di GIAN ANTONIO STELLA
ALTRE "22" MILA SALE - Il gioco d’azzardo che invade l’Italia
Il governo ha inserito il bando per altre 22 mila sale giochi nella nuova legge di Stabilità. La protesta delle associazioni. Che razza di Stato è quello che premia al Quirinale l’uomo che più combatte i giochi d’azzardo e subito dopo spalanca la porta a 22.000 nuovi «punti gioco» destinati a rovinare altre centinaia di migliaia di italiani ? «Basta, basta, basta! Non ne possiamo più di queste ipocrisie!», tuona don Luigi Ciotti. Ha ragione.
Le date dicono tutto. Il 10 ottobre l’ Ansa annuncia che Sergio Mattarella ha deciso di nominare il sociologo Maurizio Fiasco Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. È un riconoscimento bellissimo: «Per la sua attività di studio e ricerca su fenomeni quali il gioco d’azzardo e l’usura, di grave impatto sulla dimensione individuale e sociale». Rileggiamo: «Grave impatto sulla dimensione individuale e sociale».
Tre giorni dopo (tre giorni!) un disegno di legge dei grillini che propone seccamente di vietare la pubblicità sempre più asfissiante di ogni genere di scommesse possibili e immaginabili, disegno appoggiato da tutte le associazioni nemiche dell’azzardo, è affiancato da un altro progetto, del democratico Franco Mirabelli. Risultato: l’ennesimo rinvio per impastare i disegni insieme. «Un gioco sporchissimo che punta solo al rinvio», accusano i grillini. E denunciano: il disegno che ha ingoiato il loro «è stato scritto da Italo Volpe, dirigente dei Monopoli che si occupano di giochi». Ma quando mai, salta su Mirabelli, «l’unico motivo che ci ha guidato è la convinzione che serva urgentemente una regolamentazione del settore per ridurre il gioco e combattere l’illegalità».
Altri due giorni ed ecco che il governo infila nella legge di Stabilità la messa a bando, per rastrellare soldi, di altri 22 mila «punti azzardo», cioè sale giochi o spazi dedicati nei locali pubblici....
Il comunicato stampa di Palazzo Chigi inserisce la voce tra le «risorse» che dovrebbero reggere i conti della finanziaria. Sei voci, di cui due in tema: «Imposta sui giochi» e «Giochi (nuove gare)». Ricavato previsto: 500 milioni più 500 milioni.
Possibile? Ma non fu Matteo Renzi a firmare due anni fa, ancora sindaco ma già segretario del Pd, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Idv contro lo «Stato biscazziere»? E non fu lui a bacchettare i parlamentari pd che avevano votato un emendamento che puniva i Comuni i quali, frenando il dilagare delle slot machine, avevano rinunciato agli incassi del gioco d’azzardo? Disse allora, vibrante d’indignazione: «È pazzesco, allucinante. Ho chiamato Guerini che ha già parlato con Speranza e stanno cercando tecnicamente una soluzione: o un ordine del giorno o altro perché è stata votata una cosa inaccettabile». Testuale.
Diranno, come già dicevano i governi precedenti, che coi soldi del gioco che Cavour definiva «una tassa sugli imbecilli», si possono fare cose buone. Che più «bische legali» sono sul territorio meno spazio si lascia alle mafie. Che senza lo stato biscazziere «irromperebbero gli inglesi rivendicando la libera concorrenza europea». E via così... Ma ci credono davvero? Davvero?
Don Ciotti che con Libera denuncia da anni l’andazzo dice di no: «È inaccettabile che di qua si denunci la crescita delle ludopatie e di là si continui a spingere il gioco. È una ipocrisia. E lo sanno». Il primo a dargli ragione, per paradosso, è il sito del ministero della Salute dove si legge, testuale: «La ludopatia non è solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria malattia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse». Di più: «La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio».
Allora ti chiedi: ma cosa si dicono, tra di loro, Pier Carlo Padoan e Beatrice Lorenzin? Cosa ne pensa, il ministro della Salute, dell’alluvione di punti gioco? Dobbiamo preoccuparci solo della varicella o anche dei «tossici» delle slot machine o delle scommesse sul calcio che rappresentano ormai 4 miliardi e 250 milioni?
Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che da anni batte e ribatte, lo ha scritto senza peli sulla lingua: «La vera forza dei signori di Azzardopoli è di essere mediaticamente invisibili». Troppa poca, l’attenzione dei tiggì, dei giornali, dei settimanali: «Questa misura fuori misura, fulmine violento e inaccettabile in un cielo già tempestoso, è una notizia che non circola». Neppure dopo l’annuncio di don Virginio Colmegna che ha deciso di fare lo sciopero della fame contro la deriva dell’azzardo.
Quei ventiduemila nuovi «casinò» sparpagliati sul territorio, spiega Fiasco, vanno infatti ad aggiungersi ad almeno 90 mila «corner» (angoli-bisca nei bar e nei più diversi locali pubblici) che ospitano già 380 mila slot machine. Più circa tremila «sale giochi», che ospitano altre 40 mila macchinette. Ma si tratta di stime: «Non siamo mai riusciti ad avere, nero su bianco, dati ufficiali credibili provincia per provincia».
Certo è che gli italiani, che giocavano 4 miliardi nel 2000, ne hanno giocati l’anno scorso «legalmente» 84,5. Vale a dire oltre un decimo della spesa complessiva delle famiglie, pari a circa 800 miliardi. E va già un po’ meglio che nel 2012, quando la crisi spinse i giocatori a puntare quattro miliardi in più.
Poi c’è il nero, in mano a stranieri e mafie. Quanto pesa? Possiamo immaginarlo leggendo un’ Ansa di fine luglio dedicata all’Operazione «Gambling»: l’inchiesta «ha portato a 41 arresti, ma soprattutto al sequestro in tutta Italia e all’estero di beni per due miliardi di euro: 11 società estere, 45 imprese operanti sul territorio nazionale, 1.500 punti commerciali, 82 siti nazionali e internazionali e innumerevoli immobili». E parliamo di una sola inchiesta.
Sono passati tre anni dall’uscita del dossier di Libera «Azzardopoli». Dove si denunciavano alcuni spot demenziali e il materiale multimediale distribuito dai Monopoli nelle scuole per invitare i giovani, sia pure «moderatamente», a giocare. E se qualcuno si tirava indietro? «Lo spirito del bacchettone aleggia sulla tua testa!». Due anni più tardi, a Ischia, un ragazzino si uccideva lanciandosi sulla scogliera: «Cara mamma, scusa, ho perso tutti i soldi al gioco».
Adesso, come ha dimostrato Nadia Toffa de «Le iene» entrando in un vero e proprio casinò «under 12», sono passati ai bambini. Piccoli gambler crescono...
Tre giorni dopo (tre giorni!) un disegno di legge dei grillini che propone seccamente di vietare la pubblicità sempre più asfissiante di ogni genere di scommesse possibili e immaginabili, disegno appoggiato da tutte le associazioni nemiche dell’azzardo, è affiancato da un altro progetto, del democratico Franco Mirabelli. Risultato: l’ennesimo rinvio per impastare i disegni insieme. «Un gioco sporchissimo che punta solo al rinvio», accusano i grillini. E denunciano: il disegno che ha ingoiato il loro «è stato scritto da Italo Volpe, dirigente dei Monopoli che si occupano di giochi». Ma quando mai, salta su Mirabelli, «l’unico motivo che ci ha guidato è la convinzione che serva urgentemente una regolamentazione del settore per ridurre il gioco e combattere l’illegalità».
Altri due giorni ed ecco che il governo infila nella legge di Stabilità la messa a bando, per rastrellare soldi, di altri 22 mila «punti azzardo», cioè sale giochi o spazi dedicati nei locali pubblici....
Il comunicato stampa di Palazzo Chigi inserisce la voce tra le «risorse» che dovrebbero reggere i conti della finanziaria. Sei voci, di cui due in tema: «Imposta sui giochi» e «Giochi (nuove gare)». Ricavato previsto: 500 milioni più 500 milioni.
Possibile? Ma non fu Matteo Renzi a firmare due anni fa, ancora sindaco ma già segretario del Pd, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Idv contro lo «Stato biscazziere»? E non fu lui a bacchettare i parlamentari pd che avevano votato un emendamento che puniva i Comuni i quali, frenando il dilagare delle slot machine, avevano rinunciato agli incassi del gioco d’azzardo? Disse allora, vibrante d’indignazione: «È pazzesco, allucinante. Ho chiamato Guerini che ha già parlato con Speranza e stanno cercando tecnicamente una soluzione: o un ordine del giorno o altro perché è stata votata una cosa inaccettabile». Testuale.
Diranno, come già dicevano i governi precedenti, che coi soldi del gioco che Cavour definiva «una tassa sugli imbecilli», si possono fare cose buone. Che più «bische legali» sono sul territorio meno spazio si lascia alle mafie. Che senza lo stato biscazziere «irromperebbero gli inglesi rivendicando la libera concorrenza europea». E via così... Ma ci credono davvero? Davvero?
Don Ciotti che con Libera denuncia da anni l’andazzo dice di no: «È inaccettabile che di qua si denunci la crescita delle ludopatie e di là si continui a spingere il gioco. È una ipocrisia. E lo sanno». Il primo a dargli ragione, per paradosso, è il sito del ministero della Salute dove si legge, testuale: «La ludopatia non è solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria malattia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse». Di più: «La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio».
Allora ti chiedi: ma cosa si dicono, tra di loro, Pier Carlo Padoan e Beatrice Lorenzin? Cosa ne pensa, il ministro della Salute, dell’alluvione di punti gioco? Dobbiamo preoccuparci solo della varicella o anche dei «tossici» delle slot machine o delle scommesse sul calcio che rappresentano ormai 4 miliardi e 250 milioni?
Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che da anni batte e ribatte, lo ha scritto senza peli sulla lingua: «La vera forza dei signori di Azzardopoli è di essere mediaticamente invisibili». Troppa poca, l’attenzione dei tiggì, dei giornali, dei settimanali: «Questa misura fuori misura, fulmine violento e inaccettabile in un cielo già tempestoso, è una notizia che non circola». Neppure dopo l’annuncio di don Virginio Colmegna che ha deciso di fare lo sciopero della fame contro la deriva dell’azzardo.
Quei ventiduemila nuovi «casinò» sparpagliati sul territorio, spiega Fiasco, vanno infatti ad aggiungersi ad almeno 90 mila «corner» (angoli-bisca nei bar e nei più diversi locali pubblici) che ospitano già 380 mila slot machine. Più circa tremila «sale giochi», che ospitano altre 40 mila macchinette. Ma si tratta di stime: «Non siamo mai riusciti ad avere, nero su bianco, dati ufficiali credibili provincia per provincia».
Certo è che gli italiani, che giocavano 4 miliardi nel 2000, ne hanno giocati l’anno scorso «legalmente» 84,5. Vale a dire oltre un decimo della spesa complessiva delle famiglie, pari a circa 800 miliardi. E va già un po’ meglio che nel 2012, quando la crisi spinse i giocatori a puntare quattro miliardi in più.
Poi c’è il nero, in mano a stranieri e mafie. Quanto pesa? Possiamo immaginarlo leggendo un’ Ansa di fine luglio dedicata all’Operazione «Gambling»: l’inchiesta «ha portato a 41 arresti, ma soprattutto al sequestro in tutta Italia e all’estero di beni per due miliardi di euro: 11 società estere, 45 imprese operanti sul territorio nazionale, 1.500 punti commerciali, 82 siti nazionali e internazionali e innumerevoli immobili». E parliamo di una sola inchiesta.
Sono passati tre anni dall’uscita del dossier di Libera «Azzardopoli». Dove si denunciavano alcuni spot demenziali e il materiale multimediale distribuito dai Monopoli nelle scuole per invitare i giovani, sia pure «moderatamente», a giocare. E se qualcuno si tirava indietro? «Lo spirito del bacchettone aleggia sulla tua testa!». Due anni più tardi, a Ischia, un ragazzino si uccideva lanciandosi sulla scogliera: «Cara mamma, scusa, ho perso tutti i soldi al gioco».
Adesso, come ha dimostrato Nadia Toffa de «Le iene» entrando in un vero e proprio casinò «under 12», sono passati ai bambini. Piccoli gambler crescono...
19 ottobre 2015 (modifica il 19 ottobre 2015 | 11:09)
Le date dicono tutto. Il 10 ottobre l’ Ansa annuncia che Sergio Mattarella ha deciso di nominare il sociologo Maurizio Fiasco Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. È un riconoscimento bellissimo: «Per la sua attività di studio e ricerca su fenomeni quali il gioco d’azzardo e l’usura, di grave impatto sulla dimensione individuale e sociale». Rileggiamo: «Grave impatto sulla dimensione individuale e sociale».
Tre giorni dopo (tre giorni!) un disegno di legge dei grillini che propone seccamente di vietare la pubblicità sempre più asfissiante di ogni genere di scommesse possibili e immaginabili, disegno appoggiato da tutte le associazioni nemiche dell’azzardo, è affiancato da un altro progetto, del democratico Franco Mirabelli. Risultato: l’ennesimo rinvio per impastare i disegni insieme. «Un gioco sporchissimo che punta solo al rinvio», accusano i grillini. E denunciano: il disegno che ha ingoiato il loro «è stato scritto da Italo Volpe, dirigente dei Monopoli che si occupano di giochi». Ma quando mai, salta su Mirabelli, «l’unico motivo che ci ha guidato è la convinzione che serva urgentemente una regolamentazione del settore per ridurre il gioco e combattere l’illegalità».
Altri due giorni ed ecco che il governo infila nella legge di Stabilità la messa a bando, per rastrellare soldi, di altri 22 mila «punti azzardo», cioè sale giochi o spazi dedicati nei locali pubblici. Il comunicato stampa di Palazzo Chigi inserisce la voce tra le «risorse» che dovrebbero reggere i conti della finanziaria. Sei voci, di cui due in tema: «Imposta sui giochi» e «Giochi (nuove gare)». Ricavato previsto: 500 milioni più 500 milioni.
Possibile? Ma non fu Matteo Renzi a firmare due anni fa, ancora sindaco ma già segretario del Pd, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Idv contro lo «Stato biscazziere»? E non fu lui a bacchettare i parlamentari pd che avevano votato un emendamento che puniva i Comuni i quali, frenando il dilagare delle slot machine, avevano rinunciato agli incassi del gioco d’azzardo? Disse allora, vibrante d’indignazione: «È pazzesco, allucinante. Ho chiamato Guerini che ha già parlato con Speranza e stanno cercando tecnicamente una soluzione: o un ordine del giorno o altro perché è stata votata una cosa inaccettabile». Testuale.
Diranno, come già dicevano i governi precedenti, che coi soldi del gioco che Cavour definiva «una tassa sugli imbecilli», si possono fare cose buone. Che più «bische legali» sono sul territorio meno spazio si lascia alle mafie. Che senza lo stato biscazziere «irromperebbero gli inglesi rivendicando la libera concorrenza europea». E via così... Ma ci credono davvero? Davvero?
Don Ciotti che con Libera denuncia da anni l’andazzo dice di no: «È inaccettabile che di qua si denunci la crescita delle ludopatie e di là si continui a spingere il gioco. È una ipocrisia. E lo sanno». Il primo a dargli ragione, per paradosso, è il sito del ministero della Salute dove si legge, testuale: «La ludopatia non è solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria malattia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse». Di più: «La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio».
Allora ti chiedi: ma cosa si dicono, tra di loro, Pier Carlo Padoan e Beatrice Lorenzin? Cosa ne pensa, il ministro della Salute, dell’alluvione di punti gioco? Dobbiamo preoccuparci solo della varicella o anche dei «tossici» delle slot machine o delle scommesse sul calcio che rappresentano ormai 4 miliardi e 250 milioni?
Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che da anni batte e ribatte, lo ha scritto senza peli sulla lingua: «La vera forza dei signori di Azzardopoli è di essere mediaticamente invisibili». Troppa poca, l’attenzione dei tiggì, dei giornali, dei settimanali: «Questa misura fuori misura, fulmine violento e inaccettabile in un cielo già tempestoso, è una notizia che non circola». Neppure dopo l’annuncio di don Virginio Colmegna che ha deciso di fare lo sciopero della fame contro la deriva dell’azzardo.
Quei ventiduemila nuovi «casinò» sparpagliati sul territorio, spiega Fiasco, vanno infatti ad aggiungersi ad almeno 90 mila «corner» (angoli-bisca nei bar e nei più diversi locali pubblici) che ospitano già 380 mila slot machine. Più circa tremila «sale giochi», che ospitano altre 40 mila macchinette. Ma si tratta di stime: «Non siamo mai riusciti ad avere, nero su bianco, dati ufficiali credibili provincia per provincia».
Certo è che gli italiani, che giocavano 4 miliardi nel 2000, ne hanno giocati l’anno scorso «legalmente» 84,5. Vale a dire oltre un decimo della spesa complessiva delle famiglie, pari a circa 800 miliardi. E va già un po’ meglio che nel 2012, quando la crisi spinse i giocatori a puntare quattro miliardi in più.
Poi c’è il nero, in mano a stranieri e mafie. Quanto pesa? Possiamo immaginarlo leggendo un’ Ansa di fine luglio dedicata all’Operazione «Gambling»: l’inchiesta «ha portato a 41 arresti, ma soprattutto al sequestro in tutta Italia e all’estero di beni per due miliardi di euro: 11 società estere, 45 imprese operanti sul territorio nazionale, 1.500 punti commerciali, 82 siti nazionali e internazionali e innumerevoli immobili». E parliamo di una sola inchiesta.
Sono passati tre anni dall’uscita del dossier di Libera «Azzardopoli». Dove si denunciavano alcuni spot demenziali e il materiale multimediale distribuito dai Monopoli nelle scuole per invitare i giovani, sia pure «moderatamente», a giocare. E se qualcuno si tirava indietro? «Lo spirito del bacchettone aleggia sulla tua testa!». Due anni più tardi, a Ischia, un ragazzino si uccideva lanciandosi sulla scogliera: «Cara mamma, scusa, ho perso tutti i soldi al gioco».
Adesso, come ha dimostrato Nadia Toffa de «Le iene» entrando in un vero e proprio casinò «under 12», sono passati ai bambini. Piccoli gambler crescono...
Tre giorni dopo (tre giorni!) un disegno di legge dei grillini che propone seccamente di vietare la pubblicità sempre più asfissiante di ogni genere di scommesse possibili e immaginabili, disegno appoggiato da tutte le associazioni nemiche dell’azzardo, è affiancato da un altro progetto, del democratico Franco Mirabelli. Risultato: l’ennesimo rinvio per impastare i disegni insieme. «Un gioco sporchissimo che punta solo al rinvio», accusano i grillini. E denunciano: il disegno che ha ingoiato il loro «è stato scritto da Italo Volpe, dirigente dei Monopoli che si occupano di giochi». Ma quando mai, salta su Mirabelli, «l’unico motivo che ci ha guidato è la convinzione che serva urgentemente una regolamentazione del settore per ridurre il gioco e combattere l’illegalità».
Altri due giorni ed ecco che il governo infila nella legge di Stabilità la messa a bando, per rastrellare soldi, di altri 22 mila «punti azzardo», cioè sale giochi o spazi dedicati nei locali pubblici. Il comunicato stampa di Palazzo Chigi inserisce la voce tra le «risorse» che dovrebbero reggere i conti della finanziaria. Sei voci, di cui due in tema: «Imposta sui giochi» e «Giochi (nuove gare)». Ricavato previsto: 500 milioni più 500 milioni.
Possibile? Ma non fu Matteo Renzi a firmare due anni fa, ancora sindaco ma già segretario del Pd, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Idv contro lo «Stato biscazziere»? E non fu lui a bacchettare i parlamentari pd che avevano votato un emendamento che puniva i Comuni i quali, frenando il dilagare delle slot machine, avevano rinunciato agli incassi del gioco d’azzardo? Disse allora, vibrante d’indignazione: «È pazzesco, allucinante. Ho chiamato Guerini che ha già parlato con Speranza e stanno cercando tecnicamente una soluzione: o un ordine del giorno o altro perché è stata votata una cosa inaccettabile». Testuale.
Diranno, come già dicevano i governi precedenti, che coi soldi del gioco che Cavour definiva «una tassa sugli imbecilli», si possono fare cose buone. Che più «bische legali» sono sul territorio meno spazio si lascia alle mafie. Che senza lo stato biscazziere «irromperebbero gli inglesi rivendicando la libera concorrenza europea». E via così... Ma ci credono davvero? Davvero?
Don Ciotti che con Libera denuncia da anni l’andazzo dice di no: «È inaccettabile che di qua si denunci la crescita delle ludopatie e di là si continui a spingere il gioco. È una ipocrisia. E lo sanno». Il primo a dargli ragione, per paradosso, è il sito del ministero della Salute dove si legge, testuale: «La ludopatia non è solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria malattia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse». Di più: «La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio».
Allora ti chiedi: ma cosa si dicono, tra di loro, Pier Carlo Padoan e Beatrice Lorenzin? Cosa ne pensa, il ministro della Salute, dell’alluvione di punti gioco? Dobbiamo preoccuparci solo della varicella o anche dei «tossici» delle slot machine o delle scommesse sul calcio che rappresentano ormai 4 miliardi e 250 milioni?
Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che da anni batte e ribatte, lo ha scritto senza peli sulla lingua: «La vera forza dei signori di Azzardopoli è di essere mediaticamente invisibili». Troppa poca, l’attenzione dei tiggì, dei giornali, dei settimanali: «Questa misura fuori misura, fulmine violento e inaccettabile in un cielo già tempestoso, è una notizia che non circola». Neppure dopo l’annuncio di don Virginio Colmegna che ha deciso di fare lo sciopero della fame contro la deriva dell’azzardo.
Quei ventiduemila nuovi «casinò» sparpagliati sul territorio, spiega Fiasco, vanno infatti ad aggiungersi ad almeno 90 mila «corner» (angoli-bisca nei bar e nei più diversi locali pubblici) che ospitano già 380 mila slot machine. Più circa tremila «sale giochi», che ospitano altre 40 mila macchinette. Ma si tratta di stime: «Non siamo mai riusciti ad avere, nero su bianco, dati ufficiali credibili provincia per provincia».
Certo è che gli italiani, che giocavano 4 miliardi nel 2000, ne hanno giocati l’anno scorso «legalmente» 84,5. Vale a dire oltre un decimo della spesa complessiva delle famiglie, pari a circa 800 miliardi. E va già un po’ meglio che nel 2012, quando la crisi spinse i giocatori a puntare quattro miliardi in più.
Poi c’è il nero, in mano a stranieri e mafie. Quanto pesa? Possiamo immaginarlo leggendo un’ Ansa di fine luglio dedicata all’Operazione «Gambling»: l’inchiesta «ha portato a 41 arresti, ma soprattutto al sequestro in tutta Italia e all’estero di beni per due miliardi di euro: 11 società estere, 45 imprese operanti sul territorio nazionale, 1.500 punti commerciali, 82 siti nazionali e internazionali e innumerevoli immobili». E parliamo di una sola inchiesta.
Sono passati tre anni dall’uscita del dossier di Libera «Azzardopoli». Dove si denunciavano alcuni spot demenziali e il materiale multimediale distribuito dai Monopoli nelle scuole per invitare i giovani, sia pure «moderatamente», a giocare. E se qualcuno si tirava indietro? «Lo spirito del bacchettone aleggia sulla tua testa!». Due anni più tardi, a Ischia, un ragazzino si uccideva lanciandosi sulla scogliera: «Cara mamma, scusa, ho perso tutti i soldi al gioco».
Adesso, come ha dimostrato Nadia Toffa de «Le iene» entrando in un vero e proprio casinò «under 12», sono passati ai bambini. Piccoli gambler crescono...
19 ottobre 2015 (modifica il 19 ottobre 2015 | 11:09)
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