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Iniziamo con il Big Bang geopolitico del quale non sapete nulla, quello che ha avuto luogo solo due settimane fa. Ecco le sue conseguenze: da adesso in poi, ogni possibile attacco futuro sull’Iran, minacciato dal Pentagono (congiuntamente alla NATO), sarà essenzialmente un assalto al piano di un insieme di organizzazioni interconnesse – le nazioni BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), la SCO (Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione), l’EEU (Unione Economica Eurasiatica), l’AIIB (la nuova Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, fondata dalla Cina), e l’NDB (la Nuova Banca di Sviluppo BRICS) – i quali acronimi farete fatica persino a riconoscere. Tuttavia, queste organizzazioni rappresentano un nuovo ordine emergente in Eurasia.
Teheran, Pechino, Mosca, Islamabad e Nuova Delhi hanno stabilito attivamente delle garanzie di sicurezza congiunte. Simultaneamente non hanno creduto al bluff degli atlantisti quando veniva data una martellante attenzione al debole meme del “programma delle armi nucleari” iraniano. E qualche giorno prima che le negoziazioni sul nucleare di Vienna portassero finalmente ad un accordo, tutto ciò è venuto a galla ad un summit di BRICS e SCO ad Ufa, in Russia – un posto del quale senza dubbio non avete mai sentito parlare trattandosi di un incontro che non ha ricevuto praticamente alcuna attenzione negli USA. Prima o poi, questi sviluppi porteranno il Partito della Guerra di Washington e neo conservatori assortiti (così come i neo liberal-conservatori), che stanno già respirando affannosamente di fronte al piano dell’Iran, a sudare proiettili, come nei loro racconti su come il mondo si sta sgretolando.....

La Via della Seta eurasiatica
Con l’accordo di Vienna e gli interminabili sviluppi che ho avuto il dubbio piacere di seguire da vicino, il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, e il suo gruppo di diplomatici hanno estratto il quasi-impossibile da un cappello magico assai stropicciato: un accordo che potrebbe davvero porre fine alle sanzioni contro il loro paese in un conflitto asimmetrico e largamente falsificato.
brics-business-forum-to-be-held-in-dubai-next-monthPensate all’incontro di Ufa, la capitale del Bashkortostan, in Russia, come se fosse un preambolo dell’accordo di Vienna. Ha colto le nuove dinamiche del continente eurasiatico e ha indicato il futuro Big Bang geopolitico. Ad Ufa, dall’ otto al dieci luglio, il settimo incontro dei BRICS e il quindicesimo dell’Organizzazione di Shangai per la Cooperazione si sono sovrapposti proprio mentre un possibile accordo di Vienna stava divorando una scadenza dopo l’altra.
Consideratelo un diplomatico colpo da maestro della Russia di Vladimir Putin, l’aver unito questi due summit con un incontro informale dell’Unione Economica Eurasiatica (EEU). Chiamatela una dichiarazione di guerra contro la logica imperiale di Washington, che metterà in evidenza l’ampiezza e la profondità di una partnershiprusso-cinese in evoluzione. Mettendo tutti quei capi di Stato sotto lo stesso tetto a partecipare ai vari incontri, Mosca ha dato l’ impressione di un’ emergente e coordinata struttura geopolitica, ancorata all’ integrazione eurasiatica. Da qui, l’importanza dell’Iran: qualsiasi cosa accada nel dopo-Vienna, l’Iran sarà un vitale fulcro/snodo/incrocio in Eurasia per questa nuova struttura.
Se leggete la dichiarazione che è stata espressa dall’incontro dei BRICS, un dettaglio vi salterà all’occhio: l’Unione Europea (UE) guidata dall’austerità è appena menzionata. E non è una svista. Dal punto di vista dei leader delle nazioni-chiave dei BRICS, essi hanno offerto un nuovo approccio all’Eurasia, l’esatto opposto del linguaggio delle sanzioni.
Ecco solo alcuni esempi delle vertiginose attività che hanno avuto luogo ad Ufa, tutte ignorate dai media dominanti americani. Nei loro incontri, il Presidente Putin, il Presidente cinese Xi Jinping, e il primo ministro indiano Narendra Modi, hanno lavorato con criteri pratici, per portare avanti quella che è essenzialmente la visione cinese di una futura Eurasia legata assieme da una serie di intrecciate “nuove Vie della Seta”. Modi ha approvato più investimenti cinesi nel suo Paese, mentre Xi e Modi insieme si sono impegnati a risolvere le questioni di confine che hanno afflitto i loro Paesi e, in almeno una situazione, portato alla guerra.
L’NDB, la risposta dei BRICS alla Banca Mondiale, è stata lanciata ufficialmente con 50 miliardi di dollari di capitale iniziale. Atto a sovvenzionare grandi progetti di infrastrutture nelle nazioni BRICS, è in grado di accumulare fino a 400 miliardi di capitale, secondo il suo presidente, Kundapur Vaman Kamath. Più avanti, si concentrerà sul finanziare questo tipo di imprese rischiose in altre nazioni in via di sviluppo nel sud del mondo – tutto nelle loro valute, il che significa aggirare il dollaro americano. Considerati i suoi membri, il denaro dell’NDB sarà di certo strettamente connesso alle nuove Vie della Seta. Come ha sottolineato il presidente della Banca di Sviluppo brasiliana, Luciano Coutinho, nel futuro prossimo potrebbe anche aiutare gli Stati europei che non sono membri dell’UE, come la Serbia e la Macedonia. Pensate a questo come a un tentativo dell’ NDB di spezzare il monopolio di Bruxelles sulla Grande Europa. Kamath ha anche avanzato la possibilità di, un giorno, aiutare nella ricostruzione della Siria.
Non sarete sopresi di apprendere che sia la nuova Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, che l’NDB, hanno la loro sede in Cina e lavoreranno per controbilanciare gli sforzi l’uno dell’altro. Allo stesso tempo, il braccio di investimenti stranieri della Russia, il Fondo di Investimenti Diretti (RDIF), ha firmato un memorandum d’intesa con fondi degli altri Paesi BRICS, e così ha dato il via a un consorzio informale di investimenti, in cui il fondo cinese per la Via della Seta e la Compagnia Finanziaria dello Sviluppo delle Infrastrutture indiana saranno i partner chiave.
Full-Spectrum Dominance nei trasporti
Al livello più basso, ciò dovrebbe essere considerato come parte del Nuovo Grande Gioco in Eurasia. La sua altra faccia è il Partenariato Trans-Pacifico nel Pacifico e la sua versione Atlantica, il Partenariato Trans-Atlantico per il Commercio e gli Investimenti: Washington sta tentando di far progredire entrambi per mantenere il dominio economico globale degli USA. La domanda che sorge da questi piani conflittuali è come integrare gli scambi e il commercio in una così vasta regione. Dalle prospettive russe e cinesi, l’Eurasia sarà integrata tramite una complessa rete di autostrade, treni ad alta velocità, porti, aeroporti, gasdotti, e cavi a fibra ottica. Per terra, mare e aria, le risultanti Nuove Vie della Seta dovrebbero creare una versione economica della dottrina del Pentagono detta “Full-Spectrum Dominance” (Dominio sull’intero spettro) – un’idea che vede già dei dirigenti d’azienda cinesi che girano in lungo e in largo per l’Eurasia per stipulare patti inerenti le infrastrutture.
Per Pechino – vista una crescita del 7% nel secondo quarto del 2015, nonostante un recente allarme nei mercati azionari del Paese – ha perfettamente senso, economicamente parlando: dato che i costi del lavoro aumentano, la produzione verrà spostata dalla costa est del Paese ai punti raggiungibili ad occidente, mentre gli sbocchi commerciali naturali per la produzione di più o meno qualsiasi cosa saranno le parallele ed intrecciate “cinture” delle nuove Vie della Seta.
Nel frattempo, la Russia si dà da fare per modernizzare e diversificare la sua economia dipendente dallo sfruttamento di energia. Fra le altre cose, i suoi leader si augurano che l’insieme di queste Vie della Seta in sviluppo e ciò che lega insieme l’Unione Economica Eurasiatica – Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kyrgyzstan – diventeranno una miriade di progetti di trasporto e costruzioni, per i quali si riveleranno cruciali le conoscenze industriali ed energetiche del Paese.
Da quando l’EEU ha iniziato a stabilire zone di libero scambio con India, Iran, Vietnam, Egitto e il blocco Mercosur dell’America Latina (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela), gli stadi iniziali di questo processo di integrazione sono già andati oltre l’Eurasia. Intanto, la SCO, che all’inizio era poco più di un forum di sicurezza, si sta espandendo e trasformando in un campo di cooperazione economica. Le nazioni che ne fanno parte, specialmente i quattro “stan” centroasiatici (Kazakistan, Kyrgyzstan, Uzbekistan, e Tajikistan) faranno affidamento ancora di più sulla Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB) e l’NDB, entrambe guidate dalla Cina. Ad Ufa, l’India e il Pakistan hanno terminato un processo di miglioramento, grazie al quale sono passati dall’essere osservatori a membri della SCO. Fatto che la rende un G8 alternativo.
Nel frattempo, passando all’Afghanistan che è sotto attacco, le nazioni BRICS e la SCO hanno fatto appello “all’opposizione armata affinché si disarmi, accetti la Costituzione dell’Afghanistan e tagli i legami con Al-Qaeda, l’ISIS e altre organizzazioni terroristiche”. Tradotto: nella cornice dell’unità nazionale dell’Afghanistan, l’organizzazione accetterebbe i Talebani come parte di un governo futuro. Le loro speranze, pensando all’integrazione della regione, sarebbero un futuro Afghanistan stabile, in grado di assorbire più investimenti cinesi, russi, indiani e iraniani, e la costruzione – finalmente! – di un gasdotto a lungo progettato, del costo di 10 miliardi di dollari e lungo 1420 chilometri, che colleghi Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India (TAPI), fatto che beneficerebbe quei membri della SCO, quali Pakistan e India, che hanno fame di energie (entrambi riceverebbero il 42% del gas, lasciando il restante 16% all’ Afghanistan).
L’Asia centrale è, al momento, l’epicentro per la convergenza dei bisogni economici di Cina, Russia ed India. Non è un caso che, nel tragitto verso Ufa, il primo ministro Modi abbia sostato nell’Asia centrale. Così come la leadership cinese a Pechino, Mosca non vede l’ora della (a quanto dice un recente documento) “compenetrazione e integrazione dell’EEU e della Cintura Economica della Via della Seta” in una “Grande Eurasia”, e di un “duraturo, emergente, e sicuro vicinato comune” per la Russia e la Cina.
Senza dimenticare l’Iran. All’inizio del 2016, una volta che le sanzioni economiche saranno del tutto rimosse, ci si aspetta che si unisca alla SCO, trasformandola in un G9. Come ha di recente chiarito il suo ministro degli Esteri, Javad Zarif, sull’emittente televisivo russo Channel 1, Teheran considera i due paesi dei partner strategici. “La Russia”, ha detto, “è stata il partecipante più importante per il programma nucleare iraniano, e, secondo questo accordo, continuerà ad essere il maggior partner nucleare dell’Iran”. Lo stesso accadrà, ha aggiunto, a proposito della “cooperazione per il petrolio e il gas”, considerato l’interesse comune di queste due nazioni ricche di energie, di “mantenere la stabilità dei prezzi nel mercato mondiale”.
Trovato un corridoio, si metterà in moto
Attraverso l’Eurasia, le nazioni BRICS si stanno muovendo per progetti di integrazione. Ne è un tipico esempio un corridoio economico Bangladesh-Cina-India-Myanmar, in via di sviluppo. Adesso è stato riconfigurato come un’autostrada a più corsie tra l’India e la Cina. Frattanto, l’Iran e la Russia stanno progettando un corridoio per i trasporti dal Golfo Persico e dal Golfo di Oman, fino al Mar Caspio e al fiume Volga. L’Azerbaigian sarà collegato alla parte caspica di questo corridoio, mentre l’India ha intenzione di usare i porti meridionali dell’Iran per facilitare il suo accesso alla Russia e all’Asia centrale. Ora, aggiungete un corridoio marittimo che si allungherà dalla città indiana di Mumbai al porto iraniano di Bandar Abbas, e poi fino ad Astrakhan, città nel sud della Russia. E questo non è che ciò che sta in superficie, rispetto a ciò che stanno progettando in profondità.
Anni fa Vladimir Putin suggerì una “Grande Europa”, che si estendesse da Lisbona, sull’Atlantico, alla città russa di Vladivostok, sul Pacifico. L’UE, sotto il controllo di Washington, lo ignorò. Poi i cinesi hanno iniziato a sognare e a progettare nuove Vie della Seta che si sarebbero estese, all’inverso di quelle di Marco Polo, da Shanghai a Venezia (e poi fino a Berlino).
Grazie a una serie di istituzioni politiche che fanno l’impollinazione incrociata, fondi di investimento, banche di sviluppo, sistemi finanziari e progetti finanziari che, ad ora, rimangono largamente nel radar di Washington, sta nascendo un centro eurasiatico di libero commercio. Un giorno collegherà la Cina e la Russia all’Europa, all’Asia sud-occidentale, e persino all’Africa. Promette di essere un sorprendente sviluppo. Tenete d’occhio, se potete, i fatti che si stanno accumulando, anche se raramente coperti nei media americani. Essi rappresentano il Nuovo Grande – enfasi su questa parola – Gioco in Eurasia.
Posizione, posizione, posizione
Teheran sta largamente investendo per rafforzare le connessioni con questa nuova Eurasia, e l’uomo che dobbiamo osservare a questo proposito è Ali Akbar Velayati. È il presidente del Centro Iraniano per la Ricerca Strategica, e consulente superiore per le politiche estere del Leader Supremo Ayatollah Khamenei. Velayati ha sottolineato che la sicurezza in Asia, Medio Oriente, Nord Africa, Asia centrale e Caucaso, dipende dai futuri progressi della tripla intesa Pechino-Mosca-Teheran.
Ali Akbar Velayati, consigliere del Supremo Leader, l'Ayatollah Ali Khamenei
Ali Akbar Velayati, consigliere del Supremo Leader, l’Ayatollah Ali Khamenei
Come egli ben sa, l’Iran geo-strategicamente non è altro che posizione, posizione, posizione. Il Paese offre il miglior accesso ai mari aperti della regione, a parte la Russia, ed è l’unico incrocio evidente di est-ovest/nord-sud, per gli scambi dagli “stan” centroasiatici. Non stupisce che l’Iran sarà presto un membro della SCO, e che allo stesso tempo la sua “partnership” con la Russia si stia senz’altro evolvendo. Le sue risorse energetiche sono già cruciali e considerate una questione di sicurezza nazionale dalla Cina e inoltre, a quanto ritiene la leadership di questo paese, l’Iran ricopre un ruolo chiave in quanto punto centrale di quelle Vie della Seta che stanno pianificando.
Questa rete in espansione di strade letterali, ferrovie e reti di trasporto di energie, come ha già riportato TomDispatch, rappresenta la risposta di Pechino all’annuncio dell’amministrazione Obama del “pivot asiatico”, e all’urgenza della marina americana di impicciarsi nel Mar Cinese Meridionale. Pechino ha scelto di mostrare il suo potere attraverso una vasta rete di progetti di infrastrutture, in particolare sistemi ferroviari ad alta velocità che a partire dalla sua costa orientale raggiungeranno il centro dell’Eurasia. In questo modo, la rete ferroviaria cinese da Urumqi, nella provincia di Xinjiang, a Almaty, in Kazakistan, sarà senza alcun dubbio estesa all’Iran, un giorno, e attraverserà il Paese diretta al Golfo Persico.
Un nuovo mondo per gli organizzatori del Pentagono
Al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo dello scorso mese, Vladimir Putin ha detto a Charlie Rose del PBS che Mosca e Pechino hanno sempre voluto una partnership genuina con gli Stati Uniti, ma sono stati respinti da Washington. Tanto di cappello, dunque, alla “leadership” dell’amministrazione Obama. In qualche modo, è riuscita ad unire due Paesi che prima erano rivali geopolitici, e a consolidare la loro grande strategia pan-eurasiatica.
E’ improbabile che il recente patto con l’Iran a Vienna possa porre realmente fine al Grande Muro di Sfiducia che ha Washington da 36 anni nei confronti dell’Iran (soprattutto considerati i falchi da guerra del Congresso). Al contrario, le probabilità sono che l’Iran, liberato dalle sanzioni, sarà sicuramente assorbito nel progetto sino-russo di integrare l’Eurasia, cosa che ci porta allo spettacolo dei guerrieri di Washington, incapaci di agire con efficacia, ma che strillano come delle arpie.
redscare-H-1024x335Il supremo comandante della NATO, il Dottor Stranamore… scusate, Philip Breedlove, generale americano, insiste perché l’Occidente creiuna forza di reazione rapida – online – per contrastare i “racconti falsi” dei russi. Il segretario della Difesa Ashton Carter sostiene di stare seriamente prendendo in considerazione unilateralmente di reimpiegare missili nucleari in Europa. Il candidato alla direzione degli Stati maggiori congiunti, il comandante di marina Joseph Dunford, ha di recente etichettato la Russia direttamente come vera “minaccia esistenziale” per l’America; il generale delle Forze Aeree Paul Selva, candidato ad essere il nuovo vicepresidente degli Stati maggiori congiunti, ha assecondato questa valutazione, usando la stessa frase, e mettendo nell’ordine Russia, Cina e Iran come più minacciosi dello Stato Islamico (ISIS). Nel frattempo, i candidati repubblicani alle presidenziali e uno stormo di falchi da guerra del Congresso, semplicemente gridano e fumano dalla rabbia quando si parla del patto iraniano e dei russi.
In risposta alla situazione ucraina e alla “minaccia” di una rinascente Russia (dietro la quale vi è una rinascente Cina), una militarizzazione dell’Europa Washington-centrica sta procedendo di buon passo. La NATO ora è, a quanto si dice, ossessionata da quella che è stata chiamata la “strategia ripensamento” come quando si immagina dettagliatamente scenari di guerra futuristici sul suolo europeo. Come ha indicato l’economista Michael Hudson, persino le politiche finanziarie si stanno militarizzando, e sono in relazione con la nuova Guerra Fredda 2.0 della NATO.
Nella sua più recente Strategia Militare Nazionale, il Pentagono suggerisce che il rischio di una guerra americana con un’altra nazione (a differenza di conflitti con organizzazioni terroristiche), seppure basso, sta “crescendo”, e identifica quattro nazioni come “minacce”: Corea del Nord, un caso a parte, e com’è prevedibile le tre nazioni che formano il nuovo nucleo eurasiatico: Russia, Cina e Iran. Nel documento vengono ritratte come “stati revisionisti”, che sfidano apertamente quello che il Pentagono identifica come “la sicurezza e la stabilità internazionali”; vale a dire, il campo di gioco di livello nettamente basso creato dal casinò capitalista globalizzato, esclusorio e turbo-caricato, con il marchio del militarismo di Washington.
Il Pentagono, ovviamente, non fa diplomazia. Apparentemente all’oscuro delle negoziazioni di Vienna, ha continuato ad accusare l’Iran di perseguire le armi nucleari. E questa “opzione militare” contro l’Iran non sarà mai tenuta fuori considerazione.
Quindi consideratela la Madre di Tutti i Film di Successo, il modo in cui il Pentagono e i falchi da guerra del Congresso reagiranno al dopo-Vienna e – sebbene l’abbiano a malapena notato a Washington – alle condizioni del dopo-Ufa, in particolare con un nuovo inquilino alla Casa Bianca nel 2017.
Sarà uno spettacolo. Contateci. La prossima versione di Washington tenterà di riconciliarsi con la Russia “perduta” o invierà le truppe? Combatterà la Cina o il “califfato” dell’ISIS? Collaborerà con l’Iran per battere l’ISIS o lo sdegnerà? Si girerà davvero verso l’Asia per il bene, lasciando perdere il Medio Oriente o viceversa? Oppure potrebbe tentare di contenere la Russia, la Cina e l’Iran contemporaneamente, o trovare qualche modo per metterli l’uno contro l’altro?
Alla fine, qualsiasi cosa faccia Washington, sarà certamente il riflesso della paura dello spessore strategico che stanno sviluppando economicamente la Russia e la Cina, una realtà che adesso si sta rendendo visibile da una parte all’altra dell’Eurasia. Ad Ufa, Putin ha detto a Xi: “Unendo gli sforzi, non c’è dubbio che noi [Russia e Cina] supereremo tutti i problemi che abbiamo di fronte”.
Leggete “sforzi” come: nuove Vie della Seta, Unione Economica Eurasiatica, il crescente blocco BRICS, Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione in via di espansione, quelle banche con sede in Cina, e tutto ciò che si aggiunge all’inizio di una nuova integrazione di parti significanti della regione eurasiatica. E a proposito di Washington: volare come un’aquila? Provate invece con: urlare come un’arpia.
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Articolo di Pepe Escobar apparso su Saker Oceania il 26.07.2015
Traduzione in italiano di Paola Ugo per SakerItalia.it