Con la Direttiva Ministeriale del 27/12/12 che tratta di “strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” e la successiva Circolare del 2013 che contiene le indicazioni operative, l’acronimo BES (Bisogni Educativi Speciali) è entrato a far parte a tutti gli effetti del linguaggio scolastico.
Ecco la definizione: s’intende per BES qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo-apprenditivo, che consiste in un funzionamento (nato da interrelazione reciproca degli ambiti della salute secondo il modello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) problematico, anche per il soggetto in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendente dall’etiologia e che necessita di educazione speciale e individualizzata..
In termini più semplici e ampi s’introduce una nozione importante, cioè la necessità di includere piuttosto che di integrare.
Se integrare implica una diversità da “normalizzare” in qualche modo, con il termine inclusione si da spazio alle differenze di tutti e all’obiettivo di valorizzarle, al fine di ottenere proprio grazie a queste diversità un vantaggio per tutti.
Appare ormai chiaro e diffuso che l’area dello svantaggio scolastico è più vasta di quella riferibile alla presenza di deficit: in ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione, per molte ragioni.
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