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lunedì 8 febbraio 2016

blog di Beppe Grillo - Passaparola: Un popolo di analfabeti (funzionali), di Tullio De Mauro


La parte di popolazione italiana che è al di sotto di quelli che vengono ritenuti 
livelli minimi di comprensione di un testo scritto, sono un po’ più del 70% 
della popolazione, se la domanda è un po’ più complessa e richiede una buona 
conoscenza, ma anche una buona capacità di utilizzazione della conoscenza, 
pieno esercizio dell’alfabetizzazione funzionale, della capacità di orientarsi di 
fronte al testo scritto e di produrlo, la percentuale addirittura degli inefficienti 
arriva all’80 %, 8 su 10 hanno difficoltà a utilizzare quello che ricavano da un 
testo scritto, 7 su 10 hanno difficoltà abbastanza gravi nella comprensione, i 5 
milioni di italiani hanno completa incapacità di lettura.
 Tullio De Mauro
"Saluto tutti gli amici e anche i non amici magari del blog di Beppe Grillo....

I dati che abbiamo da 3 indagini internazionali, 3 indagini comparative e osservative, fondate non su autodichiarazioni come i dati Istat, attraverso questionari si cerca di capire cosa sa della lingua che dichiara di parlare la gente. Per quanto riguarda tutti i Paesi dopo l’uscita dalle scuole, ci sono fenomeni di regressione verso livelli più bassi di alfabetizzazione, si verificano anche a livelli molto alti, perfino tra laureati, anche paesi più virtuosi con i sistemi scolastici che sembrano migliori, che garantiscono le competenze più alte in uscita.

Le scuole superiori sono l'anello debole
Corea, Giappone, Finlandia, Paesi Bassi hanno delle percentuali di regressione che sfiorano il 40% della popolazione. Queste indagini hanno riguardano non solo la competenza di un testo formulato in parole, ma anche la capacità di capire elementari operazioni aritmetiche. Un nostro diplomato nella scuola media superiore ha più o meno lo stesso livello di competenza di un ragazzino di 13 anni, che esce dalla scuola media: i 5 anni di scuola media superiore sembra che in generale girino a vuoto e questo determina un bassissimo livello di quelli che entrano all’università. Il risultato per ora finale di questo è che i diplomati di scuola media superiore in molti paesi hanno livelli di competenza linguistica, matematica, di comprensione, di calcolo ben superiori a quelli dei nostri laureati, probabilmente questa è una delle cause più dirette e più specifiche dei processi di dealfabetizzazione della popolazione adulta.
La dealfabetizzazione
Questi dati che cominciavano a essere noti per la prima indagine comparativa che ci ha dato un quadro dell’analfabetismo adulto e della dealfabetizzazione sono della fine degli anni '90, tra il '99 e il 2000.
I politici li ignoravano, la classe politico - imprenditoriale, la classe dirigente li ha ignorati, questi tipi di problemi sono un fatto che condiziona la produzione e la vita sociale e quindi la stessa vita politica vissuta o da vivere in modo partecipato, attivo, quindi c’è un riflesso poi produttivo e quindi economico di questi dati.
L'ignoranza genera povertà
Diversi economisti hanno individuato nei bassi livelli di effettiva capacità alfabetico – culturale di manodopera e quadri dirigenti, la causa di questa stagnazione produttiva, non solo economica, ma produttiva nella scarsa capacità di innovazione, nel ritardo dell’accorgimento di nuove tecnologie, nelle capacità di dominarlo, abbiamo bisogno di un buon livello di istruzione per poter trovare le piste buone per informarci e per utilizzare bene queste informazioni, per utilizzarle criticamente, questo sarebbe indispensabile per tutti, per un buon esercizio del voto. Dal punto di vista dell’indice di scolarità l’Italia si è messa alla pari con altri paesi che consideriamo sviluppati del mondo, superiore a 12 anni circa. Dal punto di vista della qualità della formazione invece il deficit è ancora fortissimo, la nostra scuola garantisce ai ragazzini, alle ragazzine livelli di istruzione più alti nel mondo, quello che non funziona bene è la scuola media superiore e anche l’università.
Investire sugli insegnanti!
La scuola media superiore è stata presa di soprassalto da questo grande afflusso di ragazze e ragazzi e non è stata ripensata perché si mettesse in grado di far crescere effettivamente le capacità e competenze, è mancata questa riorganizzazione, questo ripensamento e riformazione dei docenti sia in missione, sia giovani, sia in servizio, bisogna investire nella formazione degli attuali insegnanti e ragionare su come formare i futuri insegnanti. I nostri laureati come i laureati degli Stati Uniti, hanno un basso livello di competenza rispetto a altri paesi come Gran Bretagna, Olanda, Germania, Finlandia, Svezia, Giappone, Corea, nel complesso della popolazione continuiamo a essere sul 14% e siamo qui il fanalino di coda per l’Unione Europea con un destino difficile perché qui cominciano i deficit di altro tipo perché le aziende italiane tendono a non assumere personale laureato, rispetto agli altri paesi, tanto meno addottorato con dottorati di ricerca e se assumono li pagano di meno e li adoperano per mansioni più basse della loro qualità e qualifica, non c’è solo un governo che investe meno di tutti gli altri paesi dell’Unione Europea in università e in scuola, ma in un contesto sociale poco favorevole agli alti livelli di istruzione.
I precari della "buona" scuola
L’attuale Presidente del Consiglio ha capito che c’era un vuoto di impegno nel momento in cui in questa direzione e promulgando l’editto buona scuola, dal punto di vista della comunicazione dei media dei giornali e delle televisioni ha coperto questo vuoto, purtroppo il vuoto rimane, 250 mila precari e c’era stato chiesto dalle corti europee di assumere, almeno per 60/70 mila sono stati assunti per effetto della buona scuola, a capocchia senza una chiara destinazione, ma tutto il resto è fuffa, è vuoto. Mi piacerebbe rivedere la classe ma non solo politica, la classe dirigente italiana, ma nel senso sociologico del termine, quindi politica, imprenditoriale, intellettuale impegnata a ripensare in modo radicale il funzionamento di certi segmenti della scuola e dell’università e lo stato complessivo del nostra cultura diffusa, passate parola!
L'analfabetismo funzionale
Nel 1951 la distribuzione della scolarità nella popolazione italiana vedeva il 60% della popolazione privo di licenza elementare, questo 40% con licenza elementare, solo in piccolissima parte, solo per il 10% andava oltre, prendeva licenza media e l’1% arrivava perfino alla laurea. Il nostro paese ha fatto una cosa abbastanza straordinaria nei primi 40 anni della vita repubblicana, il numero di anni di scuola a testa degli italiani del 1950 era più o meno di 3 anni, questo si chiama indice di scolarità, la media degli anni di anni di scuola fatti, sommando tutti quelli fatti da tutti in un paese dividendo per il numero degli abitanti, viene fuori un numero e questo è l’indice di scolarità, questo indice di 3 anni era la parte alta della fascia dell’indice di scolarità dei paesi sottosviluppati, allora l’indice dei paesi sviluppati industrialmente, tecnologicamente, culturalmente, si aggirava intorno ai 6/7 anni. Nei 60 anni successivi è successo che questi indici sono cresciuti in tutto il mondo e i paesi sottosviluppati degli anni 50 hanno oggi l’indice di scolarità di 6/7 anni, i paesi sviluppati che avevano 6/7 anni hanno raggiunto un indice di 12/13 anni. Corea e Italia non siamo i soli, hanno fatto una cosa straordinaria, hanno fatto il salto di categoria, vale a dire, hanno raggiunto i 12/13 anni di indice di scolarità, fin dagli anni 80 ci eravamo messi in regola con questa marcia dei paesi sviluppati, come dire che siamo quasi alla licenza liceale tutti quanti. Il contenuto però di questa istruzione formale è quello che ci è rivelato dalle indagini sulle competenze popolazioni adulte di oltre 14 anni in età di lavoro e è un livello molto basso perché è il 70 o l’80% della popolazione da 14 anni in su, al di sotto dei livelli minimi di pieno esercizio dell’alfabetizzazione funzionale, della capacità di orientarsi di fronte a un testo scritto e di produrlo. C’è un problema politico – culturale di ripensamento, ideazione, progettazione di una migliore scuola medio- superiore, poi c’è il problema di sostenere con risorse, ci vorrebbe un certo impegno collettivo.
Gli italiani non si informano
Abbiamo imparato a parlare l’italiano abbastanza, i problemi sono il rapporto con l’italiano scritto e con la lettura, gli indici di diffusione dei giornali che sono molto bassi in confronto a quello europeo, c’è quasi un rapporto 1 a 1 ma un rapporto 1 a 2 tra copie di quotidiani venduti e popolazione, ogni 2 persone si compra un giornale, in Italia tradizionalmente questo indice è rimasto fisso, il rapporto è di 10 abitanti, una copia di giornale.
Per la televisione con la legittimazione come reti di alcune reti commerciali si è scatenata la guerra della pubblicità, della raccolta pubblicitaria e questo ha determinato l’imbastardimento di tutta la produzione televisiva anche nelle reti pubbliche, è venuta meno l’efficacia di quella per una trentina di anni è stata una grande agenzia formativa per le conoscenze, competenze e la vita politica, sociale, non c’è un immediato riflesso, però da allora è partita una stagnazione economica.

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