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domenica 23 agosto 2015

La Consulta: "Incostituzionale il bilancio Regione Piemonte"...e boccia i conti!

La Corte costituzionale ha bocciato il bilancio di assestamento 2013 del Piemonte

23 agosto 2015 (modifica il 23 agosto 2015 | 14:53)

La Consulta boccia i conti . Incostituzionale il bilancio del Piemonte, il fenomeno potrebbe allargarsi con un buco fino a 20 miliardi. Per i governatori è impossibile rispettare il pareggio di bilancio. di Mario Sensini

ROMA - Un buco che può arrivare a venti miliardi di euro. Il piano straordinario per il rimborso deiDEBITI arretrati della pubblica amministrazione si risolve in una catastrofe per i bilanci regionali, che mette a rischio anche i conti pubblici dello Stato. Quasi tutte le Regioni hanno infatti usato quei soldi, 26 miliardi prestati dallo Stato tra il 2013 e il 2014 e vincolati al ripiano dei debiti, anche per finanziare nuova spesa corrente, in barba alle regole contabili. La Consulta, attivata dalla Corte dei Conti, a fine luglio ha dichiarato incostituzionale il bilancio di assestamento 2013 del Piemonte, e dopo questa sentenza rischiano la bocciatura della Corte dei Conti i bilanci di quasi tutte le altre Regioni, Lombardia esclusa.
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La questione è delicatissima, ed è gestita direttamente dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e dalRAGIONIERE Generale dello Stato, Daniele Franco. Si cerca una soluzione per limitare il più possibile i danni, ma è già chiaro che servirà una legge per sterilizzare almeno in parte l’impatto della sentenza. Non bastassero le altre enormi grane che stanno emergendo in quello che resta dell’Italia federalista. L’abolizione delle Province doveva portare forti risparmi già quest’anno, ma sempre secondo la Corte dei Conti alla fine sarà il governo a metterci soldi, e un paio di miliardi rischiano di non bastare. Tra i sindaci, poi, sta crescendo la protesta per l’annunciata soppressione delle tasse sulla prima casa, che finirà per erodere un altro pezzo della loro autonomia, mentre i governatori regionali non vogliono più sottostare al pareggio di bilancio impostogli già da quest’anno. 
Tagli per 80 miliardi
Pessime avvisaglie alla vigilia della legge di Stabilità e della nuova manovra da 25 miliardi di euro. I Comuni e le Regioni hanno già detto a Renzi e Padoan che non accetteranno nuovi tagli. Le strette operate sul patto di Stabilità interno a partire dal 2008, nel 2015 pesano per 40 miliardi di euro sui conti degli enti territoriali. A questi bisogna aggiungere il taglio diretto dei trasferimenti, altri 22 miliardi, e la sforbiciata sulla sanità, per altri 17,5 miliardi. Un taglio di 80 miliardi rispetto a sette anni fa. Tanto forte che la Corte dei Conti ha messo sull’avviso il governo. Nell’ultimo rapporto sulla finanza locale esprime «interrogativi in ordine all’effettiva rispondenza tra gli oneri derivanti dalle funzioni attribuite agli enti e le risorse rese loro disponibili nel contesto del pareggio di bilancio», sottolinea «l’assenza di adeguati meccanismi distributivi e perequativi» e dubita della possibilità di fare altri risparmi nel settore. 
La bocciatura
Il primo problema da risolvere, però, è quello del buco nei bilanci delle Regioni, clamoroso. «Una legge dello Stato nata per porre rimedio agli intollerabili ritardi nei pagamenti - scrive la Consulta nella sentenza sul bilancio del Piemonte - ha subito una singolare eterogenesi dei fini, i cui più sorprendenti esiti sono costituiti dalla mancata spendita delle anticipazioni di cassa, dall’allargamento oltre i limiti di legge della spesa di competenza, dall’alterazione del risultato di amministrazione, dalla mancata copertura del deficit». Un vero e proprio disastro. In molti casi le Regioni non solo hanno distratto i fondi vincolati ai rimborsi, ma li hanno usati anche per gonfiare la capacità di spesa, facendoli figurare come fossero mutui. E ora rischiano di trovarsi una voragine nei bilanci che va da un minimo di 9 a un massimo di oltre 20 miliardi di euro. Che lo coprano le Regioni con le tasse o tagli di spesa (impossibile senza una norma che permetta loro di spalmare il debito in più anni), oppure lo Stato con maggiori trasferimenti, il discorso nonCAMBIA: il buco dovrà essere chiuso, e a pagare saranno i cittadini. 
Addio federalismo
Mentre incombe il pareggio di bilancio, lo Stato dei rapporti tra il centro e gli enti territoriali sembra giunto al punto più basso. Il federalismo, poi, è ormai soltanto un’idea sbiadita sullo sfondo. «C’è un ripensamento che non trova ancora una sua ben precisa connotazione» scrive la Corte dei Conti denunciando «il rischio non solo di nuovi squilibri economici, ma anche di un’endemica conflittualità tra i livelli territoriali di governo». Secondo Luca Antonini, presidente della Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale, di cui viene considerato il padre, quel disegno è già morto. «Invece di coordinarla, lo Stato sta massacrando la finanza locale. È in atto - accusa - la destituzione della democrazia locale, con una deresponsabilizzazione dello Stato che non aggredisce la spesa centrale e scarica i tagli su Regioni e Comuni. Questo è lo smantellamento dello stato sociale, perché i tagli si fanno sulla sanità, l’assistenza, gli asili nido. E sugli investimenti, che tutti sollecitano per stimolare la crescita. Così - prosegue Antonini - gli enti locali sono costretti ad alzare le tasse, anche per garantire un gettito allo Stato, che si mangia ad esempio una buona parte dell’Imu, e nello stesso tempo a ridurre la spesa. E tutto questo senza che i cittadini abbiano la possibilità di capire di chi siano le vere responsabilità delle tasse più alte e dei servizi ridotti». 

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