, speculazioni sui debiti pubblici, su quelli privati, speculazioni sulla concorrenza per i capitali da parte dei paesi emergenti, speculazioni sui debiti incrociati, e via così tutto l'armamentario delle bolle speculative che si sono succedute una dopo l'altra a partire dalla fine della Reaganomics.
Il risultato è stato un aumento esponenziale proprio della sovraccumulazione. Una figura per tutte: il valore nominale dei derivati è più del 1000% del PIL mondiale. Ovvero ci vorrebbero 10 Terre per redimerlo. Va là, diciamo solo 8 Terre se mettiamo in conto le "leve finanziarie" di prassi (leve per che cosa, si capisce sempre meno).

I quantitative easing, compreso quello di Draghi, non hanno funzionato perché il profitto non è ripartito in misura proporzionale. E' questo che giustamente sottolinea Raffaele Sciortino.

E il bello è che lo si sapeva fin da prima. Come fa a ripartire il profitto in modo proporzionale al 1000% del PIL mondiale, tanto per usare solo la figura precedente? Tutti lo sapevano che non funzionava. Lo dicevano la logica e l'esperienza storica. Tutti sapevano che il 90% dei quantitative easing serve a generare nuove bolle speculative e non a rilanciare il commercio e l'industria. Tutti i governatori delle banche centrali, dalla FED alla BCE, lo sapevano e lo sanno.

E allora? Allora lo fanno perché non sanno cos'altro fare. Il Titanic sta affondando e le scialuppe di salvataggio sono poche, i salvagente anche, cerchiamo di far galleggiare chi può. Anni di studi prestigiosi e miliardi di neuroni mobilitati per arrivare a questo!
Non sono stupidi o ignoranti, come pretende tutto quello stuolo di commentatori che parla di "errori". Non stanno per nulla "sbagliando", la sanno lunga. Ma sono stati messi nel ruolo dei sacerdoti di una religione che come altare ha l'incudine e il martello e come vangelo per i fedeli il pozzo e il pendolo. Anzi, già tanto che finora si sono riusciti a barcamenare.

Si è tentato di coinvolgere la Cina, la Russia, l'India, il Brasile, i vari paesi emergenti. Si è dato un nome a ciò: globalizzazione. Ma la sovraccumulazione ha origine nello stupefacente sviluppo (keynesiano!) del dopoguerra in Occidente. La crisi sistemica scoppia negli Usa nel 1971 col Nixon shock, la dichiarazione d'inconvertibilità del Dollaro in oro.
I Brics e tutti gli altri hanno quindi cercato di partecipare al gioco fin quando è stato più o meno equo. Ma quando hanno visto che la prospettiva era quella di vedersi scaricare addosso le contraddizioni accumulate dall'Occidente storico capitalistico, hanno iniziato lentamente, e a volte precipitosamente come in Argentina, a defilarsi.

Ma defilarsi vuol dire spaccare il mercato mondiale e questo vuol dire aggravare la crisi in Occidente e, soprattutto, togliere all'Impero la sua arma soft d'elezione: il Dollaro come moneta di pagamento internazionale. Proprio quel Dollaro che dal 1971 non ha più alcun riferimento metallico, ma solo politico-speculativo (i titoli del Tesoro Usa), politico-militare (la superpotenza degli Usa) e politico-culturale (le idee dominanti).

Queste sono le leve, sempre più hard, sempre più aggressive, che l'Impero sta utilizzando per tenere agganciato il mondo e cercare di scaricargli addosso le contraddizioni che ha accumulato. Per far questo deve, paradossalmente, minacciarlo e quindi alienarselo, nella speranza che capitoli. Gli "errori" (e orrori) della politica estera statunitense affondano le loro radici in questa contraddizione reale, non in incapacità strategiche.
Certo, ci può essere una tattica migliore o peggiore dell'altra (anche per il resto del mondo), ma Obama, tanto per fare un nome, la Merkel, per farne un altro, sono anche loro sacerdoti che officiano sull'altare dell'incudine e del martello e mettono i popoli tra il pozzo e il pendolo.

Se la politica aggressiva dell'Impero ha da una parte accelerato le misure di sganciamento di Cina, Russia e il loro più o meno fedeli seguaci, la partecipazione alla globalizzazione a guida imperiale ha lasciato i suoi segni. Per dirla con un'espressione antropologica, quei paesi hanno perso l'età dell'innocenza. I fattori della crisi occidentale stanno dentro il loro organismo e anche alcuni meccanismi importanti. Non solo capitali incrociati, debiti/crediti incrociati, non solo esportazioni e importazioni, ma anche fattori politico-culturali e quindi istituzionali.

Se questi fanno fatica a sfondare del tutto in paesi sufficientemente tetragoni come la Cina (che quindi deve essere pungolata coi diritti umani e con gli Occupy Central), e seppure la Russia rivendichi discretamente una propria specificità culturale, da corrodere con quel che si può, ad esempio con polemiche sui diritti gay (e facendosi venire l'itterizia perché il papa Francesco ha incontrato il patriarca Kirill I), pur scontando queste resistenze, fattori e meccanismi "alieni" stanno svolgendo il loro lavoro di erosione.
Uno per tutti. In Russia la Banca Centrale è autonoma dalla politica, come qui da noi. Questo è un fattore istituzionale, evidentemente importato. Come se non bastasse, sebbene la Banca Centrale abbia l'obbligo costituzionale di stabilizzare il Rublo, e sebbene la Banca Centrale abbia abbondanti strumenti per farlo (basti pensare che ha riserve pari al doppio dei rubli circolanti - una sciccheria inarrivabile per Dollaro ed Euro), ebbene non lo fa e il Rublo fluttua in modo così preoccupante da bloccare gli investimenti, sovraccaricare i pagamenti e minare le basi di una ripresa economica che ad onta degli embarghi sarebbe, secondo gli accademici russi, nell'ordine del 10%.

Eppure Putin continua ad esprimere fiducia nei dirigenti della Banca Centrale. Perché lo fa? Non lo so. Non certo perché non capisca cosa sta succedendo. La politica imperiale punta alla capitolazione della Russia congiungendo la pressione militare (perseguita aggressivamente al costo di ammazzare centinaia di migliaia di civili che fino al giorno prima vivevano tranquilli) agli effetti dell'embargo sui prestiti di lungo periodo supplementato, guarda caso, dal non-embargo sugli investimenti speculativi. Quest'ultima è una doppietta che complementata dall'inerzia della Banca Centrale sta minando l'economia russa.

Putin queste cose le sa benissimo, non foss'altro perché gliele dice tutti i giorni il suo consigliere economico, l'accademico Sergei Glazyev. Eppure finora si è preoccupato di resistere alla pressione militare e, in Siria, passare al contrattacco, ma non batte ciglio sulla politica monetaria.

Finisco qui, anche perché mi è già difficile ipotizzare cosa pensano i potenti, figurarsi un potente impassibile come Vladimir Putin.

Prima però un appello a chi decide in Italia e in Europa, che verrà detto inutile:
Fate desistere gli Usa dai loro piani forsennati, perché come sbocco c'è solo una guerra mondiale.
Aiutateli a de-imperializzarsi, da soli non ce la faranno.
Puntate a un mondo de-imperializzato e non ostaggio dell'accumulazione infinita: i prezzi da pagare, per noi Occidentali, saranno comunque minori e largamente ricompensati da un mondo riunificato e non distrutto.

L'appello è ai decisori, ma prima di tutto è rivolto a tutti noi, perché senza di noi non riusciranno a prendere la decisione giusta se non dopo aver tentato tutte quelle sbagliate.

E per prima cosa, se non siamo innanzitutto preoccupati noi per la guerra, come si può pensare che lo siano loro? Se non diciamo in primo luogo noi "No alla Guerra!", con decisione, pensate che siano in grado di farlo loro?
Questo sì che sarebbe un pensiero inutile.
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=125319&typeb=0&il-pozzo-e-il-pendolo

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